venerdì 30 aprile 2021

Alectromanzia

 


L'alettromanzia (chiamata anche alectoromanzia o alectromanzia; la derivazione deriva dalle parole greche ἀλεκτρυών alectryon e μαντεία manteia, che significano rispettivamente gallo e divinazione) è una forma di divinazione in cui l'indovino osserva un uccello, diversi uccelli o, più preferibilmente, un gallo bianco o il galletto che becca il grano (come il grano) che il rabdomante ha sparso per terra. Era responsabilità del pullulariusper nutrire e mantenere gli uccelli utilizzati. L'osservatore può posizionare il grano sotto forma di lettere e quindi discernere una rivelazione divinatoria notando quali lettere gli uccelli beccano, oppure l'indovino può semplicemente interpretare il modello lasciato dagli uccelli che beccano il grano sparso a caso.

In un'altra versione, l'osservatore lega l'uccello al centro di un cerchio, attorno al cui perimetro è segnato l'alfabeto, con un pezzo di grano ad ogni lettera. Per ogni chicco che l'uccello becca, l'osservatore annota la lettera che quel chicco rappresenta. L'osservatore sostituisce anche ogni chicco mentre l'uccello lo mangia, in modo che le lettere possano essere ripetute. La sequenza di lettere registrate conterrà presumibilmente un messaggio.

Questa forma di divinazione è collegata a Ouija, dalla selezione casuale di lettere; alla giromanzia, mediante la selezione casuale di lettere da un cerchio attorno al rabdomante stesso; e all'orniscopia, la divinazione mediante i movimenti degli uccelli.

Alectryomanzia è anche sacrificare un gallo sacro. L'uso del gallo sacro attraverso l'alectryomanzia può essere ulteriormente compreso all'interno di quel carattere religioso e allo stesso modo definito come combattimento di galli o combattimento di galli con l'intento di comunicazione tra gli dei e l'uomo.

I galli erano comunemente usati per le previsioni in diverse parti del mondo e nel corso dei secoli sono stati usati metodi diversi. La forma più comune e popolare di questa divinazione basata sull'osservazione di un gallo che mangia mais sparso sulle lettere. Questa pratica veniva usata quando il sole o la luna erano in Ariete o Leone. Un cerchio di lettere (originariamente in numero di ventiquattro, poiché j, v sono uguali a i, u) è stato tracciato sul terreno e disposto con una sorta di grano posto su ciascuna lettera. Successivamente un gallo, solitamente bianco, veniva lasciato cogliere i chicchi, selezionando così le lettere per creare un messaggio o segno divinatorio. Le lettere scelte possono essere lette in ordine di selezione o riorganizzate per formare un anagramma. A volte i lettori ricevevano 2 o 3 lettere e le interpretavano. Grani aggiuntivi sostituirono quelli presi dal gallo. Non sappiamo esattamente quanto tempo fa fosse stata praticata questa forma di arti mantiche, ma possiamo farla risalire almeno al 300 d.C. con testimonianze fornite da Iamlicus, un filosofo neoplatonico siriano di origine araba. Secondo la leggenda, il mago Giamblico usò quest'arte per scoprire la persona che avrebbe dovuto succedere a Valente Cesare nell'impero, ma l'uccello raccogliendo quattro dei grani, quelli che si trovavano sulle lettere "T heo", lasciò incerto se Teodosio, Theodotus, Theodorus o Theodectes, era la persona designata. Valente, tuttavia, apprendendo ciò che era stato fatto, mise a morte diversi individui i cui nomi cominciavano sfortunatamente con quelle lettere.

In Africa, una gallina nera o di un gallo da combattimento è usato, che all'interno di una pratica così religiosa e la fede "di prevedere, di essere ispirato da un dio" possono essere indicati con precisione come una sacra gallo o vaso sacro. Un indovino africano sparge il grano sul terreno e quando l'uccello ha finito di mangiare, il veggente interpreta i disegni o modelli lasciati sul terreno.

Un altro metodo di alectryomanzia, presumibilmente usato meno spesso, era basato sulla recitazione delle lettere dell'alfabeto annotando quelle alle quali un gallo canta. Le lettere furono registrate in sequenza e poi queste lettere furono interpretate come la risposta alla domanda scelta dai veggenti.

L'alectryomanzia faceva parte di una tradizione profondamente radicata tra i romani, dove il pollo è usato per ogni sorta di divinazione con la convinzione che l'animale sia un indovino. Per questo motivo, il pollo ha avuto un posto di rilievo nelle politiche pubbliche poiché nessuna decisione importante è stata presa senza utilizzare l'animale nei riti di divinazione. A parte l'alectryomanzia, il pollo era anche usato per indovinare il futuro con indovini addestrati a leggere i significati negli organi, piume, pelle, carne e ossa dell'uccello.

I rituali di divinazione del pollo romano erano complessi e condotti con uno straordinario livello di organizzazione senza pari tra le antiche civiltà che condividevano la stessa pratica. Una delle prime forme fu sviluppata dagli Etruschi, che stabilirono un elaborato rituale di elettromanzia usando una gallina per trovare risposte ai problemi più urgenti della vita. Il processo prevedeva un cerchio, che era diviso in venti parti per rappresentare l'alfabeto etrusco e ogni settore era cosparso di mais. L'uccello viene posto al centro e viene registrata la sequenza del suo beccare. Nello specifico, l'alectryomanzia era usata nell'antica Roma per identificare i ladri.

Un significato raro e obsoleto di alectryomanzia è "una divinazione da una pietra di gallo". Una pietra di gallo o alectoria era "una pietra di tutti i colori (grande come un faro) trovata nella Gyzerne, o fauci di alcuni galli" (Cotgrave). Queste pietre, presumibilmente trovate nel raccolto di un gallo, erano note ai romani (in latino erano chiamate alectoria gemma , letteralmente "gemma del gallo") e venivano attribuite con poteri magici. Apparentemente, sono stati usati per una sorta di divinazione litomantica, anche se i dettagli di questo uso non si possono trovare.







giovedì 29 aprile 2021

Androide

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L'androide è un essere artificiale, un robot, con sembianze umane, presente soprattutto nell'immaginario fantascientifico. In taluni casi l'androide può risultare indistinguibile dall'essere umano. Differisce dal cyborg, il quale è costituito da parti biologiche oltre che artificiali.
Il termine deriva da ἀνδρός andrós, il genitivo del greco antico ανήρ anēr, che significa «uomo», e il suffisso -οειδής -oidēs, da -ειδής -eidēs, usato per significare «della specie; simile», da εἶδος eidos «aspetto». Il termine è menzionato per la prima volta da Alberto Magno nel 1270 e fu reso popolare dallo scrittore francese Villiers nel suo romanzo del 1886 Eva futura; il termine «android» appariva comunque nei brevetti statunitensi già nel 1863 in riferimento ad automi giocattolo in miniatura con fattezze umane.
Il corrispettivo femminile del termine androide è l'assai poco frequente «ginoide», dal greco γυνή ghinē «donna».

Precursori nei miti e nelle leggende

L'idea di persone artificiali è rintracciabile fin dalle storie della mitologia greca. Cadmo seppellì dei denti di drago che si trasformarono in soldati; secondo il mito, re Pigmalione si innamorò di una statua che rappresentava una donna ideale, Galatea; chiese allora ad Afrodite di donare la vita alla statua, e sposò la donna.
Nella mitologia classica, il deforme dio del metallo Efesto (o Vulcano) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate a più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà.
La leggenda ebraica ci parla del Golem, una statua di argilla, animata dalla magia cabalistica. Nell'estremo Nord canadese e nella Groenlandia occidentale, le leggende inuit raccontano del Tupilaq, che può essere creato da uno stregone per dare la caccia e uccidere un nemico. Usare un Tupilaq per questo scopo può essere un'arma a doppio taglio, in quanto una vittima abbastanza ferrata in stregoneria può fermare un Tupilaq e «riprogrammarlo» per cercare e distruggere il suo creatore.
Il termine androide è menzionato per la prima volta nel 1270 dal filosofo, teologo e scienziato Alberto Magno, che lo usò per definire esseri viventi creati dall'uomo per via alchemica. Una leggenda vuole Alberto Magno costruttore di un vero e proprio androide di metallo, legno, cera, vetro, cuoio, con il dono della parola, che avrebbe dovuto svolgere la funzione di servitore presso il monastero domenicano di Colonia.
Nel XVI secolo i trattati di alchimia fornivano indicazioni per costruire un essere artificiale: l'homunculus.

Storia

La prima vera tecnologia degli automi meccanici si può far risalire al medioevo, quando si cominciano a costruire le prime figure mobili che arricchivano i campanili e gli orologi delle chiese.
Il primo progetto documentato di un androide è firmato da Leonardo da Vinci e risale al 1495 circa: appunti riscoperti negli anni cinquanta nel codice Atlantico e in piccoli taccuini tascabili databili intorno al 1495-1497 mostrano disegni dettagliati per un cavaliere meccanico in armatura, che era apparentemente in grado di alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere testa e mascella. L'automa cavaliere di Leonardo era probabilmente previsto per animare una delle feste alla corte sforzesca di Milano, tuttavia non è dato sapere se fu realizzato o no.
La fine del XVIII secolo e il XIX secolo vede fiorire la moda degli automi meccanici, concepiti soprattutto come sofisticati giocattoli, ma talvolta assai perfezionati.
Il primo androide funzionante conosciuto venne creato nel 1738 da Jacques de Vaucanson, che fabbricò un automa che suonava il flauto, così come un'anatra meccanica che, secondo le testimonianze, mangiava e defecava.
Alla fine del Settecento a un inventore ungherese, il barone Wolfgang Von Kempelen, fu attribuita l'ideazione di un automa in grado di giocare a scacchi, Il Turco, poi rivelatosi (nel 1857) un elaborato imbroglio. Tra il 1770 e il 1773 due inventori, Pierre e Henri-Louis Jaquet-Droz, costruirono tre sorprendenti automi: uno scrivano, un disegnatore e un musicista (ancora funzionanti, si trovano nel Musée d'Art et d'Histoire di Neuchâtel in Svizzera).
La moderna tecnologia della robotica vede attualmente la costruzione soprattutto di macchine estremamente specializzate per uso industriale, totalmente prive di aspetto umano, che risulterebbe d'intralcio e, secondo alcuni, potrebbe comportare dei problemi a livello psicologico e sindacale. La costruzione degli androidi rimane dunque, soprattutto, una curiosità per tutto il XX secolo, anche se il successo commerciale dei cani robot, specie in Giappone, ha permesso ad alcuni di supporne un ipotetico sviluppo futuro.



Gli androidi nella letteratura

Una volta che la tecnologia avanzò al punto che la gente intravedeva delle creature meccaniche come qualcosa più che dei giocattoli, la risposta letteraria al concetto di essere artificiale rifletté le paure che gli esseri umani avrebbero potuto essere rimpiazzati dalle loro stesse creazioni intelligenti.
Nella letteratura il primo classico riferito alla creazione di un essere umano artificiale è in genere considerato il romanzo Frankenstein (1818) di Mary Wollstonecraft Shelley, che spesso è anche citato come la prima opera di fantascienza. La creatura del dottor Frankenstein era assemblata con parti di cadaveri, utilizzando per infonderle la vita una strumentazione scientifica (non si tratta dunque di un automa meccanico, ma piuttosto di quello che molti anni dopo sarebbe stato definito un cyborg).
Il racconto di E.T.A. Hoffmann L'uomo della sabbia (1815) narra l'amore tra un uomo e una bambola meccanica; nel romanzo breve La storia filosofica dei secoli futuri (1860) Ippolito Nievo indicò l'invenzione dei robot (da lui chiamati «omuncoli», «uomini di seconda mano» o «esseri ausiliari») come l'invenzione più notevole della storia dell'umanità, e in Steam Man of the Prairies (1865) Edward S. Ellis espresse la fascinazione americana per l'industrializzazione. Giunse un'ondata di storie su automi umanoidi, che culminò nell'Uomo elettrico di Luis Senarens, nel 1885.
Il primo a utilizzare il termine androide in un romanzo fu però il francese Mathias Villiers de l'Isle-Adam (1838-1889) nella sua opera più celebre, Eva futura (L'Ève future, 1886), nel quale il protagonista è addirittura Thomas Edison, il quale inventa una donna artificiale quasi perfetta.
Impossibile non citare il racconto dell'italiano Carlo Collodi del 1883, Le avventure di Pinocchio, in cui un bambino di legno prende vita. La storia, pur utilizzando elementi fiabeschi piuttosto che fantascientifici, contiene i temi fondamentali dei successivi racconti sugli androidi.
Un precursore del moderno androide è da molti considerato il Golem, la temibile creatura protagonista di una vecchia leggenda del ghetto ebraico di Praga. In questo caso si tratta di una statua d'argilla che prende vita grazie alla magia cabalistica e non alla tecnologia scientifica. Una versione più moderna del Golem lo vede però costruito come una specie di androide, nella novella di U.D. Horn (Der Rabby von Prag, 1842) e nel libretto di F. Hebbel per il dramma musicale di Arthur Rubinstein Ein Steinwurf (1858): il Golem viene qui rappresentato come un uomo-macchina di legno con un meccanismo a orologeria dentro la testa. La leggenda del Golem viene infine ripresa e resa famosa dal romanzo Il Golem (Der Golem) del 1915 dello scrittore e occultista praghese Gustav Meyrink.
Nel dramma R.U.R. (Rossum's Universal Robots) (1920) del ceco Karel Čapek appaiono uomini artificiali completamente organici, utilizzati come forza lavoro a basso costo. L'opera è famosa per avere introdotto il termine robot, nonostante non si tratti di esseri meccanici ma di veri e propri «uomini artificiali». La procedura di costruzione degli androidi di Rossum comprende macchine per impastare e tini per il trattamento di protoplasma chimico. Quando il dramma di Čapek introdusse il concetto di una catena di montaggio operata da robot che costruivano altri robot, il tema prese delle sfumature politiche e filosofiche, ulteriormente disseminate da film classici come Metropolis (1927), il popolare Guerre stellari (1977), Blade Runner (1982) e Terminator (1984).
Tra il 1940 e il 1941 Isaac Asimov, con la collaborazione dell'editore John W. Campbell, elabora le tre leggi della robotica, divenute un punto fermo della narrativa sui robot. Nel 1976 Asimov scrive L'uomo bicentenario, la storia di un robot che vuole diventare umano a tal punto da fare ciò che differenzia gli esseri umani dai robot: morire. Pur avendo inserito numerosissimi robot antropomorfi nella sua sterminata produzione di racconti e romanzi (il più famoso dei quali è R. Daneel Olivaw), Asimov tuttavia non usa in genere il termine «androide», reso popolare solo negli anni cinquanta quando apparve in alcuni racconti di Jack Williamson.
Uno degli autori di fantascienza che fanno maggior uso degli androidi è stato Philip K. Dick il quale, scarsamente interessato agli aspetti strettamente tecnico-scientifici, li utilizzava soprattutto come sostituti robotici degli uomini e dunque inquietanti simboli, rispecchiamento/rovescio dell'essere umano, definendoli spesso simulacri. Dal romanzo di Dick Cacciatore di androidi è tratto il film Blade Runner, che presenta un vivido ritratto di replicanti che aspirano a quella vita umana loro ineluttabilmente negata.
Marvin l'androide paranoico è uno dei personaggi principali della Guida galattica per gli autostoppisti, serie di fantascienza umoristica di Douglas Adams.




mercoledì 28 aprile 2021

Triangolo di Bennington

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"Triangolo di Bennington" ("Bennington Triangle") è stato un termine coniato dall'autore Joseph A. Citro nel corso di una trasmissione radiofonica nel 1992 e a cui si riferiva a un'area del Sud-Ovest del Vermont entro la quale, a suo dire, sarebbe scomparso un buon numero di persone in circostanze misteriose nell'arco di un trentennio tra gli anni venti e gli anni cinquanta.
Citro pubblicò due libri sull'argomento riportando casi di sparizioni, avvistamenti e fenomeni strani e possibili conclusioni, facendo un parallelo anche col triangolo di Bridgewater nel Massachusetts.
Citro sostenne che le supposte sparizioni in particolare ruotano attorno alla Glastenbury Mountain che storicamente e tradizionalmente appartiene ai racconti locali dei nativi americani, ma altre aree incluse nel triangolo erano: Bennington, Woodford, Shaftsbury e Somerset. Glastenbury e Somerset furono fondate come centri industriali negli anni dei primi pionieri ma nel XIX secolo iniziò un lento declino che portò alla spopolazione delle città fino al completo abbandono. Oggi le due località sono essenzialmente delle città fantasma e da un atto legislativo del 1937 rientrano come aree non incorporate.

La scomparsa di Paula Jean Welden

La scomparsa della studentessa Paula Jean Welden è molto probabilmente uno dei casi irrisolti più noti del triangolo di Bennington e uno dei più controversi. Nata nel 1928 e iscritta al Bennington College, il 1º dicembre 1946 si allontanò per un'escursione al Vermont's Long Trail e non fece più ritorno.
Nonostante per le ricerche fossero state impiegate centinaia di volontari in assistenza alle forze dell'ordine locali, il corpo di Paula Welden non fu mai ritrovato e la sua scomparsa provocò un acceso dibattito circa l'effettiva funzione dei mezzi di lavoro usati dalla polizia nel corso delle indagini. A fornire assistenza alle autorità del posto fu chiamata la Polizia di Stato del Connecticut, ma anch'essa concluse le ricerche con un nulla di fatto.

Folclore

Nei racconti dei nativi americani si parla di creature mostruose abitanti nei boschi e di uomini selvaggi che avrebbero abitato la zona da tempi antichi. Glastenbury in particolare è tradizionalmente considerata come "area maledetta" dagli indiani d'America.

martedì 27 aprile 2021

Starchild

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Starchild (in italiano "bimbo delle stelle") è il nome assegnato a un cranio deforme, scoperto intorno al 1930 da una ragazzina messicana in una miniera abbandonata accanto ai resti di una donna umana adulta.
Il suo nome si deve a Lloyd Pye, scrittore statunitense appartenente alla corrente da lui stesso definita "conoscenza alternativa" (alternative knowledge), il quale attribuirebbe le caratteristiche anomale del teschio a mutazioni genetiche dovute ad un ibrido alieno-umano, non negando anche una probabile origine totalmente extraterrestre. Studi scientifici hanno successivamente dimostrato l'impossibilità della veridicità di questa ipotesi.

Ritrovamento

Lo scrittore statunitense Lloyd Pye venne a conoscenza del teschio dalla coppia di sposi Ray e Melanie Young, nella città di El Paso (Texas), che glielo avrebbero successivamente affidato nel febbraio 1999. Nello stesso anno i coniugi Young fondarono un'associazione senza scopo di lucro denominata The Starchild Project.
Gli Young testimoniarono d'esser entrati in possesso del reperto intorno al 1930 tramite una ragazzina messicana di 13-15 anni che, a sua volta, disse di aver ritrovato il teschio mentre giocava in una miniera abbandonata a circa 160 km a sud-ovest dalla città di Chihuahua. Secondo le testimonianze riportate, il teschio giaceva accanto a uno scheletro umano supino, successivamente rinvenuto e analizzato, appartenuto probabilmente a una donna amerinda morta a un'età stimata fra i 20 e i 30 anni.

Caratteristiche

Il teschio fu sottoposto nel 2000 alla datazione con il carbonio-14, grazie al quale fu stabilita l'età di circa 900 anni. Fu inoltre sottoposto ad analisi a raggi X, al microscopio atomico e TAC. Le analisi chimiche confermarono che il teschio è composto principalmente da idrossiapatite di calcio, cioè il materiale del quale è composto un normale cranio od osso umano.
In base alle analisi effettuate sulla mascella destra superiore, pare che il cranio fosse appartenuto a un bambino di età compresa tra i 4 e i 5 anni; tuttavia il volume cerebrale ammonta a 1600 cm³, ovvero a 200 cm³ in più rispetto alla media di un cervello umano adulto e 400 cm³ in più di un adulto con un cranio della stessa grandezza.
Il teschio presenta diverse evidenti anomalie morfologiche rispetto a un normale umano:
  • l'area parietale sporge da entrambi i lati delle orbite senza alcuna traccia di tempie normali;
  • le cavità oculari sono troppo poco profonde rispetto alla norma;
  • le orbite sono ovali e completamente cave;
  • i canali del nervo ottico sono deviati in basso e in dentro in modo da rendere molto inverosimile la mobilità del normale bulbo oculare;
  • l'attaccatura del collo è in posizione anomala;
  • i seni paranasali frontali sono assenti e la superficie è regolare dalle arcate sopraccigliari fino all'inizio del setto nasale.
Tali caratteristiche indicano che il bambino era affetto da deformazioni congenite del cranio. Secondo Steven Novella, il bambino soffriva di idrocefalo non curato. Adelina Chow, avvalendosi del parere di medici specializzati, ha concluso che "Starchild" "soffriva di vari difetti umani congeniti" che avevano causato una pronunciata brachicefalia e un'anomalia della sutura frontale.
Sul cranio fu eseguita un'analisi del DNA al BOLD di Vancouver nel 1999. Tale esame mostrò la presenza di cromosomi X e Y, confermando quindi che "Starchild" era un bambino di sesso maschile. Un successivo esame del DNA mitocondriale eseguito nel 2003, l'anno della scoperta della mappatura completa del genoma umano ai laboratori della Trace Genetics indicò che Starchild e il cranio della donna ritrovata accanto a lui nella miniera messicana appartenevano a diversi aplogruppi amerindi e quindi la donna non poteva esserne la madre.

Starchild nella pseudoscienza

Sulle caratteristiche inconsuete del cranio sono state fatte anche speculazioni pseudoscientifiche. Lloyd Pye, ravvisando una somiglianza tra la forma del cranio dello "Starchild" e quella attribuita agli alieni Grigi, sostiene che "Starchild" fosse un ibrido umano-alieno. Pye e chi segue la sua tesi rammentano che l'esame del DNA mitocondriale del 2003 non è riuscita a estrarre il DNA nucleare e che quindi, a loro dire, questo invaliderebbe il test eseguito nel 1999. Tale affermazione manca però di fondamento: ovviamente il fatto che tale esame non dia informazioni sulla paternità non significa che la paternità umana sia esclusa, fatto anzi palese poiché l'esame del DNA del 1999 ha individuato entrambi i cromosomi umani X e Y.
Nel 2011 alcuni tabloid riportarono la notizia secondo la quale alcuni non meglio identificati genetisti avrebbero rivelato che il DNA materno dello Starchild presenterebbe maggiori differenze rispetto al DNA umano rispetto a quanto possa avvenire normalmente e che da ciò si dedurrebbe che lo Starchild avrebbe origine aliena. Tale notizia riportata dai media non trova riscontro in ambito scientifico.

lunedì 26 aprile 2021

Necronomicon

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Il Necronomicon è uno pseudobiblium, cioè un libro mai scritto ma citato come se fosse vero in libri realmente esistenti. Il Necronomicon, infatti, è un espediente letterario creato dallo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft per dare verosimiglianza ai propri racconti, che diventò gradualmente un gioco intellettuale quando anche altri scrittori cominciarono a citarlo nei loro racconti di genere horror o fantascientifico. Lo stesso Lovecraft fu quasi costretto, a un certo punto, a confessare che il Necronomicon era una sua invenzione quando si accorse che troppi suoi lettori lo avevano preso sul serio; ed anche oggi non mancano persone che credono alla reale esistenza del Necronomicon.
Secondo Lovecraft, il Necronomicon (in arabo: Al Azif) sarebbe un testo di magia nera redatto dall'"arabo pazzo" Abdul Alhazred, vissuto nello Yemen nell'VIII secolo e morto a Damasco in circostanze misteriose: Lovecraft immagina che fosse stato fatto a pezzi in pieno giorno da un essere invisibile. Il nome Alhazred sarebbe un raffinato gioco di parole costruito sul significato nascosto dell'inglese "all has read", ovvero "ha letto tutto".

Etimologia

In una lettera Lovecraft sostiene che il titolo, apparsogli in sogno, significa La descrizione delle Leggi dei Morti (o che governano i Morti), significato derivato dalle parole greche nekros (cadavere), nomos (legge) ed eikon (immagine, descrizione). La traduzione più comune è, invece, Libro dei Nomi dei Morti, perché fanno derivare il secondo segmento del titolo dal greco onoma (nome, titolo di libro).
Altre ipotesi sono Le consuetudini dei Morti (da nomos = legge, uso, costume) oppure Guida alla terra dei Morti (da nom- = spazio, distretto, regione) oppure ancora Il Libro del Legislatore Morto (da nomikos = legislatore).
Secondo August Derleth, amico ed editore di Lovecraft, il nome Necronomicon fu ricalcato dallo scrittore sul titolo degli Astronomicon Libri del poeta romano di età augustea Marco Manilio, per cui il significato sarebbe Libro che riguarda la Morte.

Storia fittizia ideata dall'autore

«La notte s'apre sull'orlo dell'abisso. Le porte dell'inferno sono chiuse: a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all'umanità: ecco le chiavi. Cerca le serrature; sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred: per primo io le ho trovate: e sono pazzo.»
(dalla prefazione al Necronomicon.)



Secondo Lovecraft il titolo originale dell'opera è Al Azif, un termine arabo che sarebbe usato per indicare i suoni notturni prodotti da certi insetti, ma che la tradizione popolare identifica con il linguaggio dei demoni.
L'autore di questo libro sarebbe un certo Abdul Alhazred, un poeta pazzo di San'a, nello Yemen, probabilmente vissuto nel periodo omayyade (VII-VIII secolo) e che passò gli ultimi anni di vita a Damasco, dove scrisse il libro, intorno al 730, e dove morì, nel 738, in circostanze misteriose. Il libro conterrebbe un racconto mitologico sui Grandi Antichi, la loro storia e i metodi per invocarli. Del libro fu fatta una traduzione in greco ad opera di Teodoro Fileta (responsabile anche del nome greco Necronomicon), forse un monaco ortodosso di Costantinopoli, nel 950 e una in latino ad opera del danese Olaus Wormius nel 1228 (in realtà, il vero Olaus Wormius/Ole Worm è vissuto tra il XVI e il XVII secolo), il quale annota nella prefazione come l'originale arabo fosse già considerato perduto ai suoi tempi.
La versione latina fu stampata due volte: una prima volta in caratteri gotici, presumibilmente in Germania, nel XV secolo; una seconda volta nel XVII secolo, probabilmente in Spagna. Il mago elisabettiano John Dee e il suo assistente Edward Kelley entrarono in possesso di una copia del Necronomicon a Praga, durante una visita all'imperatore "occultista" Rodolfo II e si ritiene che ne abbiano fatto una traduzione in inglese, della quale rimangono solo alcuni frammenti. Sembra che già dal medioevo il libro fosse stato messo all'indice dalla Chiesa cristiana e poi, via via, da tutte le religioni organizzate del mondo.

Cronologia

  • 730 - Abdul Alhazred scrive a Damasco il libro Al Azif.
  • 950 - Teodoro Fileta a Costantinopoli traduce in greco Al Azif con il titolo Necronomicon.
  • 1050 - Il Patriarca Michele ordina la distruzione delle copie tradotte in greco. Il testo arabo originale sparisce.
  • 1070 - Teofilatto traduce di nuovo in greco Al Azif.
  • 1228 - Olaus Wormius traduce in latino il testo in greco del Necronomicon.
  • 1232 - Papa Gregorio IX ordina la distruzione delle copie in greco e latino del Necronomicon.
  • XV secolo - Edizione tedesca in caratteri gotici della traduzione latina.
  • 1472 - Edizione di Lione (Francia) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • 1550 - Edizione italiana del testo in greco.
  • 1580 o 1586 - Traduzione inglese del Necronomicon latino, frammentaria e mai stampata, ad opera di John Dee e Edward Kelly.
  • 1598 - Altra versione inglese del Necronomicon latino, ad opera del barone Federico I del Sussex che la intitola Cultus Maleficarum, meglio nota come Manoscritto del Sussex.
  • 1622 - Edizione spagnola della traduzione latina.

Storia nel mondo reale

C'è incertezza su quale possa essere stata la fonte ispiratrice di Lovecraft per la creazione del Necronomicon. Secondo Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco sarebbe stata la Chiave di Salomone, un celebre grimorio che l'autore di Providence avrebbe conosciuto attraverso Ceremonial Magic, un libro di Arthur Edward Waite del 1898, mentre secondo lo studioso statunitense Roger Bryant il Necronomicon sarebbe un adattamento del Picatrix, un testo arabo di magia del XII secolo. Per Domenico Cammarota, invece, il Picatrix non può essere la fonte del Necronomicon perché non è un testo di magia, ma di alchimia e di erboristeria. Lovecraft, però, si sarebbe ispirato al suo autore, l'alchimista iracheno ‘Abd al-Latīf, per creare la figura di Abdul Alhazred.
Il libro cominciò ad uscire dalla finzione letteraria per entrare nel mondo reale nel 1941, quando un antiquario di New York, Philip Duchesne, mise nel proprio catalogo un riferimento al Necronomicon, di cui forniva la descrizione e fissava il prezzo a 900 dollari. Nel 1953 il giornalista Arthur Scott, in un articolo sul mensile statunitense Sir!, sostenne che il Necronomicon fosse scritto su fogli di pelle umana prelevata da persone uccise con fatture stregonesche.
Da quel momento si moltiplicano i riferimenti al Necronomicon sui bollettini dei bibliofili e perfino nel catalogo della Biblioteca Centrale dell'Università della California. Alla fine degli anni sessanta Lyon Sprague De Camp, durante un viaggio in Asia, acquista uno strano manoscritto proveniente da un villaggio del nord dell'Iraq e al ritorno lo fa esaminare da alcuni esperti americani che però lo avvertono che il testo è una sequenza di segni priva di significato, che cerca di assomigliare al persiano e che risale al XIX secolo: un imbroglio, insomma. Sprague De Camp decide comunque di pubblicarlo in facsimile, raccontando la vicenda e facendolo passare per il Necronomicon, aggiungendo particolari inquietanti per rendere il tutto verosimile.
Negli anni settanta Colin Wilson sostiene che Lovecraft mentiva quando affermava che il Necronomicon non esiste, per coprire le responsabilità del padre, affiliato alla massoneria egiziana fondata da Cagliostro e possessore di una copia del Necronomicon (probabilmente, nella traduzione inglese effettuata da John Dee).
Roberto Volterri sostiene che il Necronomicon non sia del tutto un'invenzione letteraria di Lovecraft, ma che abbia tratto spunto da informazioni avute da Sonia Greene, già discepola di Aleister Crowley, per pochi anni consorte del "Solitario di Providence".

Copie conosciute

È stato possibile stilare un elenco delle copie conosciute del Necronomicon (nella finzione letteraria, ovviamente) in base alle tracce fornite nei loro racconti dai seguenti scrittori: Bergier, Derleth, Di Tillio, Edwards, Elliott, Hamblin, Herber, Kuttner, Lovecraft, Lumley, Schorer, Willis, Wilson.
  • Una copia, unica al mondo, dell'edizione originale araba, si dovrebbe trovare nella biblioteca della grande lamaseria della Città Senza Nome, in Mongolia.
  • Bibliotèque nationale di Parigi, Francia. Edizione spagnola (Madrid, 1630 circa) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Museo Egizio del Cairo, Egitto. Edizione italiana (Roma, 1550 circa) della versione greca di Teodoro Fileta.
  • Chiesa della Saggezza Stellare di Providence, Rhode Island, USA. Edizione del XVII secolo (incerto se si tratti della edizione tedesca o spagnola) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Field Museum, Chicago, Illinois, USA. Copia in lingua ed edizione ignote.
  • Widener Library, Harvard University, Cambridge, Massachusetts, USA. Edizione spagnola (Madrid, 1630 circa) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Kester Library, Salem, Massachusetts, USA. Edizione tedesca in caratteri gotici (Norimberga, fine XV secolo) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Magyar Tudomanyos Akademia Orientalisztikai Kozlemenyei, Budapest, Ungheria. Copia manoscritta dell'originale arabo Al-Azif (dispersa)
  • Miskatonic University, Arkham, Massachusetts, USA. Edizione spagnola completa (Madrid, 1630 circa) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Miskatonic University, Arkham, Massachusetts, USA. Manoscritto parziale in inglese intitolato Al-Azif, appartenuto fino al 1924 ad Ambrose Dewart.
  • Miskatonic University, Arkham, Massachusetts, USA. Copia frammentaria della traduzione di John Dee appartenuta alla famiglia Whateley fino al 1928.
  • British Museum, Londra, Regno Unito. Edizione tedesca in caratteri gotici (Norimberga, fine XV secolo) della traduzione latina di Olaus Wormius, con traduzione in inglese ad opera di Henrietta Montague.
  • San Marcos University, Lima, Perù. Edizione italiana (Roma, 1550 circa) della traduzione in greco di Teodoro Fileta.
  • Università di Buenos Aires, Argentina. Edizione spagnola (Madrid, 1630 circa) della traduzione in latino di Olaus Wormius.
  • Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano. Edizione tedesca in caratteri gotici (Norimberga, fine XV secolo) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano. Manoscritto greco attribuito a Michele Psello ma in realtà traduzione di Teofilatto di Al Azif.
  • Zebulon Pharr Collection, Costa Occidentale degli USA. Copia non identificata della traduzione in latino.
  • Biblioteca Centrale dell'Università della California, Los Angeles, USA. Edizione spagnola (Toledo, 1647) della traduzione latina di Olaus Wormius.
  • Biblioteca Pio XII, Università di Saint Louis, Louisiana, USA. Microfilm della edizione tedesca in caratteri gotici (Norimberga, fine XV secolo) della traduzione latina di Olaus Wormius, conservata presso la Biblioteca Vaticana.



domenica 25 aprile 2021

Scienza di confine

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La scienza di confine (dall'inglese fringe science) è per sua stessa definizione, quella serie di controverse teorie o discutibili ricerche scientifiche che si pongono ai confini della corrente principale delle discipline accademiche convenzionalmente riconosciute. Quella di "scienza di confine" è una frase utilizzata per descrivere qualsiasi ricerca scientifica all'interno di un campo di studio ben definito ed istituzionalizzato che si allontana significativamente dalle teorie accettate dalla corrente principale (in inglese mainstream) di quei ricercatori, o che sono eterodosse rispetto a teorie ortodosse che sono alla base o comuni a molte altre discipline scientifiche.
Mentre esiste qualche esempio di ricercatori appartenenti alla corrente principale della scienza che propugnano idee alquanto eccentriche all'interno della propria disciplina di competenza (ad esempio James Dewey Watson, uno dei due biochimici scopritori della molecola del DNA, che sosteneva la possibilità che la molecola fosse stata diffusa nell'universo grazie a sonde interplanetarie extraterrestri e che non fosse il semplice prodotto dell'evoluzione sulla Terra; oppure il biochimico Peter Duesberg che sostiene che il virus HIV non sia la causa dell'AIDS), molte tra le "idee scientifiche di confine" sono postulate da individui che non appartengono affatto all'ambito della scienza, oppure da scienziati che lentamente si sono collocati al di fuori della corrente principale delle proprie discipline. Un altro uso del termine è nella descrizione di campi del sapere che non possono essere (sia per la mancanza di evidenza o di riproducibilità scientifica), riconosciute come "scienza in buona fede", anche se a questi campi di ricerca si attribuisce piuttosto il termine di pseudoscienza.

Definizione

Tradizionalmente, il termine "scienza di confine" viene utilizzato per descrivere teorie inusuali e modelli per la scoperta che comunque si basano su principi scientifici stabiliti come validi. Queste teorie possono essere difese da scienziati che sono autorità riconosciute dalla vasta comunità scientifica (tipicamente grazie alla pubblicazione di studi approvati con la metodica revisione paritaria da scienziati di pari grado di reputazione), ma spesso questo non è sempre il caso. Spesso la corrente principale di ogni scienza commetterà errori o piccole imprecisioni, ma per lo più il campo basico e comune di queste scienze si accorda a standard accettati, e la sua tipica caratteristica ad opporsi a cambiamenti profondi, dà luogo ad approfonditi e ponderati giudizi collettivi come reazione a proposte rivoluzionarie. Alcune tra le odierne teorie ampiamente condivise (come ad esempio in planetologia e geologia, la teoria della deriva dei continenti proposta da Wegener) vennero classificate al loro apparire come scienza di confine (o pseudoscienza) e rimasero sotto una cattiva luce, anche per molti decenni. Viene messo in evidenza che:
«La confusione tra scienza e pseudoscienza, tra l'errore scientifico compiuto in buona fede, a scapito di una buona pratica scientifica, e la scoperta scientifica genuina, non è nuova, ed è una caratteristica permanente del panorama scientifico [...] L'accettazione della nuova scienza può arrivare lentamente.»
(Friedlander)
I confini categorici tra la scienza di confine e la pseudoscienza sono ampiamente oggetto di disputa. La scienza di confine è vista da molti scienziati come razionale ma piuttosto improbabile. Il consenso scientifico può dilazionare l'accettazione di una "scienza di confine" valida per un certo numero di ragioni, che comprende l'incompletezza dei dati presentati o la presenza di evidenze contraddittorie. Semplicemente, la scienza di confine può essere una protoscienza che non è stata ancora accettata dalla gran maggioranza degli scienziati. Uno scienziato "di confine" può eseguire osservazioni "al limite" ed arrivare a conclusioni "azzardate" pur seguendo i cardini del metodo scientifico.
Storicamente l'accettazione della "scienza di confine" da parte degli scienziati della corrente principale è dipesa dalla qualità delle scoperte che sono state fatte da quelli stessi scienziati o dall'intero comparto (ad. es la fisica nucleare), dalle premesse di base, dal significato ultimo dei suoi risultati, dai traguardi e possibili applicazioni pratiche che si intravvedono. L'espressione "scienza di confine" è spesso considerata insultante. Ad esempio Lyell D. Henry, Jr. scrisse che "'fringe science' è una frase che suggerisce anche "kookiness". Questa convinzione può essere stata ispirata dall'eccentricità dei ricercatori di punta ai confini della scienza (colloquialmente soprannominati scienziati pazzi).

Esempi contemporanei di scienza di confine

Tra i casi della fine del XX secolo che sono particolarmente vicini al nostro presente:

Multiverso (teoria di Hugh Everett III)

Il concetto di multiverso viene formalizzato matematicamente nella "interpretazione a molti mondi" della meccanica quantistica, proposta da Hugh Everett III nella sua tesi di dottorato (MWI); questa interpretazione prevede che ogni misura quantistica porti alla divisione dell'universo in tanti universi paralleli quanti sono i possibili risultati dell'operazione di misura.
La teoria MWI ha un parametro di tempo condiviso. In molte delle sue formulazioni, tutti gli universi costituenti il multiverso sono strutturalmente identici, e possono esistere in stati diversi, con identiche leggi fisiche e valori delle costanti fondamentali. Gli universi costituenti sono inoltre non-comunicanti, nel senso che non può esservi un transito di informazioni tra di essi, anche se nell'ipotesi di Everett possono influenzarsi reciprocamente.
Il grande fisico danese Niels Bohr liquidò questa teoria, che prevede la contemporanea coesistenza di tutte le soluzioni della funzione d'onda dell'elettrone, definendola come "una forma di teologia", preferendo l'interpretazione di Copenaghen, che prevede il "collasso della funzione d'onda" al momento dell'osservazione.

Fusione fredda

L'ipotetica reazione nucleare di fusione nota come "fusione fredda", che avverrebbe a temperature e pressione vicine a quelle ambientali, fu presentata dagli scienziati Martin Fleischmann dell'Università di Southampton in Inghilterra e Stanley Pons dell'Università dello Utah nel marzo del 1989. Sono stati eseguiti molti tentativi di replicare questo esperimento, ma con scarso successo.
Da allora numerosi scienziati con qualifiche tra le più varie hanno contribuito alle ricerche in questo campo o hanno partecipato alle International Conference on Condensed Matter Nuclear Science. Nel 2004 il dipartimento statunitense per l'energia (United States Department of Energy, USDOE) decise di rivedere l'intera questione della fusione fredda, per determinare se le politiche americane riguardo alla fusione fredda dovessero cambiare, in seguito alle nuove evidenze sperimentali, e nel 2004 il Dipartimento dell'Energia Americano realizzò un convegno sulla fusione fredda.

Aumento della longevità

Il ricercatore Aubrey de Grey, presentato nel programma TV 60 Minutes del 2006 lavora su studi "avanzati" per rallentare e/o mitigare l'invecchiamento umano. Molti altri scienziati pensano che la sua ricerca sia "scienza di confine". In un articolo della rivista Technology Review (del 2006), si legge che, "SENS (L'ipotesi di De Grey) è altamente speculativa. Molte delle sue proposizioni non sono riproducibili, né possono essere riprodotte con l'odierna tecnologia e le attuali conoscenze scientifiche. Secondo il commentarista Myhrvold, le proposte di De Grey si trovano in un'anticamera della scienza, aspettando una verifica indipendente. La SENS correntemente non si può dimostrare come vera, ma non è sicuro che non la si possa realizzare in futuro."

Esempi storici di scienza di confine declassati a pseudoscienza

Tra i casi ormai "storici" di scienza di confine declassati a pseudoscienza e menzionati più spesso, si include:
  • Il lavoro di Wilhelm Reich con il cosiddetto "orgone", un'energia fisica che proclamava di aver scoperto, contribuendo al suo allontanamento dalla psichiatria internazionale e, alla fine, al suo imprigionamento come truffatore con l'accusa di esercizio indebito della professione medica.
  • La profonda convinzione del peraltro grande chimico Linus Pauling, sul fatto che grossi quantitativi di vitamina C funzionassero come una panacea per un'intera gamma di malattie (infezioni, invecchiamento, cancro), dal momento che la vitamina C agisce come mediatore nella produzione del collagene. Benché la carenza di vitamina C provochi lo scorbuto, l'effetto protettivo di alte dosi in altre patologie non è stato provato.
  • La polimerizzazione dell'acqua in acqua nove avviabile, secondo i suoi proponenti, da un'ipotetica particolare molecola catalizzatrice avrebbe reso più rigidi i legami intermolecolari dell'acqua, rendendola simile a ghiaccio, gelatina o fanghiglia semisolida a temperatura ambiente. Questo avrebbe permesso di avere piattaforme galleggianti d'acqua "polimerizzata", inaffondabili ad esempio, durante gli sbarchi militari. La proposta non ha mai avuto alcuna prova sperimentale.

Paragoni

La scienza di confine può essere distinta da altre categorie che sembrano similari, ma che sono peggiorativi in natura, che sono le seguenti:
  • Pseudoscienza - La pseudoscienza non persegue una rigorosa applicazione del metodo scientifico. La riproducibilità, oppure la semplice conoscenza dei parametri sperimentali utilizzati, è tipicamente un problema irrisolvibile. Inoltre spesso prescinde completamente di un sostegno nelle discipline di base, come la matematica, la fisica o la chimica. Questo non avviene nella scienza di confine.
    • Ad esempio, la "memoria dell'acqua" è uno degli svariati meccanismi proposti dall'omeopatia, per spiegare il supposto effetto terapeutico delle micro-dosi dei medicamenti omeopatici, che vanno sottoposti ad "attivazione" (una ripetuta forte agitazione della soluzione acquosa contenente ridottissime, quasi trascurabili quantità dell'agente terapeutico, che spesso è un veleno, tossina o metallo pesante). Dal punto di vista "pseudo-fisico-chimico", la sostanza in soluzione superdiluita andrebbe ad incidere la sua "impronta chimica" sull'acqua, ed in base a questo ragionamento (mai dimostrato né accuratamente spiegato teoricamente) indurrebbe l'organismo a reagire in qualche modo contro questa "ombra chimica" della tossina.
  • Scienza spazzatura - Il termine inglese "junk science" viene usato per descrivere ricerche che sono fin dall'inizio impostate con l'obiettivo di provare o negare un fatto a tutti i costi, ignorando in tal modo le metodologie standard e le pratiche certificate nel tentativo di assicurare il risultato più gradito dai ricercatori, modificando oppure omettendo certi risultati. Questo fenomeno è stato osservato spesso durante lo sviluppo di alcuni farmaci, che durante la fase IV si sono dimostrati tossici, ma i risultati dei cui test venivano manipolati per ritardare la messa al bando del farmaco, in modo da poter recuperare parte degli ingenti investimenti. La scienza di confine si serve della metodologia standard in modo identico a quello della scienza "ufficiale", procedendo dalle teorie alla conclusione, senza alcun tentativo di dirigere o condizionare il risultato.


Controversie su base religiosa

Verso la fine del XX secolo alcuni critici di ispirazione religiosa, riguardo a campi della ricerca scientifica che secondo loro sono in contrasto con alcuni brani della Bibbia (come l'evoluzionismo oppure la cosmologia o la planetologia), cercarono di etichettare certe idee, materie e spiegazioni scientifiche come "controverse" (poco più di teorie non dimostrate), per lo più in aspetti scientifici che contraddicono la lettura letterale o fondamentalista di determinati scritti religiosi, servendosi di alcune recenti ipotesi scientifiche riguardo a certi aspetti di questi argomenti, prendendoli come prova che le teorie scientifiche precedenti non avrebbero una validità conclusiva. Alcuni dichiarano che questo processo lascia aperta una finestra per l'intervento divino sulla creazione e per il cosiddetto "disegno intelligente". Tra le discipline scientifiche interessate si citano la paleoantropologia, la sessualità umana, l'evoluzione degli esseri viventi, la geologia e la paleontologia.
Questi tentativi sono stati comunque liquidati dagli epistemologi come risultato di una cattiva comprensione del processo scientifico (che in partenza dovrebbe essere totalmente neutro rispetto a qualsiasi opinione), che viene percepito dagli scienziati come una sorta di dialogo che non dovrà mai concludersi, a dispetto del desiderio del pubblico di assistere alla vittoria definitiva di una fazione. Come sostiene Donald E. Simanek, professore di fisica alla Lock Haven University della Pennsylvania, "Troppo spesso ipotesi speculative e tentativi della ricerca scientifica di punta sono state trattate come se fossero verità scientifiche, e dunque per questo vengono accettate da un pubblico desideroso di risposte immediate, pubblico che ignora il fatto che se la scienza progredisce dall'ignoranza alla comprensione [di un sistema di conoscenze ndt], si deve passare attraverso una fase di transizione fatta di confusione e incertezza."
I mezzi di comunicazione giocano un ruolo nella genesi e propagazione di controversie e riescono a far passare la visione che certi campi della scienza siano controversi. Nel libro Optimising Public Understanding of Science: A Comparative Perspective di Jan Nolin et al., gli autori dichiararono che "Dalla prospettiva dei media risulta evidente che la scienza controversa vende, non soltanto a causa del suo valore narrativo ma anche perché spesso si collega a questioni sociali molto rilevanti."



sabato 24 aprile 2021

Prestere

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Il prestere (dal latino prester) è un serpente leggendario descritto nei bestiari medievali.

Caratteristiche

Il prestere, secondo la classificazione medievale, appartiene alla categoria degli aspidi, ossia dei serpenti dal morso velenoso. In particolare, il veleno del prestere provoca nel corpo della vittima un gonfiore abnorme (con un effetto simile all'idropisia), tale che essa viene uccisa dalla semplice dilatazione dei tessuti, i quali iniziano subito a putrefarsi. Alberto Magno colloca il prestere nel primo ordine degli aspidi, ossia di quelli dal morso più velenoso, che risulta fatale entro tre ore e per il quale non si conoscono cure.
La caratteristica più peculiare del prestere è la bocca, che emette vapori e che esso tiene sempre aperta, anche quando si muove, cosa che fa con rapidità.
 
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