domenica 3 maggio 2020

Arthur Findlay College

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L'Arthur Findlay College è un istituto dedicato alla ricerca e all'insegnamento nell'ambito delle scienze psichiche con sede a Stansted Mountfitchet, Essex, Inghilterra.
La dimora vittoriana in cui ha sede, Stansted Hall, risale al 1871 mentre il college fu fondato nel 1964 e da allora viene amministrato, secondo quelli che furono i desideri di Arthur Findlay, dalla Spiritualists' National Union (SNU), l'unione britannica delle chiese spiritiste.

Materie di insegnamento

  • Medianità
  • Guarigione spirituale
  • Meditazione
  • Ipnosi
  • Musicoterapia
  • Cromoterapia
  • Filosofia dello Spiritismo
  • Arte (con particolare riguardo all'arte ispirata dal mondo degli spiriti o ad esso dedicata)
  • Qi e prana (filosofie orientali)
  • Astrologia
  • Numerologia
  • Sciamanesimo e Storia e Cultura dei Nativi Americani
Periodicamente vengono tenuti corsi in cui sono presenti traduttori simultanei in modo da agevolare la partecipazione di allievi stranieri. Tra le lingue offerte vi è anche l'italiano.

Le Sale di Stansted Hall

  • il santuario
  • la biblioteca, utilizzata per le sedute di medianità fisica
  • la stanza blu
  • gli alloggi per gli ospiti
  • il Museo dello Spiritismo
  • la sala da pranzo

sabato 2 maggio 2020

Agarthi

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Agarthi (detto anche Aghartta o Agartha o Agharti) è un regno leggendario che si troverebbe all'interno della Terra, descritto nelle opere dello scrittore Willis George Emerson (1856 - 1918). La favolosa Agarthi è legata alla teoria della Terra cava ed è un soggetto popolare nell'esoterismo.

Nascita della leggenda

Non esistono parole tibetane o sanscrite che siano simili ad Agarthi e che significhino "inaccessibile", come vorrebbero i teorici della sua esistenza.
Agarthi è un nome spesso usato per definire una civiltà nascosta all'interno dell'Asia centrale. Nel tantra Kalachakra del buddhismo tibetano viene descritto un regno simile, col nome di Shambhala. Nelle interpretazioni moderne, vi è una identificazione tra Shambhala e Agarthi.
È un regno separato da una cintura di alte montagne e suddiviso in otto parti, e in esso vi sono settantasei regni. Kalapa è la capitale di Shambhala-Agartha in cui ha sede il palazzo del sacerdote-re e questo regno è situato in India e coincidente col monte Meru o Polo Nord prima dello spostamento dell'asse terrestre, centro del mondo e terra originaria dell'umanità. Sarebbe situata in India nello stato di Orissa o vicino Benares. Il suo primo capo fu Suchandra, il capo attuale è Anirudda e il prossimo sarà Drag-po chor lo chan o Rudra chakrin, il corrucciato con la ruota. Secondo la profezia il Mahdi della tradizione islamica, discendente di Maometto, che viene definito l' "ottavo" dopo Adamo, Noé, Abramo, Mosé, Gesù, Mani e Maometto, ingaggerà la guerra mondiale per il dominio planetario e instaurerà un impero mondiale. Così facendo si scontrerà con Shambhala e il suo sacerdote-re Rudra chakrin. Questi lo spazzerà via con l'aiuto delle forze soprannaturali e inizierà l'età dell'oro. Il Kalachakra tantra profetizza una guerra tra Shambhala e la Mecca e parla del pericolo per il buddhismo costituito dall'islam. Ma la battaglia finale avverrà in Iran tra Kalki e il leader musulmano.
Dato che è improbabile che esistano ancora siti inesplorati (o addirittura regni sotterranei) probabilmente Shambhala non è che Sambhal situata nell'Uttar Pradesh. Questo lo afferma il Kalki purana. Il Kulika o Kalki che la governa nascerà là e poi si trasferirà a Mathura da dove guiderà una rivoluzione spirituale e un governo mondiale.

La ripresa contemporanea del mito

La fortuna occidentale di Agarthi nasce con Ossendowski e il suo libro Bestie, uomini e dei, Alexandre Saint-Yves d'Alveydre e il libro Missione dell'India e René Guénon con Il Re del mondo. Il terzo non fa che reinterpretare le idee dei primi due. Tutto ciò ha poco a che fare con la Shambhala tibetana e indù sopra descritta ed è anche la fonte della storia del "regno sotterraneo" estranea ai testi orientali.
Una delle prime fonti del mito dei regni sotterranei è Il Dio fumoso (The Smokey God or A Voyage to the Inner World, 1908), di Willis George Emerson, pretesa autobiografia di un marinaio norvegese chiamato Olaf Jansen. Emerson racconta di come Jansen abbia navigato all'interno della Terra attraverso un'apertura presso il Polo Nord. Per due anni sarebbe vissuto con gli abitanti di questo regno il cui mondo sarebbe illuminato da un "Sole centrale fumoso". Il padre sarebbe rimasto ucciso durante il ritorno, il figlio ricoverato come pazzo. Il resoconto sarebbe stato dato dal figlio, che dopo la dimissione dal sanatorio si sarebbe stabilito in California, e che novantenne avrebbe deciso di rendere pubblica la vicenda. Malgrado nel racconto di Emerson non si faccia il nome di Agarthi, esso vi è stato associato in opere successive. Shambhala "la Minore", una delle colonie di Agarthi, era la sede del governo del regno. Mentre Shambhala consiste in un continente interno, le altre colonie satelliti sono degli agglomerati più piccoli situati all'interno della crosta terrestre o dentro le montagne. I cataclismi e le guerre avvenute sulla superficie spinsero il popolo di Agarthi a stabilirsi sottoterra.

Analogie

Il leggendario paradiso di Shambala ha varie analogie con altri luoghi mitici, come la Terra Proibita, la Terra delle Acque Candide, la Terra degli Spiriti Raggianti, la Terra del Fuoco Vivente, la Terra degli Dei Viventi, la Terra delle Meraviglie. Gli indù parlano di Aryavartha, terra d'origine dei Veda; i Cinesi di Hsi Tien, il Paradiso Occidentale di Hsi Wang Mu, la Madre Regale dell'Ovest; La setta cristiana russa dei vecchi credenti la chiamava Belovodye e i Kirghizi Janaidar.

Influenza culturale

Il racconto di Emerson è considerato una delle prime fonti della credenza sulle civiltà sotterranee.
L'esistenza di Agarthi è stata considerata seriamente da numerosi europei, come, ad esempio per citarne alcuni, i seguaci della teosofia di Madame Blavatsky, la veggente fondatrice della Società Teosofica Internazionale, che sosteneva di essere in contatto telepatico con gli antichi "Maestri della Fratellanza Bianca", i sopravvissuti di una razza eletta vissuta tra Tibet e Nepal, i quali si sarebbero rifugiati in seguito a una spaventosa catastrofe nelle viscere della terra, dove avrebbero fondato la mitica Agarthi. Dalle dottrine esoteriche della Blavatsky trasse ispirazione, tra gli altri, anche la Società Thule, la società segreta di estrema destra che costituì il nucleo originale del Partito nazista di Hitler, benché non abbiano mai avuto le due organizzazioni né un contatto né un sodalizio reciproco.
Un'altra organizzazione esoterica collegata ai Maestri appartenenti a un luogo che ricorda Agarthi è l'Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce.

Entrata

Tra gli ipotetici ingressi di Agarthi vi sono:
  • Deserto del Gobi, Mongolia
  • Polo Nord
  • Islanda
  • Polo Sud
  • Piramide di Giza, Egitto
  • Monte Epomeo (Isola d'Ischia), Isola Bisentina[2] (Lago di Bolsena)
  • Monte Shasta, in California
  • Mammoth cave, in Kentucky
  • Cascate dell'iguazù, in Brasile
  • Monte Everest, Nepal

venerdì 1 maggio 2020

Decani

I Decani, dall'Antico Egitto ai giorni nostri - I Tarocchi dell ...


I decani sono 36 stelle del cielo a cui era associata un'ora della notte. L'osservazione di queste stelle fu introdotta dagli antichi Egizi per conteggiare le ore della notte. Le stelle dei decani si trovavano nella fascia di cielo a sud dell'eclittica e consentivano il conteggio del tempo scandito in 40 minuti prima della levata della stella successiva.
Non si ha certezza su quali fossero precisamente le stelle appartenenti ai decani. Si sa solo che la stella Sirio ne faceva parte.

Uso in astrologia

I decani, in astrologia, rappresentano la suddivisione della sfera celeste in 36 porzioni, fatte a spicchio, ciascuna delle quali raggiunge la sua ampiezza massima dell'equatore celeste, con un'apertura di 10°.
La ripartizione decanale è antichissima e troviamo le sue tracce in tutte le antiche civiltà e religioni del mondo. Sempre presenti nelle raffigurazioni della cultura egizia, i decani venivano da loro definiti come "i reggitori del Mondo" e considerati i dispositori degli dei, avendo il potere di determinare gli eventi.
La presenza dei decani la si ritrova nella corrente ellenistica dell'ermetismo, che li descrive come una forza viva e operante:
«Così, figlio mio, la forza che opera in tutti gli accadimenti di portata universale, viene dai decani: ad esempio (ascolta bene le mie parole) cambiamenti di sovrani, sollevamenti di città, carestie, peste, riflussi del mare, terremoti, nulla di tutto questo, figlio mio, ha luogo senza l'influenza dei Decani. Fai anche attenzione a questo: poiché i Decani sono preposti dall'alto ai corpi, e dato che noi siamo sotto l'influsso dei Sette, nota come si estende sino a noi una certa influenza dei decani, sia in quanto figli dei decani, che per intermediazione di alcuni esseri. […] Ebbene, il volgo, li chiama demoni: poiché i demoni non costituiscono una classe di esseri particolare, […] non sono mossi da un'anima come la nostra, ma sono semplicemente delle forze emanante da questi trentasei dei.»
(Ermete Trismegisto, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, in Discorsi di Ermete a Tat, estratto VI, Mimesis, Milano 1989)

Essendo una ripartizione della sfera celeste, ciascun decano contiene in sé un certo numero di corpi che, in relazione allo spostarsi di un grado ogni 72 anni del firmamento, a causa del meccanismo della precessione degli equinozi, è pertanto assoggettato allo stesso movimento.
Pur essendo in relazione a dei corpi celesti presenti nel firmamento, i decani furono identificati nelle decadi, ossia le porzioni di 10° di ciascun segno dello zodiaco, appartenenti alla ripartizione dell'eclittica solare e dei dodici segni dello Zodiaco che contiene.
L'iconografia dei decani riprese vigore nel Rinascimento.
«I decani, come vennero chiamati in età ellenistica, erano, di fatto, divinità sideree egiziane del tempo, che erano state assorbite nell'astrologia caldea e collegate con lo zodiaco. Tutti avevano proprie immagini, varianti a seconda delle diverse liste in cui venivano elencati, e queste liste delle immagini miracolose dei decani provenivano tutte dagli archivi dei templi egiziani. I decani avevano vari aspetti. Essi avevano un preciso significato astrologico, in quanto "Oroscopi" che presiedevano alle forme di vita nate nei periodi di tempo da essi controllati; erano inoltre assimilati ai pianeti posti sotto il loro dominio, e ai segni dello zodiaco (tre decani erano collegati con ciascun segno, del quale costituivano le tre "facce"). Ma erano anche dèi, potenti dei egiziani, e questa loro natura, mai dimenticata, attribuiva ad essi una misteriosa importanza.»
(Frances Amelia Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, pag. 61, Laterza, Bari 1985)

giovedì 30 aprile 2020

Caso dei diavoli di Loudun

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Il caso dei diavoli di Loudun, in Francia, avvenuto nel 1634, è il più famoso caso di possessione demoniaca di massa della storia.

Cenni storici

La storia coinvolse padre Urbain Grandier e le suore Orsoline di Loudun. Il prete venne accusato di utilizzo di magia nera e di plagio verso le suore, dove si raccontava anche di possessione diabolica.

Risvolti mediatici sui fatti di Loudun

Questo evento ha ispirato molti libri, opere teatrali e film:

Libri

  • I diavoli di Loudun (The devils of Loudun) (1952), di Aldous Huxley
  • La possession de Loudun (1970), di Michel de Certeau riedito nel 2005 per le edizioni Gallimard nella collana Folio Histoire
  • Sogni di rose e di fuoco (Drömmar om rosor och eld - 1949), di Eyvind Johnson, premio Nobel per la Letteratura, edito in Italia in "Le erbe nella Thule-La strada per Klockrike-Nausicaa sola-Sogni di rose e di fuoco-Risalita dal passato", UTET, Scrittori del mondo, I Nobel 1974 (opere di Harry Martinson e di Eyvind Johnson).
  • "Loudun", libro a fumetti. Disegni: Paolo Armitano e Davide Furnò, sceneggiatura: Hervè Rusign (2008, Editore: Soleil)

Film

  • Madre Giovanna degli Angeli (Matka Joanna od Aniolów) (1961), di Jerzy Kawalerowicz
  • I diavoli (The Devils) (1971), di Ken Russell
  • Les mystères de Loudun (1976), di Gérard Vergez Film TV

Opere teatrali

  • The Devils (1960), di John Whiting
  • Die Teufel von Loudun (1969), di Krzysztof Penderecki

mercoledì 29 aprile 2020

Antoinismo

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L'antoinismo è un nuovo movimento religioso di derivazione cristiana e spiritista, fondato nel 1910 dal belga Louis Antoine, chiamato Il Padre (1846-1912).
Questo movimento religioso è caratterizzato da una struttura decentrata, la semplicità dei suoi riti, la sua discrezione e la tolleranza verso le altre religioni.

Storia

Louis Antoine, che è stato cresciuto in una famiglia cattolica, ha lavorato come minatore in una miniera di carbone nella sua giovinezza, poi come operaio siderurgico prima del servizio militare nel 1866. Dopo il matrimonio con Catherine nel 1873, hanno più volte modificato il loro luogo di residenza per motivi professionali. Profondamente impressionato dai lavori di Allan Kardec e di Jakob Lorber, ha creato un gruppo spirituale chiamato "I viticoltori del Signore" (Les Vignerons du Seigneur) organizzato nel 1890. Il 23 aprile del 1893, la morte di suo figlio gli ha fatto perdere definitivamente la fede nel cattolicesimo. Nel 1896, ha spiegato la sua nuova visione spiritualista in un libro e in seguito ha dichiarato che aveva il dono della guarigione. Louis Antoine ha pubblicato nel 1896 un libro intitolato Piccolo Catechismo Spiritista (Petit Catéchisme Spirite) per spiegare i suoi punti di vista dottrinali. Poi ha scoperto i doni di guarigione e nel 1900 ha ricevuto molti malati per guarire e da allora in poi era conosciuto come il guaritore di Jemeppe-sur-Meuse. Ha distribuito rimedi tratti dallo spiritismo e ha sostenuto vigorosamente come cura anche il vegetarianismo, così come la temperanza e di evitare cibi grassi. Nel 1900, il procuratore di Liegi ha chiesto a due medici di indagare sulle attività curative di Antoine. Hanno notato la sua "sincerità assoluta", ma hanno anche affermato che le sue attività potrebbe essere "un pericolo per la salute pubblica" e per questo motivo è stato poi condannato nel 1901 a una multa di 60 franchi e sospeso definitivamente dall'esercizio della professione medica. Ha pubblicato un annuncio sulla rivista spiritualista le Messager, in cerca di medici che si associassero con lui, ma il tentativo non è stato soddisfatto con successo.
Conosciuto da allora come un guaritore, Louis Antoine ha raccolto molti seguaci, soprattutto tra i delusi con il cattolicesimo o la medicina. Nel 1906, dopo lo spiritismo, egli ha iniziato una vera e propria nuova religione, poi ha pubblicato tre libri che descrivono la sua dottrina e ha istituito a Jemeppe-sur-Meuse che è una sezione della città belga di Seraing il primo grande tempio antonista nella Provincia di Liegi, in Vallonia, che diventerà la sede ufficiale ed il centro mondiale e morale dell'antoinismo.
Dopo la sua morte nel 1912, Catherine ha assicurato la continuità della religione, promuovendo un culto della persona centralizzato intorno alla figura del marito e la promozione di norme supplementari per l'organizzazione. Quando morì nel 1940, hanno avuto luogo alcune differenze rituali tra i templi belgi e francesi, fra un "rito di Mère" (maggioritario in Francia, e con qualche propaggine in Belgio), che continua alcune innovazioni rituali introdotte dalla moglie del fondatore dopo la morte di quest'ultimo (in particolare l'uso di ritratti di Antoine e di sua moglie), e il più austero rito belga delle origini.

Dottrina

Per gli antoinisti, il male viene della mancanza di fede e dall'eccessiva fiducia nella scienza. Bisogna ritornare alla fede che dà il potere di guarire, tralasciando la scienza naturalistica. Negli opuscoli diffusi dagli antoinisti, si avverte che «il Culto non va sul terreno della scienza, ed in particolare non compie diagnosi, non consiglia né sconsiglia medicine e operazioni chirurgiche, non fa imposizioni di mani né predizioni del futuro». Il fondatore Louis Antoine fu condannato nel 1901 per esercizio illegale della professione medica. Più cautamente i suoi discepoli di oggi non parlano di vera e propria cura anche se la cerimonia del culto ("operazione") si svolge, nel tempio, quattro volte la settimana, e si compone di tre momenti: guarigione collettiva, letture, guarigione individuale dietro un paravento, dove l'operatore riversa ancora fluido sul malato. Gli Antonisti parlano di "guarigione spiritica", non per nulla il nuovo movimento religioso sorse nel periodo di grande diffusione dello spiritismo. Le idee religiose orientali si diffusero in Occidente proprio con la dottrina dello spiritismo che Allan Kardec, e poi anche Jakob Lorber, avevano appreso dai disincarnati. Gli spiritisti e gli antoinisti avevano e hanno questi princìpi base: esistenza di Dio, somma sapienza e bontà; Immortalità dell'anima; gli spiriti hanno gradi diversi di evoluzione, sono ignoranti, ma perfettibili; anche se le bestie hanno un'anima che arriverà a reincarnarsi in un uomo, tutti gli spiriti seguono questa legge di reincarnazione; l'incarnazione è una prova per lo spirito, non il suo stato naturale; si possono vivere molte vite, che si dimenticano, ma ritornano alla memoria quando si è in stato spiritico; raggiunta la perfezione cessa la reincarnazione. Legge suprema è quella del Karma per la quale ci si reincarna secondo le opere compiute. Tutti i corpi celesti sono abitati da spiriti, in diverso stato di evoluzione. Oltre l'anima (lo "spirito", appunto) c'è il "doppio". Esso è un involucro fluidico che assomiglia al corpo e lo accompagna sempre. V'è dunque un legame tra corpo, "doppio" e anima che rende possibile l'intervento taumaturgico dello spirito sul corpo.

Diffusione

Il gruppo è attivo particolarmente in Francia con 31 templi e dal 1913 uno anche nel Principato di Monaco, così come è attivo in Belgio, quest'ultimo con la presenza di 32 templi. Con un totale di 64 templi e 40 sale di lettura in tutto il mondo, fra cui l'Italia con le sale di lettura di Milano e di Postua in provincia di Vercelli, e tra i 10.000 ed i 20.000 membri complessivamente, è l'unica religione con sede in Belgio, a Jemeppe-sur-Meuse, la cui notorietà e il successo ha superato i confini del paese.

martedì 28 aprile 2020

Giardino dell'Eden

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Il giardino dell'Eden è un luogo citato nella Bibbia e presente anche nella mitologia sumera.

L'Eden nella Bibbia

Nel libro della Genesi è il luogo in cui Dio mise tutti gli esseri viventi, tra cui Adamo ed Eva, la prima coppia umana, dopo averli creati da un'altra parte. Esso si trovava ad oriente (di Israele) e dal giardino usciva un fiume che si divideva in quattro rami fluviali: il Tigri, l'Eufrate, il Pison che circondava la terra di Avila e il Gihon che circondava la terra di Etiopia. Eden è una parola sumera che significa "steppa, pianura", mentre in ebraico il paradiso (sia quello terrestre primigenio sia l'aldilà) viene indicato con la locuzione Gan 'Eden (גן עדן), traducibile con "giardino delle Delizie" (Genesi 2,8-14).

Ipotesi sulla localizzazione geografica

Secondo queste indicazioni l'Eden si collocherebbe nell'odierna regione della Mesopotamia meridionale, più precisamente nella pianura attraversata dal fiume Shatt al-'Arab, sepolto sotto decine di metri di sedimenti. Nello Shatt al-‘Arab oggi confluiscono due dei fiumi citati nella Genesi: il Tigri e l'Eufrate. Se poi si considera che il golfo Persico era completamente all'asciutto durante l'ultima glaciazione ed è stato allagato dalla trasgressione marina fra i 5000 o 6000 anni prima di Cristo, è possibile che l'Eden si trovi ora in fondo al mare. Questa teoria e l'identificazione degli altri due fiumi (Pison e Ghicon) è stata proposta dall'archeologo Juris Zarins.
Un'altra ipotesi sulla localizzazione dell'Eden si trova nel saggio Omero nel Baltico di Felice Vinci, dove l'autore, nell'ambito della totale localizzazione geografica dei poemi omerici in Scandinavia, teorizza diversi collegamenti con le mitologie di molti altri popoli, tra cui quello ebraico; e una volta identificata l'Etiopia con la penisola di Nordkynn, anche in Norvegia: «Esaminiamo [...] uno dei fiumi che la bagnano, il Tana (che pertanto potrebbe corrispondere al Gihon biblico): esso nasce in una zona della Lapponia finlandese [...] da cui effettivamente si dipartono altri corsi d'acqua. Uno è l'Ivalo, che i Lapponi chiamano Avvil. L'assonanza con Avila [...] da sola potrebbe essere casuale, ma proprio questo territorio è ricco d'oro». Il passo citato prosegue con l'identificazione di Tigri ed Eufrate con i loro corrispettivi scandinavi; il complesso di questi fiumi delinea, secondo Vinci, "una sorta di Mesopotamia finnica, straordinariamente assomigliante a quella asiatica".

L'albero della conoscenza del bene e del male

Secondo il racconto biblico tra tutti gli alberi piantati nel giardino ne erano due particolari: l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Dio proibì all'uomo di mangiare i frutti del primo e la disobbedienza portò alla cacciata dal giardino dell'Eden, negando all'uomo anche i frutti del secondo, come in Genesi 3,22: Poi Dio YHWH disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre».

L'Eden nei miti sumeri

Il paradiso dei Sumeri si chiamava Dilmun e può essere identificato nel golfo Persico (Bahrein). In questo luogo, dove non esistevano malattie e morte, il dio Enki usava accoppiarsi sessualmente con le dee sue figlie. Dopo aver mangiato i frutti degli alberi creati dalla dea Ninhursag viene da questa maledetto e condannato a molteplici mali. Una volta riappacificatasi, per far guarire il dio Enki la dea Ninhursag crea varie dee il cui nome corrisponde alla parte del corpo del dio. Fra le altre, in relazione alla costola, Ninhursag crea una dea dal nome Nin.ti che significa "dea che fa vivere" e "dea costola" (sumerico TI = vita e costola). Questo significato, traslato in ebraico, potrebbe aver dato origine alla figura di Eva.
In un altro mito sumero il contadino Shukallituda, non riuscendo a coltivare la sua terra troppo arida, chiese aiuto alla dea Inanna: questa gli consigliò di piantare degli alberi per fare ombra, facendo così nascere la prima oasi con una tecnica di coltivazione comune nei deserti intorno al golfo Persico. Il mito si conclude con una trasgressione sessuale in cui il contadino stupra la dea addormentata: come punizione per l'affronto Shukallituda è costretto ad abbandonare il suo giardino.
Infine nel mito di Gilgamesh l'eroe cerca l'ultimo uomo sopravvissuto al diluvio, Utnapishtim, il quale conosce la pianta dell'immortalità che cresceva in paradiso. Utnapishtim rivela a Gilgamesh che il paradiso è sprofondato nel mare, allora Gilgamesh recupera una fronda della pianta sul fondo del mare, ma durante il ritorno un serpente divora la fronda e ritorna giovane. È quindi probabile che i compilatori dei testi biblici abbiano adottato e modificato il racconto mitologico sumero. È già noto che lo stesso abbiano fatto i cinesi (ciò viene confermato dai caratteri di scrittura cinese) riguardo all'Eden e al diluvio.

L'Eden nei miti di varie civiltà

L'idea di uno stato felice perduto e non più ritornato è presente anche nella civiltà classica greca e romana. Lo attestano ad esempio lo scrittore greco Esiodo (Opere e Giorni, 109-119) e il poeta latino Publio Ovidio Nasone (Le metamorfosi, I, 89-112).
Lo studioso Arturo Graf espone ampiamente i risultati dei suoi studi sul mito del paradiso terrestre nella prima parte del suo saggio Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo. Egli scrive che "i libri sacri dell'India e il Mahābhārata celebrano l'aureo monte Meru da cui sgorgano quattro fiumi, che si spandono poi verso le quattro plaghe del cielo e sulle cui giogaie eccelse olezza e risplende l'incomparabile paradiso, detto Uttara-Kuru, dimora degli dei, prima patria degli uomini, sacra ai seguaci di Buddha non meno che agli antichi adoratori di Brahma. Gli Egizi, a cui forse appartenne in origine la immaginazione degli Orti delle Esperidi, serbavano lungo ricordo di una età felicissima, vissuta dagli uomini sotto la mite dominazione di Ra, l'antichissimo dio solare. Airyâna vaegiâh, che sorgeva sull'Hara-berezaiti degli iranici, fu un vero paradiso terrestre, innanzi che il fallo dei primi parenti e la malvagità di Angrô-Mainyus l'avessero trasformato in un buio e gelido deserto; e nell'Iran e nell'India, come in Egitto, durava il ricordo di una prima età felicissima. I cinesi coronarono il Kunlun di un paradiso, dove sono parecchi alberi meravigliosi e di onde sgorgano parecchi fiumi. Nelle tradizioni religiose degli Assiri e dei Caldei il mito appare con sembianze che non si possono non riconoscere come affatto simili a quelle del mito biblico. Greci e Latini favoleggiavano dell'età dell'oro, dei regni felici di Crono e Saturno e di più terre beate. I quattro fiumi che scaturivano dall'Eden biblico (Genesi 2, 10-17) lasciano congetturare che esso fosse un monte, così come lo erano il Meru indiano, l'Alburz iranico, l'Asgard norrena, il Kâf arabico nonché l'Eden citato dal profeta Ezechiele nel Vecchio Testamento (28, 12-19).
Inoltre Graf ricorda i miti delle Isole Fortunate nel mondo greco, rappresentazioni del paradiso terrestre. Esse sono l'isola dei Feaci e di Ogigia in Omero (Odissea), l'isola di Pancaia descritta da Diodoro Siculo, l'Atlantide di Platone, la Merope di Teopompo. Gli Arabi credevano nell'isola beata di Vacvac, oltre il monte Kâf, ricordata nei viaggi di Sindbad ne Le mille e una notte. Di un'isola "dalle poma d'oro" narravano i Celti. Questa fu la credenza dei padri della Chiesa e dei dottori della Chiesa, ripresa da Dante Alighieri, quando a Matelda nel paradiso terrestre faceva dire: «Quelli che anticamente poetaro/l'età dell'oro e suo stato felice/forse in Parnaso esto loco sognaro» (Purgatorio, XXVIII, vv. 139-141). Alighieri pone l'Eden nell'opposto emisfero terrestre, proprio secondo le indicazioni dei padri e dottori della Chiesa.
D'altra parte le indagini degli studiosi hanno portato a individuare una lontana convergenza dei miti paradisiaci dei popoli della doppia famiglia ario-semitica. Graf rileva altresì che "nel mito paradisiaco ario-semitico [e in altri affini] si trovano tracce di un antichissimo culto della natura. L'albero della vita è albero che porge il nutrimento; l'albero della scienza è l'albero che dà responsi: entrambi appaiono in numerose mitologie, fatti spesso compagni dell'albero generatore da cui procedono gli uomini".

L'Eden nella Divina Commedia

Nella Divina Commedia di Dante Alighieri il paradiso terrestre è posto sulla sommità del monte del purgatorio (situato agli antipodi del mondo allora conosciuto) e rappresenta l'ultima tappa del percorso di purificazione che compiono le anime per poter accedere al paradiso. È rappresentato come una foresta lussureggiante percorsa dal fiume Letè che toglie la memoria del male commesso e il fiume Eunoè che rinnova la memoria del bene compiuto. Il giardino dell'Eden compare in tutti i canti dal ventottesimo al trentatreesimo del Purgatorio. Il poeta fa qui il suo primo incontro con Beatrice e conosce Matelda, una donna che funge da allegoria dello stato d'innocenza dell'uomo prima del peccato originale. Inoltre assiste a una processione che rappresenta la storia dell'uomo e del suo rapporto con la fede, dal peccato originale al tempo di Alighieri.

lunedì 27 aprile 2020

De Sphaera

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Le Sphaerae coelestis et planetarum descriptio, o semplicemente De Sphaera, è un trattato di astrologia, miniato e decorato su pergamena attorno al 1470 da un artista lombardo, presumibilmente Cristoforo de Predis, per la corte sforzesca di Milano. È attualmente conservato presso la Biblioteca Estense di Modena.

Storia

Sulla storia del manoscritto si hanno poche notizie certe. Fu composto per la corte milanese degli Sforza, come risulta dagli stemmi sforzeschi e viscontei riportati nel quarto foglio (4r). Per via degli scambi culturali con la famiglia estense, il De Sphaera approdò alla corte di Ferrara, probabilmente nel 1491 al seguito di Anna Maria Sforza in occasione del suo matrimonio con Alfonso I d'Este, come dono di nozze da parte di suo padre Galeazzo. Insieme ad altri codici, come la Bibbia di Borso d'Este, il manoscritto avrebbe seguito le sorti della casata venendo trasferito a Modena, dove intorno al 1770 Gerolamo Tiraboschi lo avrebbe riadattato, privandolo della sua originaria rilegatura in velluto.

Descrizione e contenuto

Composta da quindici illustrazioni miniate e nove disegni astronomici, l'opera è un commentario al trattato medioevale De Sphaera Mundi di Giovanni Sacrobosco. I pochi versi letterari, le cui miniature sono in scrittura semigotica libraria, sono attribuiti al poeta umanista cortigiano Francesco Filelfo.
Il contenuto è di 16 carte o folii per un totale di 32 pagine, numerate in base al foglio cui appartengono. Le prime descrivono eventi astronomici come eclissi, maree, costellazioni e aspetti dei pianeti, mentre nel foglio 3 verso (v) è presente una tabula climatum.
A partire dal foglio 4v sono illustrate le personificazioni dei sette pianeti dell'astrologia allora conosciuti, archetipi che ricalcano le tradizionali divinità greco-romane; per ogni pianeta, accompagnato dai segni zodiacali corrispondenti, è presente sulla pagina a fianco un'analogia con le attività umane che esso governa od alle quali è associato, con particolare attenzione alla vita di tutti i giorni:
  • 4v-5r: Saturno, ed i relativi domicili, Capricorno ed Aquario
  • 5v-6r: Giove, con domicilio in Sagittario e Pesci
  • 6v-7r: Marte, domiciliato in Ariete e Scorpione
  • 7v-8r: Sole, domiciliato in Leone
  • 8v-9r: Venere, domiciliato in Toro e Bilancia
  • 9v-10r: Mercurio, domiciliato nei Gemelli e nella Vergine
  • 10v-11r: Luna, domiciliata in Cancro
Nelle ultime pagine vi sono nuovamente dei disegni geometrici che illustrano lo zodiaco, i quattro elementi e i rapporti astronomici tra i pianeti. Il manoscritto sembrerebbe così composto di due parti diverse, una di tipo matematico e scientifico, con scritte in latino, presente nelle prime e ultime pagine, l'altra invece, inserita nelle pagine centrali e con scritte in volgare, che attiene al significato simbolico dei pianeti attinto dal sapere umanistico e astrologico rinascimentale. Ne risulta dunque una struttura particolarmente complessa, che ha dato adito a varie ipotesi.
È stato anche rilevato come l'esplicazione di ogni archetipo planetario in immagini di vita quotidiana presenti una notevole analogia con l'iconografia degli affreschi del Salone dei Mesi di palazzo Schifanoia a Ferrara.

 
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