
- all'inizio vi è l'acqua (ὕδωρ, hýdōr) e la materia (ὕλη, hýlē); da questi si condensa la terra (γῆ, ghê);
- prima di questi non c'è nulla, osserva Damascio, forse perché il "prima" è di natura "indicibile" quindi tramandato segretamente;
- dall'acqua e dalla terra prese origine un serpente (δράκοντα, drákonta) avente la testa di un toro e quella di un leone e in mezzo tra queste il volto di un dio, aveva anche le ali poste dietro le spalle, il suo nome era Tempo (Χρόνος, Chrónos) privo di vecchiaia (ἀγήραος, agḗraos), ma ebbe anche il nome di Eracle (Ἡρακλῆς, Heraklês);
- a questo serpente era congiunta Ananke (Ἀνάγκη, Anánke, Necessità) incorporea, per natura identica ad Adrastea (Ἀδράστεια, Adrásteia), con le braccia aperte a contenere ("ne raggiunge i limiti", περάτων perátōn) tutto il mondo (κόσμοι, kósmoi);
- Tempo, il serpente, è padre di Etere umido, di Chaos senza limiti e di Erebo nebbioso; in questa triade Tempo genera l'Uovo;
- dall'Uovo nasce un essere dall'aspetto sia femminile che maschile, con le ali d'oro, le teste del toro sui fianchi, un enorme serpente sul capo somigliante a tutte le creature selvatiche, questo essere conteneva in sé tutti i semi delle creature future, il nome di questo essere nato dall'Uovo era Protogono (Πρωτογόνος, Prōtogónos), anche chiamato Zeus o Pan (Πάν).
«[...] Omero afferma: "L'Oceano origine
degli dèi, e la madre Teti", e Orfeo, che per
primo scoprì i loro nomi, narrò dettagliatamente le loro
nascite, raccontò tutto quanto è stato compiuto da ognuno ed è
ritenuto da loro di parlare di teologia in modo del tutto
rispondente al vero; anche Omero lo segue molto da vicino, per lo
più anche a proposito degli dèi, e fa derivare anch'egli la loro
prima origine dell'acqua: "Oceano che per tutti è
l'origine". Infatti, secondo lui, l'acqua era il principio di
tutte le cose; dall'acqua, poi, si costituì il fango; da entrambi
fu generato un essere vivente, un serpente con aggiunta una testa
di leone, con in mezzo il volto di un dio, dal nome Eracle e
Tempo. Questo Eracle generò un uovo estremamente grande che pieno
della forza di chi l'aveva generato, si spezzò in due per uno
sfregamento. La parte della sua sommità finì per
diventare Cielo, mentre la parte racchiusa in basso
diventò Terra; fuoriuscì anche un dio dal duplice corpo.
Cielo, unitosi a Terra, generò come
femmine Cloto, Lachesi e Atropo, come maschi
i Centomani, Cotto, Gige, Briareo e i
Ciclopi, Bronte, Serope e Arge; e dopo averli
incatenati, lì precipitò nel Tartaro, avendo appreso che sarebbe
stato privato del potere dai suoi figli. Perciò Terra adirata
generò i Titani: E la Terra signora generò come figli i Celesti a cui danno anche il nome Titani, in quanto punirono il Cielo stellato» |
(Atenagora di
Atene. Apologia per i cristiani XVIII; in Orfici.
Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, 28 [1];
traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, 2011, p.307) |
- Tempo (Χρόνος, Chronos) genera Etere e quindi un chasma (baratro) grande che si estende qua e là;
- poi il Tempo per mezzo di Etere forma un "Uovo d'argento";
- dall'"Uovo d'argento" emerge Phanes (Φάνης, Phánēs), ermafrodito, dotato di quattro occhi, con ali d'oro e munito di diverse teste di animali;
- Phanes regna con Nyx (Notte) sua paredra, madre e figlia, dal potere mantico;
- Notte genera Gaia e Urano, trasmettendo il potere regale a quest'ultimo;
- Gaia e Urano generano Kronos che castra il padre strappandogli il potere regale;
- il seguito è simile alla Teogonia esiodea fino a Zeus che inghiotte Phanes divenendo il Tutto;
- Zeus riavvia una nuova teogonia, in questo nuovo processo il re degli dèi sposa Demetra che ha una figlia, Persefone, da Persefone, Zeus ha un nuovo figlio Dioniso che sarà protagonista nella nascita del genere umano:
«Presso Orfeo sono tramandati quattro regni: primo quello di
Urano, che ricevette Crono , una volta che ebbe evirato i
genitali del padre; dopo Crono regnò Zeus, che scaraventò nel
Tartaro il genitore; in seguito, a Zeus successe Dioniso che,
dicono, i Titani gravitanti intorno a lui dilaniarono, per una
macchinazione di Era, e si cibarono delle sue carni. E Zeus, colto
dallo sdegno, li folgorò e, generatasi la materia dalla cenere
fumante da essi prodotta nacquero gli uomini; dunque, non bisogna
che facciamo morire noi stessi, non solo come sembra dire il mito,
perché siamo in un carcere, il corpo (questo infatti è chiaro),
e non lo avrebbe detto affinché restasse segreto, ma non bisogna
far morire noi stessi, anche perché il nostro corpo è
dionisiaco: infatti noi siamo parte di lui, se è vero che siamo
formati dalla cenere dei Titani, che ne mangiarono le carni.» |
(Olimpiodoro il
Giovane. Commento al Fedone di Platone; fr. 220 Orfici.
Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, p.509) |