domenica 25 aprile 2021

Scienza di confine

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La scienza di confine (dall'inglese fringe science) è per sua stessa definizione, quella serie di controverse teorie o discutibili ricerche scientifiche che si pongono ai confini della corrente principale delle discipline accademiche convenzionalmente riconosciute. Quella di "scienza di confine" è una frase utilizzata per descrivere qualsiasi ricerca scientifica all'interno di un campo di studio ben definito ed istituzionalizzato che si allontana significativamente dalle teorie accettate dalla corrente principale (in inglese mainstream) di quei ricercatori, o che sono eterodosse rispetto a teorie ortodosse che sono alla base o comuni a molte altre discipline scientifiche.
Mentre esiste qualche esempio di ricercatori appartenenti alla corrente principale della scienza che propugnano idee alquanto eccentriche all'interno della propria disciplina di competenza (ad esempio James Dewey Watson, uno dei due biochimici scopritori della molecola del DNA, che sosteneva la possibilità che la molecola fosse stata diffusa nell'universo grazie a sonde interplanetarie extraterrestri e che non fosse il semplice prodotto dell'evoluzione sulla Terra; oppure il biochimico Peter Duesberg che sostiene che il virus HIV non sia la causa dell'AIDS), molte tra le "idee scientifiche di confine" sono postulate da individui che non appartengono affatto all'ambito della scienza, oppure da scienziati che lentamente si sono collocati al di fuori della corrente principale delle proprie discipline. Un altro uso del termine è nella descrizione di campi del sapere che non possono essere (sia per la mancanza di evidenza o di riproducibilità scientifica), riconosciute come "scienza in buona fede", anche se a questi campi di ricerca si attribuisce piuttosto il termine di pseudoscienza.

Definizione

Tradizionalmente, il termine "scienza di confine" viene utilizzato per descrivere teorie inusuali e modelli per la scoperta che comunque si basano su principi scientifici stabiliti come validi. Queste teorie possono essere difese da scienziati che sono autorità riconosciute dalla vasta comunità scientifica (tipicamente grazie alla pubblicazione di studi approvati con la metodica revisione paritaria da scienziati di pari grado di reputazione), ma spesso questo non è sempre il caso. Spesso la corrente principale di ogni scienza commetterà errori o piccole imprecisioni, ma per lo più il campo basico e comune di queste scienze si accorda a standard accettati, e la sua tipica caratteristica ad opporsi a cambiamenti profondi, dà luogo ad approfonditi e ponderati giudizi collettivi come reazione a proposte rivoluzionarie. Alcune tra le odierne teorie ampiamente condivise (come ad esempio in planetologia e geologia, la teoria della deriva dei continenti proposta da Wegener) vennero classificate al loro apparire come scienza di confine (o pseudoscienza) e rimasero sotto una cattiva luce, anche per molti decenni. Viene messo in evidenza che:
«La confusione tra scienza e pseudoscienza, tra l'errore scientifico compiuto in buona fede, a scapito di una buona pratica scientifica, e la scoperta scientifica genuina, non è nuova, ed è una caratteristica permanente del panorama scientifico [...] L'accettazione della nuova scienza può arrivare lentamente.»
(Friedlander)
I confini categorici tra la scienza di confine e la pseudoscienza sono ampiamente oggetto di disputa. La scienza di confine è vista da molti scienziati come razionale ma piuttosto improbabile. Il consenso scientifico può dilazionare l'accettazione di una "scienza di confine" valida per un certo numero di ragioni, che comprende l'incompletezza dei dati presentati o la presenza di evidenze contraddittorie. Semplicemente, la scienza di confine può essere una protoscienza che non è stata ancora accettata dalla gran maggioranza degli scienziati. Uno scienziato "di confine" può eseguire osservazioni "al limite" ed arrivare a conclusioni "azzardate" pur seguendo i cardini del metodo scientifico.
Storicamente l'accettazione della "scienza di confine" da parte degli scienziati della corrente principale è dipesa dalla qualità delle scoperte che sono state fatte da quelli stessi scienziati o dall'intero comparto (ad. es la fisica nucleare), dalle premesse di base, dal significato ultimo dei suoi risultati, dai traguardi e possibili applicazioni pratiche che si intravvedono. L'espressione "scienza di confine" è spesso considerata insultante. Ad esempio Lyell D. Henry, Jr. scrisse che "'fringe science' è una frase che suggerisce anche "kookiness". Questa convinzione può essere stata ispirata dall'eccentricità dei ricercatori di punta ai confini della scienza (colloquialmente soprannominati scienziati pazzi).

Esempi contemporanei di scienza di confine

Tra i casi della fine del XX secolo che sono particolarmente vicini al nostro presente:

Multiverso (teoria di Hugh Everett III)

Il concetto di multiverso viene formalizzato matematicamente nella "interpretazione a molti mondi" della meccanica quantistica, proposta da Hugh Everett III nella sua tesi di dottorato (MWI); questa interpretazione prevede che ogni misura quantistica porti alla divisione dell'universo in tanti universi paralleli quanti sono i possibili risultati dell'operazione di misura.
La teoria MWI ha un parametro di tempo condiviso. In molte delle sue formulazioni, tutti gli universi costituenti il multiverso sono strutturalmente identici, e possono esistere in stati diversi, con identiche leggi fisiche e valori delle costanti fondamentali. Gli universi costituenti sono inoltre non-comunicanti, nel senso che non può esservi un transito di informazioni tra di essi, anche se nell'ipotesi di Everett possono influenzarsi reciprocamente.
Il grande fisico danese Niels Bohr liquidò questa teoria, che prevede la contemporanea coesistenza di tutte le soluzioni della funzione d'onda dell'elettrone, definendola come "una forma di teologia", preferendo l'interpretazione di Copenaghen, che prevede il "collasso della funzione d'onda" al momento dell'osservazione.

Fusione fredda

L'ipotetica reazione nucleare di fusione nota come "fusione fredda", che avverrebbe a temperature e pressione vicine a quelle ambientali, fu presentata dagli scienziati Martin Fleischmann dell'Università di Southampton in Inghilterra e Stanley Pons dell'Università dello Utah nel marzo del 1989. Sono stati eseguiti molti tentativi di replicare questo esperimento, ma con scarso successo.
Da allora numerosi scienziati con qualifiche tra le più varie hanno contribuito alle ricerche in questo campo o hanno partecipato alle International Conference on Condensed Matter Nuclear Science. Nel 2004 il dipartimento statunitense per l'energia (United States Department of Energy, USDOE) decise di rivedere l'intera questione della fusione fredda, per determinare se le politiche americane riguardo alla fusione fredda dovessero cambiare, in seguito alle nuove evidenze sperimentali, e nel 2004 il Dipartimento dell'Energia Americano realizzò un convegno sulla fusione fredda.

Aumento della longevità

Il ricercatore Aubrey de Grey, presentato nel programma TV 60 Minutes del 2006 lavora su studi "avanzati" per rallentare e/o mitigare l'invecchiamento umano. Molti altri scienziati pensano che la sua ricerca sia "scienza di confine". In un articolo della rivista Technology Review (del 2006), si legge che, "SENS (L'ipotesi di De Grey) è altamente speculativa. Molte delle sue proposizioni non sono riproducibili, né possono essere riprodotte con l'odierna tecnologia e le attuali conoscenze scientifiche. Secondo il commentarista Myhrvold, le proposte di De Grey si trovano in un'anticamera della scienza, aspettando una verifica indipendente. La SENS correntemente non si può dimostrare come vera, ma non è sicuro che non la si possa realizzare in futuro."

Esempi storici di scienza di confine declassati a pseudoscienza

Tra i casi ormai "storici" di scienza di confine declassati a pseudoscienza e menzionati più spesso, si include:
  • Il lavoro di Wilhelm Reich con il cosiddetto "orgone", un'energia fisica che proclamava di aver scoperto, contribuendo al suo allontanamento dalla psichiatria internazionale e, alla fine, al suo imprigionamento come truffatore con l'accusa di esercizio indebito della professione medica.
  • La profonda convinzione del peraltro grande chimico Linus Pauling, sul fatto che grossi quantitativi di vitamina C funzionassero come una panacea per un'intera gamma di malattie (infezioni, invecchiamento, cancro), dal momento che la vitamina C agisce come mediatore nella produzione del collagene. Benché la carenza di vitamina C provochi lo scorbuto, l'effetto protettivo di alte dosi in altre patologie non è stato provato.
  • La polimerizzazione dell'acqua in acqua nove avviabile, secondo i suoi proponenti, da un'ipotetica particolare molecola catalizzatrice avrebbe reso più rigidi i legami intermolecolari dell'acqua, rendendola simile a ghiaccio, gelatina o fanghiglia semisolida a temperatura ambiente. Questo avrebbe permesso di avere piattaforme galleggianti d'acqua "polimerizzata", inaffondabili ad esempio, durante gli sbarchi militari. La proposta non ha mai avuto alcuna prova sperimentale.

Paragoni

La scienza di confine può essere distinta da altre categorie che sembrano similari, ma che sono peggiorativi in natura, che sono le seguenti:
  • Pseudoscienza - La pseudoscienza non persegue una rigorosa applicazione del metodo scientifico. La riproducibilità, oppure la semplice conoscenza dei parametri sperimentali utilizzati, è tipicamente un problema irrisolvibile. Inoltre spesso prescinde completamente di un sostegno nelle discipline di base, come la matematica, la fisica o la chimica. Questo non avviene nella scienza di confine.
    • Ad esempio, la "memoria dell'acqua" è uno degli svariati meccanismi proposti dall'omeopatia, per spiegare il supposto effetto terapeutico delle micro-dosi dei medicamenti omeopatici, che vanno sottoposti ad "attivazione" (una ripetuta forte agitazione della soluzione acquosa contenente ridottissime, quasi trascurabili quantità dell'agente terapeutico, che spesso è un veleno, tossina o metallo pesante). Dal punto di vista "pseudo-fisico-chimico", la sostanza in soluzione superdiluita andrebbe ad incidere la sua "impronta chimica" sull'acqua, ed in base a questo ragionamento (mai dimostrato né accuratamente spiegato teoricamente) indurrebbe l'organismo a reagire in qualche modo contro questa "ombra chimica" della tossina.
  • Scienza spazzatura - Il termine inglese "junk science" viene usato per descrivere ricerche che sono fin dall'inizio impostate con l'obiettivo di provare o negare un fatto a tutti i costi, ignorando in tal modo le metodologie standard e le pratiche certificate nel tentativo di assicurare il risultato più gradito dai ricercatori, modificando oppure omettendo certi risultati. Questo fenomeno è stato osservato spesso durante lo sviluppo di alcuni farmaci, che durante la fase IV si sono dimostrati tossici, ma i risultati dei cui test venivano manipolati per ritardare la messa al bando del farmaco, in modo da poter recuperare parte degli ingenti investimenti. La scienza di confine si serve della metodologia standard in modo identico a quello della scienza "ufficiale", procedendo dalle teorie alla conclusione, senza alcun tentativo di dirigere o condizionare il risultato.


Controversie su base religiosa

Verso la fine del XX secolo alcuni critici di ispirazione religiosa, riguardo a campi della ricerca scientifica che secondo loro sono in contrasto con alcuni brani della Bibbia (come l'evoluzionismo oppure la cosmologia o la planetologia), cercarono di etichettare certe idee, materie e spiegazioni scientifiche come "controverse" (poco più di teorie non dimostrate), per lo più in aspetti scientifici che contraddicono la lettura letterale o fondamentalista di determinati scritti religiosi, servendosi di alcune recenti ipotesi scientifiche riguardo a certi aspetti di questi argomenti, prendendoli come prova che le teorie scientifiche precedenti non avrebbero una validità conclusiva. Alcuni dichiarano che questo processo lascia aperta una finestra per l'intervento divino sulla creazione e per il cosiddetto "disegno intelligente". Tra le discipline scientifiche interessate si citano la paleoantropologia, la sessualità umana, l'evoluzione degli esseri viventi, la geologia e la paleontologia.
Questi tentativi sono stati comunque liquidati dagli epistemologi come risultato di una cattiva comprensione del processo scientifico (che in partenza dovrebbe essere totalmente neutro rispetto a qualsiasi opinione), che viene percepito dagli scienziati come una sorta di dialogo che non dovrà mai concludersi, a dispetto del desiderio del pubblico di assistere alla vittoria definitiva di una fazione. Come sostiene Donald E. Simanek, professore di fisica alla Lock Haven University della Pennsylvania, "Troppo spesso ipotesi speculative e tentativi della ricerca scientifica di punta sono state trattate come se fossero verità scientifiche, e dunque per questo vengono accettate da un pubblico desideroso di risposte immediate, pubblico che ignora il fatto che se la scienza progredisce dall'ignoranza alla comprensione [di un sistema di conoscenze ndt], si deve passare attraverso una fase di transizione fatta di confusione e incertezza."
I mezzi di comunicazione giocano un ruolo nella genesi e propagazione di controversie e riescono a far passare la visione che certi campi della scienza siano controversi. Nel libro Optimising Public Understanding of Science: A Comparative Perspective di Jan Nolin et al., gli autori dichiararono che "Dalla prospettiva dei media risulta evidente che la scienza controversa vende, non soltanto a causa del suo valore narrativo ma anche perché spesso si collega a questioni sociali molto rilevanti."



sabato 24 aprile 2021

Prestere

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Il prestere (dal latino prester) è un serpente leggendario descritto nei bestiari medievali.

Caratteristiche

Il prestere, secondo la classificazione medievale, appartiene alla categoria degli aspidi, ossia dei serpenti dal morso velenoso. In particolare, il veleno del prestere provoca nel corpo della vittima un gonfiore abnorme (con un effetto simile all'idropisia), tale che essa viene uccisa dalla semplice dilatazione dei tessuti, i quali iniziano subito a putrefarsi. Alberto Magno colloca il prestere nel primo ordine degli aspidi, ossia di quelli dal morso più velenoso, che risulta fatale entro tre ore e per il quale non si conoscono cure.
La caratteristica più peculiare del prestere è la bocca, che emette vapori e che esso tiene sempre aperta, anche quando si muove, cosa che fa con rapidità.

venerdì 23 aprile 2021

Teoria degli antichi astronauti

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La teoria degli antichi astronauti, detta anche teoria del paleocontatto o paleoastronautica, è l'insieme delle teorie che ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà umane, quali Sumeri, Egizi, civiltà dell'India antica e civiltà precolombiane.
Queste teorie, diffusesi a partire dalla metà del XX secolo, non sono accettate dalla comunità scientifica e pertanto sono generalmente inquadrate nel più vasto e controverso campo pseudoscientifico della cosiddetta archeologia misteriosa o pseudoarcheologia. Sono anche diffuse in ufologia, rientrando in particolare nel campo di indagine definito "archeologia spaziale", "archeologia ufologica" o clipeologia.

Origine

Si fa risalire la nascita della paleoastronautica al 1960 con la pubblicazione di un articolo del matematico russo Matest Agrest. In seguito le teorie sul presunto contatto tra civiltà extraterrestri e alcune antiche civiltà umane sono divenute popolari negli anni sessanta e soprattutto negli anni settanta con la pubblicazione dei libri di Erich von Däniken e Peter Kolosimo, autore di numerosi best seller, tra cui Non è terrestre (1968) e Astronavi sulla preistoria (1972). L'espressione astronauti del passato appare inizialmente in Flying Saucers on the Moon (1954) del giornalista e scrittore Harold T. Wilkins, seguito dall'astronomo e scrittore Morris K. Jessup in Chase of the UFO (1955).
Il substrato di queste teorie era già stato elaborato alcuni anni addietro, subito dopo gli anni cinquanta, con la nascita dell'ufologia in seguito alle prime testimonianze documentate di avvistamenti di UFO. All'ufologia si unirono le tesi già elaborate da Charles Fort sull'apparente incoerenza cronologica di alcuni manufatti e il rinnovato interesse popolare degli anni sessanta nei confronti delle antiche civiltà e delle loro mitologie. In ambito ufologico nacque la clipeologia o paleoufologia, rivolta allo studio delle presunte manifestazioni di UFO nelle epoche passate. Inizialmente la paleoastronautica si sviluppò come una branca della clipeologia rivolta al periodo preistorico e protostorico, concentrando la sua attenzione su reperti archeologici di tali epoche.
I sostenitori delle teorie sugli antichi astronauti non si limitano a sostenere, come fanno i clipeologi, che visite di alieni siano avvenute anche nei secoli passati, ma affermano che vi sia stata un'influenza aliena nello sviluppo della civiltà e della specie umana arrivando a mettere in discussione, almeno in parte, la teoria evolutiva di Charles Darwin sostituendola talvolta con tesi creazioniste, secondo le quali la specie umana sarebbe stata geneticamente creata da entità superiori o per il tramite di angeli extraterrestri.
Se per la paleoantropologia l'uomo è il risultato di un processo evolutivo endogeno durato tre milioni di anni, processo evolutivo che ha portato le protoscimmie africane ad assumere via via la statura eretta e a sviluppare la propria intelligenza andando a formare società via via più avanzate, per i sostenitori delle teorie degli antichi astronauti specie aliene sono sbarcate sulla Terra e attraverso numerosi e remoti contatti con popolazioni locali hanno indotto o anche solo favorito e guidato il percorso evolutivo della specie umana. Questi contatti, in taluni casi costituiti da soggiorni prolungati di extraterrestri sulla Terra, avrebbero influenzato lo sviluppo di alcune civiltà: tracce a testimonianza di questi eventi sarebbero riconoscibili, secondo i fautori di queste teorie, studiando con una certa forma mentis alcuni reperti preistorici.
Tra i principali divulgatori delle teorie degli antichi astronauti vi sono lo scrittore e giornalista italiano Peter Kolosimo e l'archeologo e scrittore svizzero Erich von Däniken, preceduti di alcuni anni dal francese Robert Charroux e dal britannico W. Raymond Drake. Kolosimo e von Däniken dalla seconda metà degli anni sessanta hanno prodotto una serie di libri di grande presa popolare diffusi in molti paesi del mondo. Queste teorie sono state sostenute anche da alcuni religiosi, come il pastore presbiteriano e ufologo statunitense Barry Downing e il sacerdote cattolico spagnolo Salvador Freixedo. Altri popolari scrittori che in seguito hanno ripreso questa teoria sono Zecharia Sitchin e Robert K. G. Temple. Tra gli altri che si erano interessati a queste teorie prima della seconda guerra mondiale c'è anche il presunto sensitivo Edgar Cayce.
Diversi altri autori hanno teorizzato il riferimento a visite di alieni nei testi sacri o comunque mitologici: tra questi Mario Pincherle, Mauro Biglino, padre Enrique López Guerrero, Claude Vorilhon, Lloyd Pye, Corrado Malanga e Biagio Russo.

Idee principali

Esistono diverse ipotesi sul cosiddetto paleocontatto, che sarebbe avvenuto tra la specie umana e specie aliene:
  • la specie umana sarebbe il risultato di una creazione programmata, ovvero di esperimenti genetici condotti da extraterrestri sugli ominidi che fino a quel punto si sarebbero evoluti spontaneamente sulla Terra in concordanza con la Teoria di Darwin e dunque, in questo caso, senza nessuna apparente contraddizione con essa. Il fine di questi presunti alieni sarebbe stato accelerare l'evoluzione spontanea della specie umana: adattamento evolutivo e neocreazionismo dunque sarebbero veri entrambi. Il principale argomento a sostegno di questa teoria è il tempo relativamente breve (300.000 anni) impiegato dall'Homo sapiens per giungere a un livello evolutivo mai raggiunto da altri organismi, pur presenti sulla Terra da centinaia di milioni di anni.
  • la specie umana avrebbe avuto contatti con extraterrestri sin dalle ere più antiche. Questi alieni sarebbero le divinità delle civiltà antiche (egizi, maya, aztechi, popoli della Mesopotamia, romani), raffigurati nelle loro opere d'arte. Altri indizi della presenza di extraterrestri in epoche passate sarebbero celati in testi religiosi, come la Bibbia e il Rāmāyaṇa, o in opere letterarie di carattere epico. Gli extraterrestri si sarebbero manifestati anche in epoche successive: dipinti medievali e rinascimentali, specie a carattere religioso, mostrerebbero in cielo delle navicelle spaziali, a volte addirittura con angeli alla guida.
  • il ritrovamento di OOPArt, ossia "oggetti fuori posto" in quanto "fuori dal tempo" soprattutto sotto il profilo tecnologico rispetto alle temporizzazioni dell'archeologia canonica.

Argomenti a supporto

Secondo i suoi sostenitori, elementi a favore della teoria degli antichi astronauti si rinvengono nell'architettura e nell'arte antica. Esisterebbero numerosi siti archeologici che testimonierebbero il contatto tra la specie umana e visitatori extraterrestri, alcuni dei quali costruiti con tale perizia da suggerire l'uso di tecnologie aliene. Gli ufologi, e in particolare i clipeologi, citano tra gli altri Giza, Baalbek, Yonaguni, le Linee di Nazca, i monoliti di Stonehenge, oltre a incisioni rupestri e statuette rinvenute nelle Americhe, nelle isole del Pacifico, in Australia, in aree europee come la Scozia e in zone alpine, quali il Musinè o la Valcamonica. Le popolazioni umane primitive avrebbero visto le forme di vita aliene come "angeli", "spiriti", "dei" o "semidei".
Inoltre i teorici degli antichi astronauti interpretano vari brani dell'antica letteratura sumera e alcuni testi sacri prodotti da antiche civiltà del pianeta come possibili resoconti di un contatto a livello planetario. In particolare sono spesso citati l'Epopea di Gilgameš, il Rāmāyaṇa, dove si parla di carri volanti chiamati Vimana, e alcuni libri della Bibbia, come il Libro di Ezechiele in cui è descritta la visione di un "carro di fuoco".

Critiche

La teoria degli antichi astronauti non è sostenuta da alcuna prova riconosciuta dalla comunità scientifica.
I riferimenti in testi epici sono interpretati dalla scienza ufficiale come elementi mitologici o metafore poetiche; quelli in testi religiosi come visioni mistiche o allegorie. I ritrovamenti archeologici portati a sostegno della teoria degli antichi astronauti, descritti dai suoi fautori spesso come "misteriosi" o "senza spiegazione", trovano una spiegazione scientifica senza bisogno di ricorrere agli alieni.
Alan F. Alford, autore di Gods of the New Millennium (1996), era un aderente della teoria degli antichi astronauti. Molto del suo lavoro si basa sulle teorie di Sitchin. Egli tuttavia, dopo un'analisi più approfondita, trova ora fallace la teoria di Sitchin: "Sono ormai saldamente del parere che queste divinità personificavano la caduta del cielo, in altre parole, la discesa degli dèi era una resa poetica del mito del cataclisma che era al centro di antiche religioni del Vicino Oriente."
La comunità cristiana creazionista è a sua volta assai critica su molte delle teorie degli antichi astronauti: lo scrittore creazionista della "giovane Terra" Clifford A. Wilson ha pubblicato nel 1972 Crash Go the Chariots, in cui ha tentato di screditare tutte le indicazioni fornite nel libro di von Däniken Gli extraterrestri torneranno (Chariots of the Gods).
In un articolo pubblicato nel 2004 sulla rivista Skeptic Jason Colavito sostiene che von Däniken avrebbe plagiato molti dei concetti presenti nel libro Il mattino dei maghi; sostiene inoltre che questo libro, a sua volta, è stato fortemente influenzato dai Miti di Cthulhu e che il nucleo della teoria degli antichi astronauti ha origine nei racconti di H. P. Lovecraft Il richiamo di Cthulhu e Alle montagne della follia.

Ancient Astronaut Society

L'Ancient Astronaut Society è una società fondata il 14 settembre 1973 dall'avvocato Gene Philips con l'obiettivo di coordinare tutte le ricerche che si svolgono nell'ambito della teoria degli antichi astronauti, cercando di dimostrare l'esistenza di un primo contatto tra alieni scesi da navi spaziali e uomini avvenuto migliaia di anni fa. Ogni anno la Società organizza almeno un congresso a cui partecipano ufologi e scienziati da tutto il mondo. Il primo si è svolto a Chicago dal 26 al 28 aprile 1974.
L'AAS pubblica il bollettino Ancient Skies.






giovedì 22 aprile 2021

Il santo Graal

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Il santo Graal (The Holy Blood and The Holy Grail nell'originale inglese), è un controverso saggio scritto da Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln.
Il libro venne pubblicato per la prima volta nel 1982 da Jonathan Cape a Londra, come seguito non ufficiale dei tre documentari della BBC TV, facenti parte della serie Chronicle. Il seguito del libro, L'eredità messianica ("The Messianic Legacy"), fu pubblicato nel 1987. Il lavoro originale fu ripubblicato in edizione rilegata ed illustrata nel 2005. Uno dei libri, secondo gli autori, che influenzò il progetto fu L'Or de Rennes ("L'oro di Rennes", poi ripubblicato come Le Trésor Maudit, "Il tesoro maledetto"), un libro del 1967 scritto da Gérard de Sède, con la collaborazione di Pierre Plantard.
In questo libro, gli autori avanzarono l'ipotesi che il Gesù storico sposò Maria Maddalena, ebbe uno o più figli, e che quei figli o i loro discendenti emigrarono in quella che è oggi la Francia meridionale. Ivi giunti, essi si sposarono con membri di famiglie nobili che sarebbero divenute infine la dinastia Merovingia, le cui rivendicazioni speciali al trono di Francia vengono sostenute da una società segreta chiamata Priorato di Sion.
In realtà già nel XII secolo il monaco Pièrre des Vaux-de-Cernay, riferendosi ai Catari, cristiani gnostici che vivevano nel Sud della Francia, scriveva: "Gli eretici dichiaravano che Santa Maria Maddalena era la concubina di Gesù Cristo"
L'ipotesi della linea di sangue di Gesù secondo la quale il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto una figlia da lei venne portata alla ribalta da Donovan Joyce nel suo libro del 1973 The Jesus Scroll.
In un libro del 1977, Jesus died in Kashmir: Jesus, Moses and the ten lost tribes of Israel, Andreas Faber-Kaiser esaminò la leggenda secondo cui Gesù incontrò una donna del Kashmir, la sposò ed ebbe da lei diversi figli. L'autore intervistò anche il fu Basharat Saleem il quale dichiarava di essere un discendente kashmiro di Gesù.
Michael Baigent, Richard Leigh, e Henry Lincoln affermarono:
«Il significato simbolico di Gesù è che egli è Dio esposto allo spettro delle esperienze umane - esposto alla conoscenza di prima mano di ciò che comporta essere un uomo. Ma poteva Dio, incarnato in Gesù, veramente dichiarare di essere un uomo, per comprendere lo spettro dell'esistenza umana, senza arrivare a conoscere due delle sfaccettature più basilari, più elementari della condizione umana? Poteva Dio dichiarare di conoscere la totalità dell'esistenza umana senza confrontarsi con due degli aspetti fondamentali dell'umanità come la sessualità e la paternità? Noi pensiamo di no. Di fatto, noi non pensiamo che L'Incarnazione simbolizzi veramente ciò che essa intende simbolizzare a meno che Gesù fosse sposato e avesse avuto dei figli. Il Gesù dei Vangeli, e della Cristianità istituita, è in fin dei conti incompleto - un Dio la cui incarnazione come uomo è soltanto parziale. Il Gesù che è emerso dalla nostra ricerca gode, secondo la nostra opinione, di un diritto molto più valido di quello che la Cristianità avrebbe voluto che lui fosse.»
La divulgazione del dibattuto contenuto del cosiddetto Vangelo della moglie di Gesù, avvenuta a Roma nel settembre del 2012, ha riportato alla ribalta il tema della relazione tra Gesù e Maria Maddalena. Il Vangelo della moglie di Gesù è un piccolo frammento di un antico papiro che riporta un brano in lingua copta che include le parole: "Gesù ha detto loro: 'mia moglie ...' ". Il frammento è una copia del IV secolo di ciò che si pensa essere "un vangelo scritto in greco, probabilmente nella seconda metà del II secolo."
Un bestseller internazionale fin dalla sua prima uscita, Il Santo Graal suscitò l'interesse verso un certo numero di idee correlate alla sua tesi principale. La risposta da parte degli storici e dagli studiosi professionisti nelle materie correlate fu universalmente negativa. Essi sostennero che la massa di affermazioni, antichi misteri, e teorie cospirative presentate come fatti reali sono pseudostorici. Ciononostante, queste idee furono considerate sufficientemente blasfeme perché il libro venisse bandito in alcuni paesi cattolici come le Filippine.
In una recensione al libro per The Observer, il critico letterario Anthony Burgess scrisse: "È tipico della mia anima non rigenerabile il fatto che io veda questo come un tema meraviglioso per un romanzo." Ventun'anni dopo, il tema de Il Santo Graal sarebbe stato romanzato con successo da Dan Brown nel suo romanzo del 2003 Il codice da Vinci, usando perfino i cognomi di Richard Leigh e Michael Baigent per il personaggio Leigh Teabing (il cui cognome è l'anagramma di Baigent). I tre autori querelarono Brown per plagio ma persero la causa.
Prima edizione italiana: Mondadori, Milano, 1982.

Background

Dopo aver letto Le Trésor Maudit, Henry Lincoln convinse la BBC Two, produttrice del programma televisivo storico-archeologico "Chronicle" a realizzare una serie di documentari che divennero molto popolari generando migliaia di risposte. Lincoln fuse le sue forze con quelle di Michael Baigent e Richard Leigh per ulteriori ricerche. Ciò portò questi autori a scoprire gli pseudostorici Dossiers segreti custoditi nella Bibliothèque nationale de France, i quali, benché sostenessero di descrivere centinaia di anni di storia medievale, in realtà erano stati vergati da Pierre Plantard e Philippe de Chérisey sotto lo pseudonimo di "Philippe Toscan du Plantier". Ignari del fatto che i documenti fossero falsi, Baigent, Leigh, e Lincoln li utilizzarono come fonte principale per il loro libro del 1982 Il Sacro Graal.
Paragonandosi ai reporter che avevano svelato lo scandalo Watergate, gli autori sostengono che soltanto attraverso una "sintesi speculativa è possibile discernere la sottostante continuità, la trama unificata e coerente che conduce al cuore di ogni problema storico." Per fare ciò, è necessario comprendere che "non è sufficiente limitarsi esclusivamente ai fatti reali."
Ne Il Santo Graal, Baigent, Leigh, e Lincoln presentarono i seguenti miti come fatti a sostegno delle loro ipotesi:
  • esiste una società segreta nota come Priorato di Sion, che ha una lunga storia risalente al 1099, e ha avuto una lunga serie di illustri Gran Maestri compresi Leonardo da Vinci, Victor Hugo e Jean Cocteau;
  • essa fondò i Cavalieri templari come suo braccio militare e finanziario;
  • essa ha il compito di installare la dinastia Merovingia, che governò i Franchi dal 457 al 751, sul trono di Francia e del resto d'Europa.
Gli autori reinterpretarono i Dossiers segreti alla luce del loro interesse a sminuire la lettura istituzionale della Chiesa Cattolica Romana della storia Giudeo-Cristiana. Contrariamente alle tesi iniziali franco-israelite di Plantard, secondo cui i merovingi discendevano soltanto dalla tribù di Beniamino gli autori sostengono che:
  • il Priorato di Sion protegge gli appartenenti alla dinastia Merovingia perché essi possono essere i discendenti del Gesù storico e della sua ipotetica moglie, Maria Maddalena, fatti risalire al Re Davide; e
  • la Chiesa ha cercato di eliminare i membri sopravviventi della dinastia e il loro supposti guardiani, i Catari e i Cavalieri templari, in modo che i papi potessero mantenere la cattedra episcopale attraverso la successione apostolica di San Pietro senza timore che esso venisse usurpato da un antipapa proveniente dalla successione ereditaria di Maria Maddalena.
Gli autori pertanto conclusero che gli scopi moderni del Priorato di Sion sono:
  • la rivelazione pubblica del Santo Graal - un segreto legato al tesoro perduto del Tempio di Gerusalemme - che faciliterebbe il ripristino della dinastia merovingia in Francia;
  • l'instaurazione di "Stati Uniti d'Europa" teocratici, come un intreccio di monarchie popolari, che re-istituzionalizzerebbero la cavalleria, e sarebbero unificate politicamente e religiosamente attraverso il culto imperiale di un re sacro merovingio, che occupi sia il trono d'Europa che la Santa Sede;
  • il trasferimento del governo dell'Europa e della sua sfera d'influenza al Priorato di Sion attraverso un parlamento federale.
Gli autori incorporarono altresì nel loro libro un trattatello antisemitico e anti-Massonico noto come Protocolli dei Savi di Sion, concludendo che esso si riferiva effettivamente alle attività del Priorato di Sion. Essi lo presentarono come la più persuasiva prova dell'esistenza e delle attività del Priorato affermando che:
  • il testo originale su cui la versione pubblicata dei Protocolli degli Anziani di Sion si basava non aveva nulla a che fare con la cospirazione sionista. Esso originava da una struttura massonica appartenente al Rito della Stretta Osservanza, che incorporava la parola "Sion" nel suo nome;
  • dopo un fallito tentativo di guadagnarsi l'influenza alla corte dello Zar Nicola II di Russia, Sergei Nilus modificò il testo originale per forgiare un trattatello infiammatorio nel 1903 allo scopi di screditare la cricca esoterica che gravitava intorno a Papus implicando che essi fossero cospiratori giudaico-massonici;
  • alcuni elementi Cristiani esoterici nel testo originale furono ignorati da Nilus e quindi rimasero immutati nella frottola antisemitica che lui aveva pubblicato.

Critica

Umberto Eco, nella rubrica La bustina di Minerva, ne «L'Espresso» del 23 agosto 2001, p. 166., elencando i libri che raccontano panzane sui Templari, indicava Il santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln come "il modello di fantastoria più sfacciato", affermando riguardo agli autori che "la loro malafede è così evidente che il lettore vaccinato può divertirsi come se facesse un gioco di ruolo."

mercoledì 21 aprile 2021

Pixie (folletto)

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Etimologia ed origine

L'origine del nome pixie è incerta. Alcuni pensano provenga dal dialettale svedese pyske, ovvero piccola fata; altri non concordano con questa tesi, sostenendo che data l'origine cornovalese della parola piskie, questo è probabilmente di derivazione celtica, anche se non è stato individuato l'esatto termine dal quale pixie dovrebbe derivare.
Sebbene sembra fossero presenti nella mitologia fin da prima dell'arrivo del Cristianesimo in Gran Bretagna, i pixie entrarono in questa religione con la spiegazione che erano le anime di bambini morti prima di essere battezzati.
Nel 1869 alcuni suggerirono che il nome pixie fosse una reminiscenza razzista delle tribù pitte, che usavano dipingere/tatuarsi di blu, una caratteristica spesso attribuita anche ai pixie. Sebbene questa idea sia talvolta ripresa da scrittori contemporanei, non ci sono connessioni certe e la derivazione etimologica è incerta.
Alcuni ricercatori del diciannovesimo secolo hanno elaborato altre ipotesi sulla derivazione del nome, o connesso il termine a Puck, una creatura mitologica a volte descritta come una fata, ma il nome Puck è anch'esso di origine incerta.
Fino all'avvento di racconti moderni, il mito del pixie era localizzato in Bretagna. Alcuni hanno notato alcune rassomiglianze alle "fate nordiche", le fae germaniche o scandinave, ma i pixie sono distinte da queste dai miti e dalle storie del Devon e della Cornovaglia.

Sud-Ovest Inghilterra

Prima della metà del diciannovesimo secolo, pixie e fate erano tenute in gran considerazione in Devon e Cornovaglia. I libri dedicati alle credenze locali dei contadini sono pieni di incidenti dovuti a manifestazioni di pixie. Alcune località devono il loro nome al mito dei pixie: ad esempio in Devon, vicino a Challacombe, un gruppo di rocce deve il suo nome alla credenza che i pixie abitino lì vicino. In alcune aree la credenza che pixie e fate siano creature reali è ancora presente.
Nelle leggende provenienti da Dartmoor si dice che i pixie si camuffino da mucchi di stracci per adescare i bambini. I pixies di Dartmoor sono amanti della musica e del ballo e amano cavalcare i puledri del paese. Questi pixie sono generalmente amichevoli e aiutano gli esseri umani, a volte aiutando vedove bisognose o altre nei lavori domestici. Comunque non sono totalmente benigni, in quanto hanno anche la reputazione di portare i viandanti fuori strada (e così il viandante diviene "pixy-led", ovvero "guidato da un pixie", l'unico rimedio per il quale consiste nell'indossare al contrario, con l'interno all'esterno, il proprio cappotto).
La regina dei pixie della Cornovaglia pare sia Joan the Wad ("Giovanna la Torcia"), considerata molto fortunata. Nel Devon, i pixie sono considerati "così piccoli da essere invisibili e innocui o amichevoli per l'uomo".
In alcune leggende e resoconti storici sono descritti con una statura quasi pari a quella di un umano. Per esempio, un membro della famiglia Elford a Tavistock, Devon, si nascose dalle truppe di Cromwell nella casa di un pixie. Nonostante l'entrata sia rimpicciolita col passare del tempo, la casa pixie, una caverna di formazione naturale sullo Sheep Tor, è ancora accessibile.
Si dice anche che a Buckland St. Mary, nel Somerset, i pixie abbiano combattuto contro le fate: e proprio per aver vinto ancora oggi visitano l'area, mentre le fate si dice se ne andarono per sempre dopo la loro sconfitta.
Fin dai primi anni del diciannovesimo secolo i loro contatti con gli umani sono diminuiti. Nel libro del 1824 Cornwall di Samuel Drew, troviamo questa osservazione: "L'era dei pixie, come fu quella della cavalleria, è finita. Al giorno d'oggi non ci sono molte case che si dica siano visitate da questi. Persino i campi e le strade che prima frequentavano spesso sembra siano state dimenticate. La loro musica può essere udita molto raramente."

Giornata dei Pixie

La celebrazione della Giornata dei Pixie (Pixie Day) è una vecchia tradizione che ha luogo ogni anno in giugno nella città di Ottery St. Mary, nell'East Devon. La festa si basa su una leggenda secondo la quale i pixie furono banditi dalla città a una grotta là vicino, conosciuta come 'Salone dei Pixie' (Pixie's Parlour).
La leggenda risale ai primi anni del Cristianesimo, quando il vescovo locale, avendo deciso di far costruire una chiesa a Ottery St. Mary, ordinò un set di campane dal Galles e dispose che gli strumenti musicali fossero scortati da monaci durante l'intero tragitto. Venendo a conoscenza di questa cosa, i pixie si preoccuparono molto, sapendo che le campane, una volta installate, avrebbero battuto le ultime ore del loro dominio su quelle terre. Così gettarono un incantesimo sui monaci, indirizzandoli dalla strada per Otteri a quella che portava alle scogliere di Sidmouth. Proprio quando i monaci stavano per cadere nel mare, uno dei monaci sbatté l'alluce su una roccia, ed esclamò "Dio benedica la mia anima": fu questa invocazione a rompere l'incantesimo. Le campane furono portate a Otteri e montate. In ogni caso, l'incantesimo dei pixie non fu rotto del tutto; ogni anno in un giorno di Giugno i pixie escono allo scoperto e portano le campane nella loro caverna, da dove devono essere prese dal Vicario di Ottery St. Mary. Questa leggenda è re-inscenata ogni anno dai gruppi di Lupetti e Coccinelle del paese, con una speciale ricostruzione del 'Salone dei Pixie' nella piazza del paese, mentre la vera grotta è situata lungo le rive del Fiume Otter.

Caratteristiche

I pixie sono stati descritti in molti modi diversi sia nel folklore che nei racconti.
Si dice che i pixie siano incredibilmente belli, nonostante ve ne siano alcuni che hanno apparenze strane e distorte; una specie di pixie pare abbia il carattere di un puledro, un'altra alcune caratteristiche in comune con le capre. Il modesto pixie è una creatura incompresa: spesso confusa con fate, spiriti o altre creature, è in realtà da queste molto differente. Gran parte di questa confusione può essere imputata alla Disney, che usa indifferentemente i termine 'pixie' e 'fata'. Anche Anna Eliza Bray ipotizzò che pixie e fate erano specie distinte. A parte le specie più elevate di pixie, la maggior parte può essere descritta come secca e ossuta, il cui sesso a volte è impossibile da distinguere. Il loro viso ha forma di cuore, o molto spigoloso, il loro corpo è descritto da linee dritte e hanno una corporatura tozza, specialmente quelli più affini agli alberi e alla terra, mentre i pixie dell'aria o dell'acqua paiono fragili e più effimeri. Hanno dimensioni piuttosto varie, da alcuni centimetri per gli abitanti degli alberi fino a raggiungere l'altezza di un bambino.
I pixie sono spesso poco vestiti o completamente nudi. Nel 1890, William Crossing annotò la preferenza dei pixie per parti di abiti eleganti: "Difatti, pare esista fra di loro una specie di debolezza per gli ornamenti e un pezzo di fiocco pare sia... altamente valutato da loro". ("Indeed, a sort of weakness for finery exists among them, and a piece of ribbon appears to be ... highly prized by them.") La mancanza di gusto estetico è stata presa da Rachael de Vienne, un moderno scrittore del genere fantastico, per indicare che i pixie vanno generalmente in giro nudi, sebbene capiscano l'umano bisogno di coprirsi. Nel libro di de Vienne, la protagonista, una bambina pixie, si diverte a giocare con dei fiocchi fatti da lei con la camicia del padre.
Si dice anche che alcuni pixie rubino i bambini o che portino i viaggiatori fuori strada. Queste usanze pare in origine fossero riferite alle fate e non ai pixie; nel 1850, Thomas Keightley osservò che la maggior parte della mitologia pixie potrebbe essere stata originata dai miti sulle fate. Si dice anche che i pixie ricompensino chi si cura di loro e puniscano chi si comporta male, tesi per la quale Keightley fa degli esempi. Inoltre, con la loro presenza portano benedizione su chi è affezionato a loro.
I pixie praticano l'equitazione per divertimento e annodano le criniere in grovigli inestricabili. Hanno fama di "grandi esploratori, conoscono le grotte dell'oceano, le fonti delle correnti e le insenature delle terre".
Alcuni credono che i pixie abbiano origine umana, o che "facciano parte della natura umana", al contrario delle fate la cui mitologia fa risalire a forze immateriali e spiriti maligni. In alcune discussioni i pixie sono presentati con creature senza ali e simili ai pigmei, anche se questa è probabilmente una recente aggiunta alla mitologia "classica".
Uno studente inglese prese il mito dei pixie abbastanza sul serio da affermare che "i pixie sono certamente una razza più piccola, e, dalla grande cupezza delle storie a loro proposito, credo che siano anche una razza più antica.

Interpretazioni letterarie

Molti poeti dell'epoca vittoriana concepivano i pixie come creature magiche. Un esempio è Samuel Minturn Peck: nel suo poema The Pixies, scrive:
‘Tis said their forms are tiny, yet
All human ills they can subdue,
Or with a wand or amulet
Can win a maiden's heart for you;
And many a blessing know to stew
To make to wedlock bright;
Give honour to the dainty crew,
The Pixies are abroad tonight.
La poetessa inglese del tardo novecento Nora Chesson raccoglie la mitologia pixie abbastanza bene nel poema intitolato The Pixies, dove riassume le speculazione e i miti sui pixie in versi:
Have e'er you seen the Pixies, the fold not blest or banned?
They walk upon the waters; they sail upon the land,
They make the green grass greener where'er their footsteps fall,
The wildest hind in the forest comes at their call.
They steal from bolted linneys, they milk the key at grass,
The maids are kissed a-milking, and no one hears them pass.
They flit from byre to stable and ride unbroken foals,
They seek out human lovers to win them souls.
The Pixies know no sorrow, the Pixies feel no fear,
They take no care for harvest or seedtime of the year;
Age lays no finger on them, the reaper time goes by
The Pixies, they who change not, grow old or die.
The Pixies though they love us, behold us pass away,
And are not sad for flowers they gathered yesterday,
To-day has crimson foxglove.
If purple hose-in-hose withered last night
To-morrow will have its rose.
Chesson accenna a tutte le caratteristiche basilari, includendo anche le più moderne. I pixie sono esseri "a metà", non maledetti da Dio o benedetti. Loro fanno l'imprevedibile, benedicono il territorio e sono creature della foresta che altre creature selvagge trovano affascinanti e che non spaventano. Amano gli umani, prendendone alcuni per compagni e sono quasi immortali; sono alati e volano di posto in posto.
La tradizione della "Giornata dei Pixie" nella città natale di Samuel Taylor Coleridge., Ottery St Mary, ispirò il suo poema Song of the Pixies.
La scrittrice dell'epoca vittoriana Mary Elizabeth Whitcombe divide i pixie in tribù a seconda di personalità e scopi.
Nella scrittura moderna, l'autrice fantasy Rachael de Vienne è fedele alla mitologia pixie, intrecciando numerosi elementi di questa nei suoi lavori. Altri scrittori fanno un tributo ai pixie utilizzandone il nome, sebbene spesso si distacchino dalla mitologia stessa.

In epoca moderna

Animazione

Nel film Disney, Le avventure di Peter Pan, Campanellino è descritta come una pixie, sebbene, nel racconto di J.M.Barrie su cui si basa il film, sia in realtà una fata. Nelle versioni Disney lei usa sempre la "polvere di pixie" anziché la polvere di fata presente nel racconto. Nel racconto originale di Barrie, Campanellino è tradizionalmente presentata come un puntino luminoso volante emesso da lontano. La Disney continua ad usare i termini "pixie" e "fata" in modo intercambiabile per Campanellino, e spin-off associati. In Due Fantagenitori, i pixie (tradotti nella serie come folletti), sono ottusi, indossano dei completi grigi, parlano con voce monotona, indossano cappelli a punta e, a differenza delle fate, trattano la magia come un affare e al posto delle bacchette magiche usano dei telefoni cellulari.

Curiosità

Un piccolo ma altamente ingegnoso transricettore QRP è stato chiamato Pixie in loro onore.




martedì 20 aprile 2021

Pirausta

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«Sia ne la fiamma avventuroso il core
come Pirausta entr’à fornace ardente;
che nel foco non pur non langue, ò muore,
ma da l’incendio suo tragge diletto,
e divien ne l’ardor viè più possente.»
(Isabella Andreini, Rime, Sonetto LXXXVII, vv. 10-14)



La pirausta (anche al maschile: il pirausta; dal latino pyrausta o pyraustes, che sono dal greco πυραύστης, composto di πῦρ, pŷr, "fuoco" e αὔω, aúō, "accendere"), chiamata anche pirali, piralide o pirallide (latino pyrallis) o pirigone (latino pyrigon), è una creatura leggendaria, descritta da vari autori dell'antichità e dell'era moderna. Le descrizioni, pur centrate tutte sulla preminenza del fuoco, divergono: la tradizione più diffusa vuole che la pirausta sia un insetto poco più grande di una mosca, che nel fuoco nasce e si sviluppa, osservato originariamente nelle fonderie del rame di Cipro; una posizione minore, più modestamente, le attribuisce invece i caratteri tipici di una falena: l'attrazione per le fiamme e la conseguente morte per combustione.

Riferimenti storici

Nell'antichità

Eschilo

Una delle apparizioni più antiche del termine si trova nell'opera del celebre tragediografo greco Eschilo, che dedica alla pirausta un intenso trimetro:
(GRC)
«δέδοικα μωρὸν κάρτα πυραύστου μόρον.»
(IT)
«grandemente pavento il folle fato della pirausta.»
La creatura sembra qui essere una comune falena, che, attratta dal bagliore della fiamma, vi vola incontro fino a bruciare viva. Il verso di Eschilo è ripreso da autori successivi (vedi infra), tra cui Eliano e Aldrovandi.

Aristotele

Nel libro V della sua Storia degli animali, nel considerare le modalità e i luoghi della riproduzione degli insetti, Aristotele parla di un insetto poco più grande di un moscone, dotato di zampe e ali, che si genera e vive nel fuoco. Il fuoco, distruttivo per le altre forme di vita, è essenziale per questa piccola creatura: se infatti la si rimuove dalle fiamme, essa spira.
(GRC)
«Ἐν δὲ Κύπρῳ, οὗ ἡ χαλκῖτις λίθος καίεται, ἐπὶ πολλὰς ἡμέρας ἐμβαλλόντων, ἐνταῦθα γίνεται θηρία ἐν τῷ πυρί, τῶν μεγάλων μυιῶν μικρόν τι μείζονα, ὑπόπτερα, ἃ διὰ τοῦ πυρὸς πηδᾷ καὶ βαδίζει. Ἀποθνήσκουσι δὲ καὶ οἱ σκώληκες καὶ ταῦτα χωριζόμενα τὰ μὲν τοῦ πυρός, οἱ δὲ τῆς χιόνος. Ὅτι δ´ ἐνδέχεται καὶ μὴ καίεσθαι συστάσεις τινὰς ζῴων, ἡ σαλαμάνδρα ποιεῖ φανερόν· αὕτη γάρ, ὡς φασί, διὰ τοῦ πυρὸς βαδίζουσα κατασβέννυσι τὸ πῦρ. »
(IT)
«A Cipro, nei luoghi dove fondono il minerale di rame, con mucchi del minerale accumulati giorno dopo giorno, un animale è generato nel fuoco, poco più grande di un moscone, dotato di ali, capace di saltare o zampettare nelle fiamme. E i bruchi [di cui si era parlato prima] e questi altri animali periscono quando si tolgono i primi dalla neve e i secondi dal fuoco. Ora, la salamandra è un chiaro indizio in proposito, per mostrarci che esistono animali che il fuoco non può distruggere; perché questa creatura, così si dice, non solo cammina nel fuoco ma, nel farlo, lo spegne. »
(Aristotele, Storia degli animali, libro V)

Seneca

Lucio Anneo Seneca, nelle sue Quaestiones Naturales, potrebbe dare l'impressione che tali creature siano generate dal fuoco; Aristotele tuttavia dice chiaramente ἐν τῷ πυρί, "nel fuoco", e non ἐκ τοῦ πυράς, "dal fuoco". Seneca, ragionando sulla nascita degli esseri viventi dai diversi elementi, dichiara di sfuggita:
(LA)
«[...] est ergo aliquid in aqua vitale.
De aqua dico? Ignis, qui omma consumit, quaedam creat et, quod videri non potest simile veri, tamen verum est, animalia igne generari.»
(IT)
«[...] c'è dunque nell'acqua un elemento vitale.
Nell'acqua, ho detto? Il fuoco, che tutto consuma, crea anche, e – il che non sembra vero, eppure lo è – vi sono animali generati dal fuoco.»
(Lucio Anneo Seneca, Questiones naturales, libro V, 5,2-6,1)

Plinio il vecchio

Plinio il vecchio riprende Aristotele nella sua Storia naturale, aggiungendo alcuni dettagli: la piralide è dotata di quattro zampe e le sue ali sono atte al volo:
(LA)
«Gignit aliqua et contrarium naturae elementum. Siquidem in Cypri aerariis fornacibus et medio igni maioris muscae magnitudinis volat pinnatum quadrupes; appellatur pyrallis, a quibusdam pyrotocon. Quamdiu est in igni, vivit; cum evasit longiore paulo volatu, emoritur.»
(IT)
«Alcune creature sono generate anche dall'elemento naturale contrario. Infatti nelle fonderie del rame di Cipro anche nel mezzo delle fiamme vola una creatura con le ali e quattro zampe, della taglia di una grossa mosca; è chiamata piralide, o pyrotocon da altri. Finché rimane nel fuoco essa vive; ma, quando lo lascia con un volo piuttosto lungo, muore.»
(Plinio il vecchio, Storia naturale, libro XI, 42)

Eliano

Claudio Eliano, nel suo De animalium natura, parla della pirausta e della pirigone in due passi diversi. Le due creature tuttavia non coincidono, e anzi presentano caratteri opposti. Il primo è il passo della pirigone:
(LA)
«In montibus, terra, marique nasci animalia nihil mirum; nam materia, et nutrimentum, et natura horum causa est. Ex igne vero generatos volucres exsistere nuncupatos Pyrigonos, et in eo ipso igne vivere et ali, hucque et illuc volare, hoc admirandum est. Illud item admirationem excitat, cum ex igne nutricio egrediuntur, et frigidum coelum attingunt, statim exeunt e vita. Quae autem causa sit, igne ut nascantur, contraque aere extinguantur, aliis dicendum relinquo.»
(IT)
«Non è una grande meraviglia che gli esseri viventi nascano sulle montagne, in terra e nei mari, giacché le cause sono la materia, il cibo e la natura. Ma è stupefacente che dal fuoco sorgano creature che gli uomini chiamano pirigoni, e che queste vi vivano e vi prosperino, volando avanti e indietro in esso. E, il che è la cosa più straordinaria, quando queste creature rimangono al di fuori dell'area del calore cui sono abituate, e respirano aria fredda, muoiono di colpo. Il perché queste nascano nel fuoco e muoiano nell'aria lascio che siano altri a spiegarlo.»
(Claudio Eliano, De animalium natura, libro II, 2)


Troviamo la pirausta più avanti, nel libro XII. Qui Eliano descrive una creatura del tutto differente dalla prima e simile a una comune falena, che risulta attratta dalle fiamme e ne è uccisa.
(LA)
«Pyrausta animal est, quod igitur fulgore gaudet; et ad lucernas advolat, cum flamma maxime viget, atque inde se aliquid adepturum putat: magno autem impetu in eam illapsus comburitur.»
(IT)
«La pirausta è una creatura che gode del fulgore del fuoco; e vola verso le lampade che ardono con la fiamma più intensa, e poi ci finisce dentro per la propria irruenza, e vi brucia a morte.»
(Claudio Eliano, De animalium natura, libro XII, 8)



A chiusura di questo passo Eliano cita il passo di Eschilo di cui sopra. Alcuni traduttori hanno voluto identificare questa seconda creatura con la tarma minore della cera.

Nel rinascimento

Erasmo da Rotterdam

Erasmo da Rotterdam dedica alla pirausta un paragrafo dei suoi Adagi.

Aldrovandi

Ulisse Aldrovandi, citando molti autori dell'antichità, parla della pirausta nel suo De animalibus insectis libri septem.

Nel seicento

Alexander Ross

Alexander Ross cita la pirausta in Arcana microsmi per argomentare le proprie tesi contro Thomas Browne:
(EN)
«That some mens bodies have endured the fire without pain and burning, is not more strange then true; which may be done three manners of ways: [...] 3. The body is made sometimes to resist fire by natural means, as by unguents; [...] The Salamander also liveth sometimes in the fire, though not so long as some have thought. Pyraustæ are gendred in the fire; So Aristotle and Scaliger
(IT)
«Che alcuni corpi abbiano sopportato il fuoco senza soffrire né bruciarsi, non è più strano che vero; la qual cosa può essere fatta in tre diversi modi: [...] 3. Il corpo è reso in quei momenti resistente al fuoco per vie naturali, come per mezzo di unguenti; [...] Anche la salamandra vive a volte nel fuoco, per quanto non a lungo come taluni hanno creduto. Le pirauste si generano nel fuoco; così [dicono] Aristotele e Scaligero.»
(Alexander Ross, Arcana Microcosmi, libro II, capitolo 1, 1)


Influenza culturale

Letteratura italiana

La pirausta, in entrambe le sue caratterizzazioni, ricorre nell'uso poetico e letterario italiano, in particolare nel periodo barocco. Nel linguaggio mistico, la pirausta è spesso immagine dell'anima che anela all'Empireo o vi è immersa.
Tra gli autori che parlano della pirausta come creatura che vive nel fuoco sono Isabella Andreini nel suo Sonetto LXXXVII, Giovan Battista Marino nel poema L'Adone, Giovanni Battista Andreini ne L'olivastro, overo il poeta sfortunato, Francesco Fulvio Frugoni ne Il cane di Diogene, Annibale Marchetti in Iddio rintracciato per le sue orme, Giovanni Rho in Della Santissima Eucaristia, Tommaso Campanella in Del senso delle cose.
La pirausta è invece nominata come creatura attratta e uccisa dalle fiamme da Giacinto Maria Anti.

Descrizioni moderne

Lo zoologo Karl Shuker, nel suo Draghi: una storia naturale, fornisce una descrizione più dettagliata della piralide:
«Questo eccezionale animale, non più grande di una grossa mosca, somigliava a un insetto con quattro zampe, corpo di colore bronzo brunito e ali dorate. La testa, però, era quella di un drago.»
L'autore tuttavia non precisa da quale fonte siano tratte queste informazioni.




 
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