Il termine apocalisse deriva dal
greco ἀποκάλυψις (apokálypsis), composto di ἀπό
apó ("da", usato come prefissoide anche in
apostrofo, apogeo, apostasia) e καλύπτω kalýptō
("nascondo", come in Calipso), significa un gettar via ciò
che copre, un togliere il velo, letteralmente scoperta o
disvelamento.
Il concetto sembrerebbe essersi
originato presso gli ebrei che parlavano greco, per poi passare ai
cristiani che la svilupparono ulteriormente. Nella terminologia della
letteratura del primo Ebraismo e Cristianesimo, indica una
rivelazione a un profeta scelto di cose nascoste da Dio; questo
termine è più spesso usato per descrivere il resoconto scritto di
tale esperienza.
La letteratura apocalittica
Dal profetismo alla letteratura apocalittica
A causa delle «speranze deluse per la
misteriosa scomparsa di Zorobabele» e per «la comunità creata da
Esdra e Neemia», «la profezia era caduta in discredito [...] per il
senso di frustrazione ingeneratosi negli animi in seguito a promesse
inadempiute. [...] Si era già imboccata la strada
dell'apocalittica». Questo transito è presente nello stesso Libro
di Zaccaria, dove fra il Primo e il Secondo Zaccaria si passa dai
«riferimenti a Zorobabele e Giosuè» e «da un apprezzamento del
profetismo in Aggeo e Zaccaria, animatori della ricostruzione (del
secondo Tempio di Gerusalemme), al disprezzo di ogni velleità di
fare il profeta (Zaccaria 13, 3-6)»: «l'escatologia del Secondo
Zaccaria ha la forma di apocalittica, e della più pura.» Con il
fallimento delle «speranze legate [...] da Aggeo e Zaccaria al
davidide Zorobabele, il messianismo regale subì un'eclisse.» «La
tonalità cambia» e nascono le «caratteristiche che annunziano la
letteratura apocalittica.»
La letteratura apocalittica è di
considerevole importanza nella storia della tradizione giudaica,
cristiana e islamica, dal momento che concetti come la risurrezione
dai morti, il giorno del giudizio, il paradiso e l'inferno trovano un
esplicito riferimento in essa. Le credenze apocalittiche sono datate
da prima del Cristianesimo, appaiono in altre religioni, e sono state
assorbite nella società contemporanea secolare, specie attraverso la
cultura.
Secondo l'esegeta francese Paul
Beauchamp "la letteratura apocalittica nasce per aiutare a
sopportare l'insopportabile". Nasce cioè in momenti di estrema
crisi per portare un messaggio di speranza: anche se il male sembra
prevalere, bisogna aver fiducia nella vittoria finale del Bene.
Uso del termine
L'uso trova la sua origine nel titolo
dato al Libro dell'Apocalisse di Giovanni (detto anche Libro della
Rivelazione), nel Nuovo Testamento; il titolo proviene dalle
parole di apertura del libro 'Aπōκάλυψις 'Iησōῦ Χριστōῦ
apōkalýpsis Iesōû kristōû, in cui il termine
"rivelazione" è usato solo per descrivere i contenuti del
libro stesso, e non come designazione letteraria. Il nome Apocalisse
venne poi attribuito a ulteriori scritture dello stesso genere, molte
delle quali apparvero in quel periodo.
A partire dal II secolo il nome venne
usato per diversi libri, sia cristiani che ebraici, che mostrano gli
stessi tratti caratteristici. Oltre all'Apocalisse di Giovanni
(chiamata così da alcuni dei primi Padri della Chiesa cristiana), il
Canone muratoriano, Clemente di Alessandria ed altri menzionano una
Apocalisse di Pietro. Vengono inoltre ricordate apocalissi di Adamo e
di Abramo nonché di Elia. L'uso del termine greco per definire opere
appartenenti ad una determinata classe letteraria è quindi di
origine cristiana, derivato dalla rivelazione del Nuovo Testamento.
Nel linguaggio comune il termine ha
perso il significato originario di "rivelazione" e, fuori
dell'ambiente religioso, è passato a indicare qualsiasi evento di
grande calamità ovvero un succedersi di eventi disastrosi.
Descrizione
La letteratura religiosa apocalittica viene considerata una branca distinta della letteratura. Il genere possiede diverse caratteristiche peculiari.Rivelazione di misteri
La rivelazione dei misteri svela
cose che vanno oltre la normale portata dell'umana conoscenza. Dio
concede a santi o profeti selezionati le istruzioni al riguardo, sia
per aspetti estranei all'esperienza umana o per vicende che l'umanità
non ha ancora affrontato.
Vengono svelate alcune informazioni sul
paradiso, in misura minore o maggiore: gli scopi di Dio; i fatti e le
caratteristiche relativi agli angeli e degli spiriti malvagi; la
spiegazione di alcuni fenomeni naturali; la storia della creazione e
dei periodi iniziali dell'umanità; gli eventi in corso, in special
modo quelli relativi al futuro di Israele; la fine del mondo; il
giudizio universale e il destino dell'umanità; l'epoca messianica;
immagini del paradiso e dell'inferno. Nel Libro di Enoch, la
più ampia delle apocalissi ebraiche, la rivelazione comprende tutti
gli elementi suddetti.
Rivelazione attraverso un sogno o una visione
La rivelazione di saggezze nascoste
avviene attraverso una visione o un sogno. A causa della natura
peculiare del soggetto, questa è evidentemente la forma letteraria
più naturale. L'attuazione della rivelazione e l'esperienza di chi
la riceve vengono poste più o meno in rilievo. Normalmente, ma non
sempre, i fatti vengono riportati in prima persona. Esiste qualcosa
di portentoso nelle circostanze, commisurato all'importanza dei
segreti che verranno svelati. L'elemento del mistero, spesso in primo
piano nella visione stessa, è presagito negli eventi preliminari.
Alcune delle caratteristiche classiche della "tradizione
apocalittica" sono collegate con le circostanze della visione e
con l'esperienza personale del veggente.
L'esempio primario di letteratura
apocalittica nella Bibbia ebraica è il Libro di Daniele.
Mentre si trova lungo il fiume dopo un lungo digiuno Daniele vede
apparire un essere celeste, che gli svela la rivelazione (Daniele,
10:2 segg.). L'evangelista Giovanni nel Nuovo Testamento, libro
dell'Apocalisse (1:9 segg.) ha un'esperienza simile, narrata con
termini comparabili. Si confronti anche il primo capitolo della
Apocalisse Greca di Baruch e la Apocalisse Siriana,
vi.1 segg., xiii.1 segg., lv.1-3. In alternativa il profeta giace sul
letto, preoccupato per il futuro della sua gente, quando cade in una
specie di trance, e il futuro gli è mostrato nelle "visioni
della sua mente". Questo è il caso di Daniele, 7:1 segg.;
Esdra, 3:1-3; e nel libro di Enoch, i.2 e seguenti. A proposito della
descrizione degli effetti della visione sul veggente, vedi Dan. 8:27;
Enoch, lx.3; 2 Esdra 5:14.
Gli angeli portano la rivelazione
L'introduzione degli angeli come
portatori della rivelazione è una caratteristica ricorrente. Dio non
parla in prima persona, ma dà le sue istruzioni a mezzo di
messaggeri celesti, che agiscono come guide per il veggente.
Rarissimi sono i casi di vere
apocalissi in cui lo "strumento angelo" non è in primo
piano nel portare il messaggio. Nell'assunzione di Mosè, che
consiste principalmente in una predizione dettagliata del futuro
degli Israeliti e della storia ebraica, l'annuncio viene dato a
Giosuè da Mosè, immediatamente prima della morte di quest'ultimo.
Anche negli "Oracoli Sibillini", che sono per la maggior
parte un'anticipazione di eventi futuri, la sibilla è la sola a
parlare. Ma nessuno di questi libri si può definire rappresentativo
della letteratura apocalittica in senso stretto (v. sotto). In un
altro testo a volte classificato come apocalittico, il Libro dei
Giubilei (scritto intorno al 100 a.C., detto anche Genesi minore,
Apocalisse di Mosè o Testamento di Mosè), un angelo è
il mediatore della rivelazione, ma la visione o l'elemento onirico
mancano. In quest'ultimo caso, comunque, il libro appare decisamente
non apocalittico nella sua natura.
Trattazione della storia o del futuro?
Nelle tipiche composizioni di questa
classe la maggior preoccupazione dell'autore è il mostrare la
sapienza con cui Dio agisce nella storia e la organizza in tappe o
fasi cronologiche. Dunque l'apocalisse non è in primo luogo una
profezia, ed il suo principale interesse non è il futuro o la fine
della storia, quanto semmai il suo fine. L'autore presenta, a volte
in maniera molto vivida, un quadro degli eventi a venire, e in
particolare di quelli al termine dell'epoca attuale. Per questo in
alcune di queste composizioni il soggetto è descritto vagamente come
"ciò che avverrà negli ultimi giorni" (Dan. 2:28; si
confronti il verso 29); in maniera simile Dan. 10:14, "ora sono
venuto per farti intendere ciò che avverrà al tuo popolo alla fine
dei giorni"; si confronti Enoch, i.1, 2; x.2 segg. Così anche
la Rev. 1:1 (si confronti la traduzione della Bibbia Septuaginta di
Dan. 2:28 segg.), "Rivelazione... ciò che presto verrà ad
accadere".
Spesso la visione comprende anche il
passato, per dare forza all'inquadramento storico, così che il
panorama degli eventi successivi possa passare impercettibilmente dal
noto all'ignoto. Perciò nell'undicesimo capitolo del libro di
Daniele il dettagliato resoconto delle vicende dell'impero greco
d'oriente, a partire dalla conquista di Alessandro fino all'ultima
parte del regno di Antioco Epifane (versi 3-39, tutti presentati in
forma di predizione) continua, senza interruzione, con una
descrizione appena meno vivida di eventi che non sono ancora accaduti
(versi 40-45), ma che lo scrittore si aspetta: le guerre che
risulteranno dalla morte di Antioco e la caduta del suo regno. Tutto
ciò, comunque, serve solo da introduzione alle notevoli profezie
escatologiche del dodicesimo capitolo, in cui si trova lo scopo
principale del libro.
In maniera del tutto simile, il sogno
raccontato nel secondo libro di Esdra, 11 e 12, l'aquila che
rappresenta l'Impero Romano è seguita dal leone, che è il messia
promesso che dovrà salvare gli eletti e stabilire un regno
imperituro. La transizione fra la storia e la profezia si può vedere
in xii.28, dove viene predetta l'attesa fine del regno di Domiziano,
e con essa la fine del mondo. Un altro esempio dello stesso genere è
negli Oracoli Sibillini, iii.608-623. Probabilmente si può
paragonare anche Assumptio Mosis, vii-ix. In quasi tutte le
scritture propriamente classificate come apocalittiche l'elemento
escatologico è predominante. È stata proprio la crescita delle
speculazioni sui tempi a venire e la speranza per gli eletti che
hanno originato più di ogni altra cosa la nascita, e influenzato lo
sviluppo di questo genere di scritti.
Il misterioso o fantastico
L'elemento del misterioso, evidente sia
nell'oggetto che nelle modalità della narrazione, è una delle
caratteristiche salienti di ogni tipica apocalisse. La letteratura
delle visioni e dei sogni ha le sue tradizioni, che sono
particolarmente persistenti; e questo aspetto inusuale è ben
illustrato nelle composizioni giudaiche, o meglio giudaico-cristiane,
prese in considerazione.
Tale qualità apocalittica appare in
maniera molto evidente (a) nell'uso dell'immaginario fantastico. Le
migliori illustrazioni sono complete delle strane creature che
appaiono in moltissime visioni; "bestie" nelle quali le
proprietà di uomini, mammiferi, uccelli, rettili o di esseri
meramente immaginari sono combinate in modi stupefacenti e spesso
grotteschi. Quanto tali figure siano caratteristiche lo si può
vedere dalla seguente lista di passaggi in cui le suddette creature
sono presentate: Dan. 7:1-8, 8:3-12 (ambedue passaggi importantissimi
per la storia della letteratura apocalittica); Enoch, lxxxv.-xc.; 2
Esd. 11:1-12:3, 11-32; Apoc. greca di Bar. ii, iii; Testamento
ebraico di Naphtali, iii.; Rev. 6:6ff (si confronti Apoc. di
Bar. [Sir.] li.11), ix.7-10, 17-19, xiii.1-18, xvii.3, 12;
Pastore di Erma, "Visione", iv.1. Alcuni esseri mitici o
semi-mitici che appaiono nel Vecchio Testamento giocano altresì un
ruolo di importanza saliente in questi testi. Così il "Leviatano"
e "Behemoth" (Enoch, lx.7, 8; 2 Esd. 6:49-52; Apoc. di Bar.
xxix.4); "Gog e Magog" (Sibillini, iii.319 segg, 512 segg;
si confronti Enoch, lvi.5 segg; Rev. 20:8). Come ci si potrebbe
aspettare, anche le mitologie straniere apportano talvolta un
contributo (v. sotto).
Il simbolismo mistico
La qualità apocalittica si nota ancora
(b) nell'uso frequente di un simbolismo mistificatore. Questo aspetto
viene illustrato in modo notevole nei ben noti casi in cui si impiega
la Ghematriah per oscurare l'opinione o il senso dello scrivente;
quindi, il misterioso nome "Taxo", Assumptio Mosis,
ix. 1; il "numero della bestia", 666, di Rev. 13:18; il
numero 888 ('Iησōῦς), Sibillini, i.326-330. Simile a
questo aspetto è la profezia, spesso enigmatica, del tempo che dovrà
passare prima dell'accadere degli eventi predetti; quindi il "fra
un tempo, tempi e la metà di un tempo" Dan. 12:7; i "quaranta
e otto tempi" di Enoch, xc.5, Assumptio Mosis, x.11;
l'annuncio di un certo numero di "settimane" o "giorni"
(senza però specificare l'inizio), Dan. 9:24 segg, 12:11, 12; Enoch
xciii.3-10; 2 Esd. 14:11, 12; Apoc. di Bar. xxvi-xxviii; Rev.
11:3, 12:6; si confronti Assumptio Mosis, vii.1. La stessa
tendenza si nota anche nell'impiego di linguaggio simbolico nel
parlare di determinate persone, cose o eventi; quindi, le "corna"
di Dan. 7 e 8; Rev. 17 e segg; le "teste" e "ali"
di 2 Esd. xi e segg; i sette sigilli del cap. 6 delle Rivelazioni;
trombe, 8; ciotole, 16; il dragone, Rev. 12:3-17, 20:1-3; l'aquila,
Assumptio Mosis, x.8; eccetera.
Un primo significato del già citato
666 potrebbe essere strettamente simbolico: il numero 6 infatti, è
visto già nell'ebraismo come "il numero dell'uomo" (Adamo
è creato il sesto giorno). Da questo punto di vista, la ripetizione
ternaria del 6 può indicare che l'anticristo rappresenterà il
tentativo di instaurare il dominio dell'uomo - e dell'arbitrio umano
- su quelli che nella tradizione sono visti come i tre livelli della
creazione: corpo/anima/spirito, cielo/terra/inferi ecc. Una volta
rifiutato Dio, infatti, è l'uomo-anticristo ad ergersi a
pseudo-divinità nel tentativo di sostituirsi alla signoria divina
sul mondo creato.
Come esempi tipici di allegorie più
elaborate, a parte quelle di Dan. 7, 8 e 2 Esd. 11, 12, già
ricordate, si possono menzionare: la visione del toro e della pecora,
Enoch, lxxxv segg; la foresta, la vigna, la fontana, il cedro, Apoc.
di Bar. xxxvi segg.; la acque chiare e scure, ibid. liii segg; il
salice e i suoi rami, Hermas, "Similitudini", viii. A
questa descrizione delle peculiarità letterarie dell'apocalisse
ebraica si può aggiungere che, nelle sue parti chiaramente
escatologiche, mostra con notevole uniformità la dizione e il
simbolismo dei passaggi classici del Vecchio Testamento. Benché ciò
sia corretto, comunque, la maggior parte della letteratura
escatologica tardo-ebraica e protocristiana (spesso non apocalittica
nel senso proprio del termine) può difficilmente essere considerata
simile a livello di caratteristiche a quella sopra descritta.
La fine del mondo
In epoche recenti il termine
"letteratura apocalittica", o "apocalittico", è
stato usato comunemente per descrivere le varie parti delle scritture
ebraiche o cristiane, sia canoniche che apocrife, in cui si
forniscono predizioni escatologiche in forma di rivelazione. Che il
termine sia attualmente usato in maniera blanda, e comprenda spesso
cose non propriamente apocalittiche, è dovuto al fatto che lo studio
di questa letteratura come classe a sé stante è piuttosto recente.
Nell'uso comune delle lingue
occidentali, il termine apocalisse si riferisce alla fine del
mondo. Il significato corrente può essere un'ellisse della frase
apōkalýpsis éschaton, che significa "rivelazione degli
eventi della fine dei tempi". Tale ellisse nell'uso corrente
riecheggia quella nel titolo dell'ultimo libro della Bibbia, il Libro
della Rivelazione o Apocalisse di San Giovanni apostolo, che è
normalmente interpretato come la profezia della fine del mondo, con
numerosi dettagli visuali. Si veda anche escatologia e millenarismo.
La fine escatologica del mondo nella
letteratura apocalittica era spesso accompagnata da immagini di
resurrezione, giudizio dei morti e dalla pena dell'inferno per i
peccatori. È interessante notare che tali idee non erano
esplicitamente sviluppate nei libri pre-apocalittici della Bibbia
ebraica, quindi l'esistenza di tali credo nell'ebraismo, nel
cristianesimo e nell'Islam può essere ricondotta ai testi
apocalittici.
La storia della cristianità è
punteggiata di gruppi religiosi millennialisti, quasi fin dalle
origini. I movimenti cristiani moderni sono concentrati nel XVIII e
XIX secolo e comprendono l'ascesa di religioni apocalittiche come gli
Avventisti, i Davidiani, la House of Yahweh, i Cristadelfiani, i
Mormoni e i Testimoni di Geova.
L'Islam possiede i propri movimenti, in particolare la fede nell'Imam "atteso" o "nascosto" della comunità sciita. Nel XIV secolo dell'Islam (circa 1890 dell'era cristiana) si riporta un credo che aveva preso a circolare presso la comunità sunnita, per il quale sarebbe presto giunto il Messia promesso, sia per i cristiani, sia per i musulmani. Molti di questi furono Jihādisti, come Muhammad al-Mahdi, Muhammad Ahmad del Sudan e Usman dan Fodio dell'Africa occidentale, che coniugarono la pratica politica alle loro convinzioni mahdistiche. Mahdi successivi, compresi Mirza Ghulam Ahmad e l'Ayatollah Seyyed Ruhollah Khomeini, furono principalmente riformatori religiosi. Di recente si è assistito a una ripresa del movimento dei Jihādisti, come Osama bin Laden di al-Qā'ida, quasi esclusivamente politici. La profezia del Messia promesso all'inizio del XIV secolo per la maggior parte dei musulmani è stata sostenuta solo da Mirza Ghulam Ahmad, ma il punto di vista della maggioranza venne raccolto dall'Università di al-Azhar del Cairo e dalla Scuola Deobandi di Scienze Islamiche in India, che rifiutarono Mirza Ghulam Ahmad perché eretico, dato che si definiva profeta (l'Islam ritiene che Muhammad sia stato l'ultimo Profeta) e messia (un titolo che l'Islam riserva a Gesù Cristo).
L'Islam possiede i propri movimenti, in particolare la fede nell'Imam "atteso" o "nascosto" della comunità sciita. Nel XIV secolo dell'Islam (circa 1890 dell'era cristiana) si riporta un credo che aveva preso a circolare presso la comunità sunnita, per il quale sarebbe presto giunto il Messia promesso, sia per i cristiani, sia per i musulmani. Molti di questi furono Jihādisti, come Muhammad al-Mahdi, Muhammad Ahmad del Sudan e Usman dan Fodio dell'Africa occidentale, che coniugarono la pratica politica alle loro convinzioni mahdistiche. Mahdi successivi, compresi Mirza Ghulam Ahmad e l'Ayatollah Seyyed Ruhollah Khomeini, furono principalmente riformatori religiosi. Di recente si è assistito a una ripresa del movimento dei Jihādisti, come Osama bin Laden di al-Qā'ida, quasi esclusivamente politici. La profezia del Messia promesso all'inizio del XIV secolo per la maggior parte dei musulmani è stata sostenuta solo da Mirza Ghulam Ahmad, ma il punto di vista della maggioranza venne raccolto dall'Università di al-Azhar del Cairo e dalla Scuola Deobandi di Scienze Islamiche in India, che rifiutarono Mirza Ghulam Ahmad perché eretico, dato che si definiva profeta (l'Islam ritiene che Muhammad sia stato l'ultimo Profeta) e messia (un titolo che l'Islam riserva a Gesù Cristo).
Rappresentazioni dell'Apocalisse
Essendo un tema teologico e
iconografico di grande intensità drammatica, l'Apocalisse è stata
molto rappresentata nell'Alto Medioevo, in particolare nei celebri
Commentari dell'Apocalisse del monaco spagnolo Beato di
Liebana (VIII secolo). Il primo commento dell'Apocalisse si deve
all'esegeta Alessandro di Brema. Tra i più importanti codici
pervenuti fino a noi si vedano:
- per il X secolo:
il manoscritto dell'Escorial
Category:Beatus Escorial - Wikimedia Commons e l'Apocalisse spagnola
di Magius Category:Beatus Pierpont - Wikimedia Commons
- per l'XI secolo:
l'Apocalisse di Bamberga
Category:Bamberg Apocalypse - Wikimedia Commons, l'Apocalisse di
St-Sever Category:Apocalypse of St. Sever - Wikimedia Commons, il
manoscritto mozarabico di Osma Category:Beatus d'Osma - Wikimedia
Commons
Dante Alighieri rappresenta
allegoricamente l'Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo
Testamento, al termine della processione descritta nel Paradiso
Terrestre, nella Divina Commedia. Essa è raffigurata come "un
vecchio solo venir/, dormendo, con la faccia arguta" (Purgatorio
- Canto ventinovesimo, vv. 143-144). Il vecchio avanza "dormendo"
in quanto si tratta di un'opera che rappresenta l'oggetto di una
visione estatica ed ha una faccia "arguta", penetrante,
poiché è un libro che rivela il futuro e si addentra in una materia
misteriosa e sublime al contempo.
Anche nei secoli successivi il tema non
smise d'interessare, trasferendosi dai codici agli affreschi ed alle
incisioni e ponendo più fortemente l'accento sul Giudizio
universale: si pensi all'Apocalisse di Luca Signorelli, eccezionale
ciclo di affreschi nella Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto.
Tra i Giudizi Universali affrescati, universalmente celeberrimo è
quello di Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina nella Città
del Vaticano, ma notevoli sono pure quelli sulle controfacciate
interne della Cappella degli Scrovegni a Padova, dell'abbazia di
Pomposa in provincia di Ferrara e dell'Abbazia di Sant'Angelo in
Formis presso Capua. Rilevante è pure il Giudizio Universale a
mosaico bizantino sulla controfacciata interna della Basilica di
Santa Maria Assunta (Torcello) nella Laguna di Venezia. Importanti
rappresentazioni artistiche dell'Inferno e del Paradiso sono quelle
musive nel Battistero di San Giovanni (Firenze) e quelle ad affresco
nella Basilica di San Petronio a Bologna. Scene dall'Apocalisse di
Giovanni sono presenti negli affreschi del Battistero di Padova,
nella cripta di San Magno ad Anagni. Risale al XIV secolo il
grandioso Arazzo dell'Apocalisse nel castello francese di Angers.
Rappresentazioni moderne dell'Apocalisse
Una delle rappresentazioni moderne
dell'apocalisse è per esempio quella che emerge dagli scritti del
padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin molto più vicini al tipico
discorso scientifico e evoluzionista che al discorso svolto
totalmente nel linguaggio teologico.
Il suo discorso, in qualche modo
profetico sull'avvento dell'Homo noeticus che rappresenta un salto
evolutivo rispetto all'attuale Homo Sapiens Sapiens, non è indolore
come molti interpreti di questa nuova figura umana ritengono. Per
questi ultimi infatti la nuova umanità viene rappresentata come il
baluardo estremo della difesa della specie e del pianeta Terra, della
democrazia e soprattutto dell'insieme del patrimonio spirituale
accumulatosi lungo il divenire storico dell'umanità che lo piega ai
legittimi interessi tattici e strategici dei nuovi movimenti
emergenti, talora anche radicali, di stampo ecologista, salutista
ecc.
Questa lettura è sicuramente
significativa e i movimenti non violenti, pacifisti, ambientalisti
che talora la sostengono sono certamente l'incarnazione sintomatica
di una storia che giunge al termine, ma la lettura che il "gesuita
proibito" dà dell'avvento dell'Homo Noeticus è ben altra e
soprattutto ben più radicale: non è una figura di difesa dello
status quo prima che le cose peggiorino irrimediabilmente ma una
figura di attacco per far dire alla storia della salvezza: "tutto
è compiuto". Ci troviamo infatti di fronte ad una vera e
propria "fine del mondo". Esso, l'Homo Noeticus rappresenta
infatti per così dire lo sprint finale della convergenza di tutta la
nostra galassia nel "punto Omega" a forte potenza
gravitazionale, rappresentato dal "Cristo evolutore" che
attrae tutto a sé e in cui tutto collassa e implode nell'abbraccio
finale tra il creatore e la creatura.
Apocalissi nelle religioni
Molte religioni trattano il tema
dell'allontanamento dell'uomo dalla sua originaria comunione con
l'Assoluto, il Divino.
Le culture orientali e quelle
indoeuropee precristiane (Indù, Greci, Romani) rappresentano il
tempo ciclicamente, secondo una scansione in quattro cicli che la
tradizione classica greco-romana chiama età dell'oro, dell'argento,
del bronzo e del ferro. L'uomo, al termine di ognuna delle quattro
fasi, si allontana progressivamente dalla virtù e dal bene. Nelle
religioni fondate sul monoteismo (Ebraismo, Cristianesimo, Islam) il
punto di partenza è la caduta di Adamo in seguito alla quale l'uomo
realizzerà sulla Terra un Regno delle Tenebre.
Tuttavia, nell'escatologia e
soteriologia delle religioni, a questa caduta seguirà l'intervento
divino, l'arrivo di un Redentore dell'umanità: il Gesù Cristo del
Secondo Avvento nel Cristianesimo; il Messia annunciato dai Profeti
nell'Ebraismo; il profeta Gesù che affiancherà il Mahdi (il
"Ben Guidato", discendente di Maometto) nell'Islam; il
Kalki Avatara, ultima manifestazione di Visnù, nell'Induismo;
i Buddha e i Bodhisattwa (i Misericordiosi) nel Buddhismo; il
Saoshyant o "Redentore universale" nell'Iran di
Zoroastro. "
I miti antichi parlano della redenzione
del mondo che avverrà attraverso la redenzione dell'umanità.
Vaticinano il ritorno dell'età primordiale caratterizzata dalla
pietas, dalla pace, da una saggia frugalità, espressione di
ricchezza interiore, dalla prosperità della terra e dalla letizia
dell'uomo e del creato. Profetizzano una renovatio preceduta
da uno sconvolgimento: la grande dissoluzione del cosmo, il
mahāpralaya indiano; il mare di metallo fuso, dal quale,
nella tradizione iranica, i giusti emergeranno indenni; l'ekpýrosis
dei presocratici e degli stoici; la concussio mundi di Seneca;
il ragnarökkr germanico, l'estate senza fiori e il
mare senza vita dei druidi; l'ollin dei testi profetici
aztechi che, come il pachakuti andino, connota il sommovimento
ciclico del tempo e il capovolgimento dello spazio".
Esiste però un disegno divino di
redenzione nelle antiche tradizioni di molte civiltà. Esse
"consegnano un messaggio di speranza espresso in India dalla
discesa dell'avatāra, divino giudice e rinnovatore. Per bocca
di Zarathustra, dopo la conflagrazione, Ahura Mazda promette il
frashkart, il rinnovamento nella luce del mondo e
dell'umanità. Platone, attingendo a una speranza remota, annuncia
"nuova vita e immortalità rinnovata". Virgilio e le
Sibille cantano il ritorno della Vergine Astrea e del regno di
Saturno. Seneca, dopo la concussio mundi, saluta il ripristino
dell'antiquus ordo, il ritorno dell'èra in cui pace, pietas
e giustizia regnavano sulla terra. "Pace fino al cielo e dal
cielo fino in terra", profetizza la celtica Mórrígain
e, dopo la distruzione del mondo, dinanzi alla sibilla germanica si
dispiega la visione della jörð iðjagroena, la terra di
nuovo verdeggiante che emerge dal mare. Secondo le religioni
orientali cosmocentriche il Mondo Nuovo sarà l'inizio di un
nuovo ciclo cosmico, mentre secondo le religioni monoteiste verrà
instaurato un Regno di Dio di cui faranno parte i giusti risorti
(visione non ciclica ma lineare-progressiva del Tempo universale).
Lo schema escatologico delle religioni
monoteistiche è simile: decadenza spirituale dell'umanità -
l'esilio da Dio -, la perversione dell'umanità ultima e le "doglie"
della fine, la battaglia finale - Armagheddon - tra i figli della
luce e i figli delle tenebre; la restaurazione finale con l'arrivo
del Redentore tanto atteso e il Giudizio divino. Tuttavia vi sono
delle differenze. Nell'Ebraismo l'attesa del Giorno del Signore con
le sue elaborazioni dottrinarie, escatologiche e messianiche, appare
nei momenti più convulsi e drammatici della storia di Israele,
mentre nel Cristianesimo e nell'Islam il messaggio apocalittico
costituisce una parte fondamentale della struttura di queste
religioni. I miti dei Tempi Ultimi descrivono dunque le
modalità dell'intervento divino nella storia universale al suo
tramonto, intervento ripristinatore dell'ordine cosmico nella
creazione con cui la realtà tutta riacquista il proprio autentico
significato iniziale.
Nei Tempi Ultimi saranno beati gli
uomini di quell'epoca: è un concetto contemplato dai miti
apocalittici. San Paolo scrive nella Lettera ai Romani (5, 20):"
Dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia". Questo
"paradosso della Grazia" è presente nella tradizione
ebraica, islamica ed induista. Mosè, dopo aver visto in visione
l'oscurità dei Tempi Ultimi, si è sentito "inferiore" a
coloro i quali, pur in mezzo a tali tribolazioni, conserveranno la
fede nella Torah. Maometto in un hadith (detto) afferma:
"All'inizio dell'islam colui che mette un decimo della legge è
dannato; ma negli ultimi tempi, colui che ne compirà un decimo sarà
salvato". Nel testo induista Bhāgavata Purāṇa si
cantano le lodi paradossali dell'età ultima (L, 12):" Gli
errori commessi dagli uomini nell'Età di Kali, per quanto abbiano
origine nelle cose, nei luoghi o in loro stessi, sono interamente
cancellati da Bhagavad, il supremo Purusa, quando egli risiede nel
cuore. (......) L'Età di Kali, abisso di vizi, possiede un vantaggio
unico ma prezioso: è sufficiente celebrare le lodi di Khrisna [il
Signore Supremo] affinché, liberi da ogni legame, ci si possa
riunire all'Essere Supremo". Nel Vangelo di Matteo (20, 1-16)
c'è la Parabola dei lavoratori della vigna o dei Lavoratori
dell'Undicesima Ora che riprende questo tema: i lavoratori
dell'ultima ora che hanno lavorato solo un'ora sono equiparati a
tutti gli altri. E per questo, molti fra "gli ultimi saranno i
primi e i primi gli ultimi" (20, 16).
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