L'ebreo errante
è una figura leggendaria, protagonista di un racconto
popolare europeo che nasce, molto probabilmente, nel periodo del
Basso Medioevo.
Si tratterebbe di un ebreo ignoto che,
stando a varie interpretazioni, schernì Gesù di Nazareth durante
l'episodio evangelico della Passione, non avendo riconosciuto in lui
il messia. Per tal motivo Gesù lo avrebbe maledetto, costringendolo
a vagabondare per sempre sulla terra, senza riposo e senza poter
morire, fino alla fine dei tempi (per alcuni interpretata come la
seconda venuta di Gesù, cioè la
parusia,
per altri lo stesso giudizio universale).
Le caratteristiche dell'errante variano
a seconda delle differenti versioni del racconto leggendario: a volte
si dice sia un antico ciabattino o un mercante di Gerusalemme, a
volte una guardia dei sommi sacerdoti, oppure un custode del palazzo
di Ponzio Pilato, o ancora un romano-giudaico. Per molti comunque,
incarnerebbe colui che, in ultima istanza, non avendo accolto, o
comunque non soccorso il Cristo sofferente, fu costretto a vagare per
sempre.
Storia
Il mitologema poggerebbe su molte
riflessioni di carattere escatologico cristiano, soprattutto su
alcuni passi del Vangelo secondo Luca (23,27-31), del Vangelo secondo
Matteo (16,28) o di Giovanni (21,23), dove si accenna ad un discepolo
che non morirà mai. Nei secoli successivi numerose furono le
interpretazioni in merito. Tuttavia, l'ipotesi di un "ebreo
errante" fu subito dichiarata eretica da Tertulliano nel III
secolo. Tale argomento fu però ripreso in considerazione
dall'arcivescovo bulgaro Teolfilatto nel XII secolo.
L'errante ricompare poi, ancora in
molti scritti:
- nel VI secolo, il monaco bizantino Giovanni Mosco ci testimonia che molte sono le leggende per le quali l'ebreo errante in realtà potrebbe essere Malco, la guardia del sommo sacerdote al quale Pietro apostolo, durante l'Arresto di Gesù, recise l'orecchio con la spada, quindi risanato da Gesù stesso. Sarebbe la stessa guardia che, poco dopo, in Gv 18,19, percuoterebbe Gesù: violento e irriconoscente al Cristo, sarebbe quindi costretto a errare per sempre.
- una cronaca anonima di un monaco cistercense del convento italiano di Santa Maria di Ferraria a nord di Caserta, nell'allora Regno di Napoli, riferisce che nel 1223 sarebbero passati dei pellegrini europei. Questi testimoniarono d'aver incontrato, in Armenia, quendam Judaeum - un ebreo (la cui stessa leggenda gli attribuì il nome Cartafilo) che vagava da secoli per l'Europa. Durante la Passione, Gesù gli avrebbe detto: ego vado et tu expectabis me donec revertar, cioè io vado e tu mi aspetterai fino al mio ritorno. Questo viene confermato anche nei Flores Historiarum, di Roger de Wendover, si narra della visita fatta nel 1228 a Saint Alban da un arcivescovo armeno, che, interrogato a proposito di un certo Giuseppe di cui si parlava spesso tra la gente (de Joseph, viro illo, de quo frequens sermo habetur inter homines) e che si diceva vivere ancora dopo avere assistito alla Passione di Gesù, affermava di conoscerlo: il suo nome era Cartafilo, guardiano del pretorio all'epoca di Ponzio Pilato (Cartaphilus, praetorii ostiarius), che si sarebbe convertito e battezzato col nome di Giuseppe;
- l'astronomo ed astrologo Guido Bonatti riferisce invece di un passaggio dello stesso Ebreo errante per la città di Forlì, passaggio che sarebbe avvenuto nel 1267;
- anche una Cronaca rimata del XIII secolo di Philippe Mousqkes, arcivescovo di Tournai, riferisce fatti analoghi, attribuiti a vescovi dell'Armenia.
- nel XVI secolo, l'ebreo errante apparirebbe nuovamente col nome di Ahasvero (o Assuero, un nome persiano citato anche nel Libro di Ester della Bibbia), citato in una lettera, attribuita da taluni studiosi a Chrysostomo Dedalaeo Vestphalo, dove Paul af Eitzen, vescovo di Schleswig, in Danimarca, nel 1547 avrebbe visto l'errante in una chiesa di Amburgo e avrebbe parlato con lui.
Cultura di massa
La figura dell'uomo vagabondo e
condannato al nomadismo dalle stesse divinità è una figura
ricorrente in quasi, se non tutte, le mitologie del mondo.
Alcuni interpreti vedono, nello specifico, l’ebreo errante come una personificazione metaforica della Diaspora del popolo ebraico. Un più allegorico punto di vista sostiene invece che l’"ebreo errante" personifichi un qualunque individuo che si renda conto dell’errore della sua malvagità. Nella storia, una varietà di nomi sono stati dati all'Ebreo errante, inclusi:
Alcuni interpreti vedono, nello specifico, l’ebreo errante come una personificazione metaforica della Diaspora del popolo ebraico. Un più allegorico punto di vista sostiene invece che l’"ebreo errante" personifichi un qualunque individuo che si renda conto dell’errore della sua malvagità. Nella storia, una varietà di nomi sono stati dati all'Ebreo errante, inclusi:
- Ahasuerus (o Ahasverus o Assuero)
- Buttadeus (o Buttadeu)
- Cartophilus (o Cartophylax)
- Der ewige Jude (tedesco: "L'Ebreo eterno")
- Le Juif errant (francese: "L'Ebreo errante")
- Isaac Laquedem, è un nome attribuitogli in Francia nelle leggende popolari e in un romanzo di Dumas
- João Espera em Deus (portoghese: "Giovanni [che] aspetta Dio")
- El Judío Errante (spagnolo: "L'Ebreo errante")
Nella fiabistica alpina italiana,
l'errante incontrava incomprensione e atti ostili, in seguito
avveniva la caduta in disgrazia delle comunità responsabili
(comparsa improvvisa di un ghiacciaio). A volte un isolato atto di
carità o gentilezza garantiva la salvezza degli autori del gesto
tramite una profezia da parte dell'ebreo errante (oppure un
avvertimento sulla maledizione da egli stesso scagliata). In alcuni
racconti l'ebreo errante figurava come il portatore di nuove
conoscenze (come la preparazione del formaggio). In generale un atto
di ingiustizia causava la sua ira e la ripresa del suo ininterrotto
vagare.
0 commenti:
Posta un commento