domenica 28 agosto 2022

Ciò che sembra magia ma non lo è?

Deglutizione della spada.



L'inghiottimento delle spade viene sempre mostrato insieme ad alcuni trucchi magici e questo ha fatto pensare che l'atto in sé sia un trucco magico.

Allora, come è possibile?

Il mangiatore di spade è una persona che può ingoiare una spada da 40 centimetri, che non entra necessariamente nello stomaco.

La lunghezza del tubo digerente dall'incisivo al punto in cui l'esofago si unisce allo stomaco è di circa 40 cm di lunghezza.

L'atto di ingoiare la spada richiede tempo per imparare, ma fondamentalmente l'iperestensione del collo aiuta ad allineare il tratto gastrointestinale superiore in modo che una spada contundente possa scivolare dentro.


sabato 27 agosto 2022

Ade

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Ade, o Hades (in greco antico: ᾍδης, Hádēs), è un personaggio della mitologia greca, figlio di Crono e Rea.
Dio dell'Ade, delle ombre e dei morti. È conosciuto anche come Axiokersos poiché coniuge di Persefone, soprannominata infatti "axiokersa", e Katakthonios ossia "Signore degli Inferi".
Nella mitologia romana la sua figura corrisponde a quella di Plutone.
Sposo di Persefone.
Alcuni autori gli attribuiscono la paternità di Zagreo e di Melinoe e secondo la Suda (un testo tardo-bizantino del X-XI secolo), avrebbe avuto una figlia di nome Macaria, dea della buona morte.
Appena nato, fu brutalmente ingoiato dal padre. I suoi fratelli seguirono la stessa sorte con eccezione dell'ultimogenito Zeus, che ideò uno stratagemma con la madre Rea, grazie al quale il padre rigurgitò i figli.
Ade partecipò alla Titanomachia, nell'occasione in cui i Ciclopi gli fabbricarono la kunée, o elmo dell'oscurità, un magnifico elmo magico in pelle d'animale che gli permette di diventare invisibile: si poté introdurre così segretamente nella dimora di Crono rubandogli le armi e, mentre Poseidone minacciava il padre col tridente, Zeus lo colpì con la folgore.
In seguito, ricevette la sovranità del mondo sotterraneo e degli Inferi, quando l'universo fu diviso con i suoi due fratelli Zeus e Poseidone, che ottennero rispettivamente il regno del cielo e del mare.
Viene annoverato saltuariamente fra le Divinità olimpiche, nonostante questo sia contrario alla tradizione canonica; Ade è d'altra parte poco presente nella mitologia, nonostante sia uno degli dei più potenti, essendo essenzialmente legato ai racconti legati agli eroi: Orfeo, Teseo, Piritoo ed Eracle sono fra i pochi mortali ad averlo incontrato. Inoltre la tradizione lo vuole riluttante ad abbandonare il mondo dell'Aldilà: le uniche due eccezioni si ricordano per il rapimento di Persefone e per ricevere alcune cure dopo essere stato ferito da una freccia di Eracle.
La leggenda lo vuole padrone delle greggi solari, al pascolo nell'isola Erizia, la cosiddetta isola rossa, dove il Sole muore quotidianamente. Il pastore era chiamato Menete.
Tuttavia in queste storie è chiamato Crono, o Gerione.
Ade, innamorato di Persefone, la rapì con il consenso di Zeus; mentre stava raccogliendo dei fiori in compagnia delle ninfe le apparve un Asfodelo (il fiore da cui anche gli Dèi sono attratti) e quando lei lo colse, Ade la rapì. Il rapimento, secondo alcuni, avvenne ai piedi del monte Etna. Sua madre, Demetra, dea del grano e dell'agricoltura (nonché del ciclo delle stagioni), disperata per la scomparsa della figlia, la cercò per nove giorni arrivando fino alle regioni più remote: il decimo giorno, con l'aiuto di Ecate ed Helios, seppe che il rapitore era il Dio degli Inferi. Adirata, Demetra abbandonò l'Olimpo e scatenò una tremenda carestia in tutta la Terra, affinché questa non offrisse più i suoi frutti ai mortali e agli Dèi. Zeus tentò allora di riconciliare Ade e Demetra, per evitare la fine del genere umano: inviò il messaggero Ermes al fratello, ordinandogli di restituire Persefone, a patto che ella non si fosse cibata del cibo dei Morti.
Ade non si oppose all'ordine ma, poiché Persefone era effettivamente digiuna dal ratto, la invitò a mangiare prima di tornare dalla madre: le offrì così un melograno, frutto proveniente dagli Inferi, in dono. In procinto di mettersi sulla via di Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, Ascalafo, la vide mangiare pochi grani del melograno: in questo modo si compì dunque il tranello ordito da Ade, affinché Persefone restasse con lui negli Inferi. Allora si scatenò nuovamente l'ira di Demetra, Zeus propose un nuovo accordo, per cui, dato che Persefone non aveva mangiato un frutto intero sarebbe rimasta nell'oltretomba solamente per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così trascorrere con la madre il resto dell'anno; avrebbe trascorso così sei mesi con il marito negli Inferi, e sei mesi con la madre sulla Terra. La proposta fu accettata da entrambi, e da quel momento si associano la primavera e l'estate ai mesi che Persefone trascorre in terra dando gioia alla madre, e l'autunno e l'inverno ai mesi che passava negli Inferi, durante i quali la madre si strugge per la figlia.
Secondo Ovidio e Strabone, Ade tentò di approfittarsi della ninfa Menta. Persefone, gelosa del marito, si dispiacque dell'unione e si infuriò quando Menta proferì contro di lei minacce spaventose e sottilmente allusive alle proprie arti erotiche molto sviluppate. Persefone, sdegnata, la fece a pezzi: Ade le consentì di trasformarsi in erba profumata, la menta, ma Demetra la condannò alla sterilità, impedendole di produrre frutti.
Ade aveva un tempio ai piedi del monte Mente in Elide.
Leuce, un'altra ninfa figlia di Oceano, fu rapita da Ade e trasformata da Persefone in pioppo bianco presso la fontana della Memoria.
Il regno dell'Ade corrisponde più genericamente al mondo degli Inferi ed in principio nella lingua greca antica solo il caso genitivo del nome della divinità era impiegato come abbreviazione per intendere la casa del dio dell'oltretomba. In seguito e per estensione, si cominciò a utilizzare il termine in tale significato anche nel nominativo.
Nella mitologia latina inizialmente Plutone (l'alter ego latino di Ade) è dapprima definito come il Signore degli Inferi e solo successivamente Signore dell'Ade.
Per Ade si sacrificavano, principalmente nelle ore notturne, pecore o tori neri, e coloro che offrivano il sacrificio voltavano il viso, poiché guardare negli occhi Ade senza l'ordine o il permesso del dio avrebbe portato immediatamente alla morte. Il suo culto non era molto sviluppato ed esistono poche statue con sue raffigurazioni. Euripide indica che Ade non riceveva libagioni rituali.
Il principale tempio di Ade, in comune con Persefone, si trova nell'Epiro, la casa di Ade, dove aveva sede il Nekromanteion, l'oracolo dei morti. Dei pochi altri luoghi di culto a lui dedicati, uno dei più noti è in Samotracia (sebbene più propriamente dedicato a Pluto), mentre si suppone ne esistesse uno situato nell'Elide, a nord ovest del Peloponneso e un ulteriore a Eleusi, strettamente connesso con i misteri locali.
Un altro tempio, sempre in comune con Persefone, si trova in Turchia, a Ierapoli, dove i sacrifici veninano effettuati in corrispondenza della "porta dell'inferno".
Veniva solitamente rappresentato come un uomo tenebroso, barbuto, freddo e serio (ma mai cattivo), spesso seduto su un trono e dotato di una patera e di uno scettro, con il cane a tre teste protettore degli Inferi, Cerbero. A volte si trovava anche un serpente ai suoi piedi. Indossa molto spesso un elmo, oppure un velo che gli copre il volto e gli occhi. Suo attributo era la cappa che rende invisibili. Si hanno sue rappresentazioni in moltissimi contesti ceramici, soprattutto nelle pìnakes di Locri Epizefiri. Altri esempi si conoscono in alcuni affreschi della Tomba dell'Orco (altro nome del dio) a Tarquinia, mentre ad Orvieto se ne ha una raffigurazione all'interno della Tomba Golini I. Per la Grecia si ricordano un trono del Partenone attribuito a Fidia ed una base colonnare da Efeso, più esattamente dal Tempio di Artemide. Nel mondo romano i sarcofagi, soprattutto in età tardo antica, usavano rappresentare il ratto di Proserpina e dunque una raffigurazione del dio infernale. Molto famosa in epoca barocca la versione scultorea di Gian Lorenzo Bernini del Ratto di Proserpina, di estremo virtuosismo. Fra le versioni pittoriche dell'episodio si ricorda il Ratto di Proserpina di Rembrandt.
Ade è l'antagonista principale del film d'animazione della Walt Disney Hercules del 1997 e anche della serie animata spin-off del 1998 Hercules. La versione Disney è stata poi usata nella serie videoludica Kingdom Hearts e nella serie ABC C'era una volta.
Ade è uno dei personaggi principali del manga ed anime I Cavalieri dello zodiaco, in cui i protagonisti sono coinvolti in un combattimento finale contro di lui, quale dio degli Inferi.
Ade è presente nella saga letteraria Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo, padre di Nico e Bianca di Angelo.
Ade è uno degli antagonisti principali del videogioco Horizon Zero Dawn, in cui vuole distruggere la terra con delle macchine, simili ad animali.
Ade è presente nella saga originale (ambientata in Grecia) del videogioco God of War; nel terzo capitolo lo si affronta e uccide.
Ade compare come antagonista ricorrente nella serie videoludica Kingdom Hearts, assieme ai suoi scagnozzi Pena e Panico.
Appare anche nella serie animata Zig & Sharko.
Ade è l'antagonista principale del film Scontro tra titani.
Ade è presente nella serie TV Once upon a time.
Nell'ultimo film della trilogia Disney Descendants, Ade è l'ex marito di Malefica, cattiva della La bella addormentata nel bosco, oltre ad essere il padre di sua figlia, Mal, la protagonista della trilogia.

venerdì 26 agosto 2022

Corone egizie

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La Corona per l'antico popolo della valle del Nilo, era riservata alle divinità ed al sovrano come simbolo del potere con attributi magici-identificativi e fin dal periodo predinastico l'iconografia egizia e la statuaria ne mostrano un numero notevole, assimilando ad essa anche il copricapo ed il simbolo.
Con significato emblematico, le corone occupavano il punto più elevato del corpo e lo superavano implicando quindi il concetto di superamento, perfezione e superiorità ma altri significati erano dati dal materiale con le quali erano realizzate e dalla loro forma.
Alcune corone, molte delle quali estremamente variegate, erano esclusive di una divinità mentre altre erano intercambiabili, tanto che persino il sovrano, divinità egli stesso, veniva rappresentato con le medesime corone degli dei. Quelle prettamente regali venivano chiamate "le grandi di magia" ed un testo ci narra che il re defunto divorava corone per acquisire la loro potenza e forza nel periglioso viaggio nell'Oltretomba.
Esse erano generalmente affidate ad un nobile, dignitario di corte, che prendeva il titolo di "Guardiano della corona che adorna il re" oppure "Intimo consigliere delle due corone".
Verso il Periodo saitico alcune di queste corone divennero molto complesse e pesanti, con l'aggiunta di corna ritorte, dischi solari e urei, tanto che gli egittologi ne hanno ipotizzato uno scarso uso. Ulteriore caratteristica era la sovrapposizione di più corone.
Per le corna d'ariete, usate nella decorazione delle corone, occorre precisare che l'ariete con le corna orizzontali a spirale era Ovis longipes palaegypticus già estinto verso la XII dinastia egizia quando apparve l'ariete sheft, detto anche montone sahariano, ossia Ovis platyra aegyptiaca che era quello con le spesse corna ritorte.

Per completezza aggiungiamo:
Khat: era una corona più semplice del nemes, le punte invece di cadere in avanti, venivano intrecciate sulla schiena coprendo le orecchie. Spesso veniva rappresentata come una parrucca e con l'aspetto di rete, raramente era fatta in tessuto a strisce. Era provvista di un cerchio decorato anteriormente con un cobra e un avvoltoio che rappresentavano le Due Terre.

Diadema: era la corona più semplice con la quale il sovrano compariva in pubblico. Sul diadema, il corpo sinuoso dell'ureo costituiva la parte superiore mentre la testa era posizionata in corrispondenza della fronte. Due elementi in oro pendevano nella parte posteriore. L'ureo reale rappresentava la forza del sovrano e lo difendeva dai nemici con il suo "soffio di fuoco". Spesso questa semplice corona veniva sovrapposta alle altre.

Avvoltoio: era la tipica corona delle regine e veniva raffigurato con le ali aperte. Sopra poteva essere posta un'ulteriore corona con il disco solare, due alte piume di struzzo e, qualche volta, anche l'ureo. Questa corona era portata anche dalle dee.

Modio: copricapo o corona a forma di vaso o canestro svasato verso l'alto. Poteva essere impreziosito con urei. Era portato indifferentemente da uomini e divinità e poteva servire come base per ulteriori corone.

Hemhemet: questa complicata corona era composta da un modio con sopra tre corone atef a fasci di papiro, recanti alla base ed in cima un disco solare e chiusi in doppie corna a forma di lira. Era sormontata da corna d'ariete e decorata con urei. Veniva indossata per indicare un atteggiamento di tipo aggressivo.


Copricapi di divinità
I due copricapi più ricorrenti nell'iconografia delle divinità egizie sono:
il disco solare con due corna a forma di lira: questo copricapo era tipico delle divinità femminili ed era formato dal disco solare tra due corna a forma di lira. Era tipico della dea Hathor e, verso la fine della XXVI dinastia, anche della dea Iside. La distinzione tra le due dee è rappresentata dalle piccole orecchie di vacca (mucca o toro) di Hathor.

Atef: simbolo di Osiride e uno dei copricapi più comuni nelle immagini delle divinità. Era formato dalla Corona bianca completata da due piume di struzzo (simboleggianti Maat, cioè la verità e la giustizia); poteva essere composto da un fascio di papiri a forma di tiara con disco solare, con corna di ariete e urei.


Corona con disco solare e corna a forma di lira
A partire almeno dal Nuovo Regno, fino all'epoca romana, rimase tipica del defunti la Corona di giustificazione, legata sia alla vittoria di Osiride sulla morte che ai raggi solari di Ra. Non risulta alcuna catalogazione completa dei copricapi delle divinità, per la difficoltosa decodificazione delle caratteristiche divine modificate e stratificate dal sincretismo. L'unica certezza sull'identità può essere data dal nome, scritto in geroglifico, o dal simbolo entrambi generalmente apposti sopra la testa. Poiché a ogni copricapo divino iconograficamente attestato non corrisponde un nome specifico, seguono le immagini di alcune divinità con i copricapi che generalmente le distinguevano, fermo restando il principio dell'intercambiabilità dei copricapi.

giovedì 25 agosto 2022

Cartiglio

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Il cartiglio, in generale, è un elemento decorativo (scolpito, dipinto o a stampa) talvolta ad immagine di rotolo cartaceo in parte svolto, che contiene un testo, un titolo, un'iscrizione.
Per quanto una delle tipologie comuni di cartiglio sia certamente il rotolo cartaceo, ne esistono molte altre: si annoverano cartigli floreali, altri composti da immagini simboliche, o evocatrici del soggetto rappresentato (nel quadro, nella carta geografica, ecc.), altri ancora di forma semplicemente geometrica (un rettangolo, un'ellisse, ecc.). Occorre far riferimento al rapporto tra arte, scienza e traduzione, per rintracciarne usi consueti, affini ai 'pizzini', quasi palatinizzati, per comprenderne la diffusione nelle tavole graficamente illustrate, in botanica quanto in erboristeria, per arrivare in cucina e certamente in pittura, con somiglianze del piccolo rotolo e non più dunque solo nel cartiglio funebre o cerimoniale augurale, con la cornice nera e bianca traforata e in pizzo, che si scoprono tradizionalmente seguiti con frasi di compianto o di augurio, ora, semioticamente, breve schematizzazione dell'inserto o del risvolto, con qualche aspetto narrativo e identitario di accompagnamento. Si pensi alla "Maestà" di Simone Martini, al "San Girolamo nello studio" di Antonello da Messina dove diviene rebus visivo quasi a predella, aptico ormai allo sguardo e quasi retoricamente al tatto o al "Cavaliere" di Vittore Carpaccio, dove insegue consapevolezza nel tema cavalleresco; poi, quindi, in opere destinate alla contemplazione e alla meditazione laica come le "nature morte" con fiori i cui significati simbolici e devozionali ed affettivi potrebbero non sfuggire al pubblico delle Fiandre e che qualche risonanza filosofica potrebbero avere, specialmente da fine Cinquecento, in un Manierismo diffuso, volto a superare i limiti continentali, nel rispetto dei generi consolidati di storia.
Il cartiglio (posto nella maggior parte dei casi, ma non sempre, in alto a destra) racchiude il titolo della carta geografica, ed eventuali informazioni aggiuntive. Si va dal semplice "Italia Nova" della carta dell'Italia inclusa nell'edizione del 1672 della Introductio in universam geographiam tam veterem quam novam ... di Filippo Cluverio a diciture molto più complesse, con informazioni sull'anno di pubblicazione della carta, editore, tipografo, fonti, ecc.
Nel gergo del disegno tecnico, il cartiglio è il luogo del foglio dove risiede il riquadro (di norma in basso a destra) nel quale vengono racchiuse tutte le informazioni necessarie a comprendere in miglior modo il complessivo raffigurato; in particolare, secondo la normativa UNI 8187, ISO 7200, esso viene chiamato "riquadro delle iscrizioni" e indica tutti i pezzi compositi, la loro tipologia, nonché i dati dell'autore del disegno (nome e cognome), committente, ecc.
Il termine indica anche il segno grafico usato nelle iscrizioni in antico egizio che racchiude due dei nomi del sovrano, il prenome ed il nome.
Una delle ipotesi sulla sua origine è la derivazione dallo shen (anche in considerazione del fatto che il cartiglio compare più o meno contemporaneamente insieme all'epiteto sa Ra, figlio di Ra, che appunto è la principale divinità solare nel pantheon egizio), simbolo solare rappresentato come un cerchio.
In francese, il termine cartouche assegnato al cartiglio, deriva dalla forma di quest'ultimo: durante la Campagna d'Egitto del 1799, essa ricordava ai soldati napoleonici la cartuccia impiegata per caricare il fucile.

mercoledì 24 agosto 2022

Incantesimo

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L'incantesimo è la concentrazione di energie volitive verso un preciso scopo, comprendente l'alterazione del comportamento naturale delle cose o della volontà delle persone.
Quasi ogni tradizione magica e persino religiosa organizzata, ha le sue idee precise rispetto a questo aspetto pratico del lato mistico della vita. Alcuni addirittura aborrono anche solo l'uso di questo termine, ma spesso compiono comunque dei gesti o dei rituali con il preciso scopo di apportare energia a un loro desiderio affinché quest'ultimo si avveri.
L'incantesimo può essere veicolato da parole o da strumenti dedicati a tale scopo, come sigilli, amuleti, talismani, pentacoli, erbe e piante, olii, incensi, rituali, bacchette magiche, ecc. con a volte il supporto di invocazioni di divinità o entità varie, oppure di evocazioni.
Dal punto di vista strettamente etimologico l'incantesimo dovrebbe richiedere l'uso della voce, la ripetizione di parole più o meno in rima, una cantilena, ecc. infatti deriva dal latino incantarecon il significato di "cantare formule magiche".


martedì 23 agosto 2022

Demonologia

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La demonologia è lo studio delle credenze riguardanti spiriti e dèmoni, o, più specificamente, riguardanti Satana e i demòni. Queste credenze possono essere diffuse all'interno di tradizioni religiose e/o popolari e consistono nella convinzione dell'esistenza di esseri sovrannaturali, malvagi e potenti in grado di influire sulle vicende umane.
Si affianca all'angelologia, che assume significato analogo nel campo di studi opposto, cioè quello sugli angeli. I demoni rappresentano in molte culture entità del pantheon infernale, suddivise in gerarchie "militari" definite "legioni". Ogni demonio è dotato di caratteristiche peculiari, quali diverse funzioni e capacità. Soprattutto all'interno di credenze nelle quali si ammette l'azione di questi nel mondo umano e l'interazione con l'essere umano, essi possiedono un proprio aspetto e un sigillo (una sorta di firma autenticante) utile soprattutto all'operatore dell'occulto che si serve dei loro poteri per scopi personali (es. magia nera o Goezia).
Come l'angelologia si occupa delle gerarchie angeliche, la demonologia si occupa di quelle diaboliche, come pure del carattere e della specializzazione di ogni entità, che spesso sono rese evidenti dal nome stesso: per esempio: Abaddon, "perdizione", Asmodeo, "spirito del giudizio", Baalzebub, "signore delle mosche", Satan, "avversario", Samael, "veleno di Dio”, Behemoth, "grande bestia".
Particolarmente sviluppata nella tradizione cristiana, la demonologia riguarda le creature, definite angeli, che avrebbero peccato contro la divinità cristiana.
C.E.I. 2 Pietro 2:4 - Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio;
Questi angeli caduti in disgrazia sarebbero guidati da Lucifero. Ecco il passo del commentario, riferito a Pietro 5:8, che tratta di queste creature:
“(...) L'avversario è la traduzione del nome ebraico Satan che la versione dei LXX ha reso col greco diàbolos che vuol dire il calunniatore. Quell'angelo ribelle è l'avversario di Dio e degli uomini. I fedeli non hanno da combattere soltanto cogli uomini o colle loro proprie passioni, ma devono lottare anche contro un nemico invisibile e potente, il quale suscita contro la Chiesa le passioni popolari e le persecuzioni. Che fomenta nella Chiesa errori e divisioni, nel cuore stesso dei fedeli lo scoramento e le tentazioni. Quel terribile nemico è paragonato al leone affamato e feroce che rugge per impazienza di preda e va attorno bramoso di divorare, cioè di perdere, chi si lascia sorprendere da qualche lato debole per mancanza di vigilanza o per troppa fiducia nelle proprie forze. Pietro ne sapeva qualcosa”.
San Tommaso d'Aquino espresse la sua opinione circa l'esistenza di queste creature e la loro influenza sulla psiche umana. Secondo San Tommaso il demonio esisterebbe e potrebbe influire sull'intelletto umano plasmando forme immaginative.
Nel medioevo alcuni elementi pre-cristiani si diffusero nella cultura popolare. In particolare conobbe grossa diffusione il mito delle streghe (termine derivanti da stryx strix, creature dell'ambito pagano greco-romano, dipinte come demoni notturni dalle sembianze di barbagianni use ad abbeverarsi di sangue di neonati e di puerpere).
Secondo gli esorcisti il corpo umano sarebbe un luogo in cui possono penetrare i demoni, in qualità di creature puramente spirituali e non legate allo spazio.
La demonologia vera e propria era pressoché assente nel mondo ebraico-cristiano dei primi tempi. Essa veniva perlopiù menzionata in opere letterarie come i grimori e nell'Ars Goetia, che costituisce non solo lo studio, ma anche i metodi d'invocazione dei demoni e l'utilizzo della magia. Due dei grimori più celebri riguardanti i demoni sono sicuramente la Chiave di Salomone e la Piccola Chiave di Salomone, che si dice siano stati scritti dal Re Salomone in persona. Ancor oggi però l'autenticità di questi scritti con la figura del re d'Israele è in dubbio.
Tuttavia, i rabbini scoraggiavano i fedeli dall'uso di queste pratiche occulte e pericolose e li incitavano a non cadere in tentazione ed a comportarsi bene, in modo tale da rimanere nella grazia di Dio. Lo stesso Salomone nel Testamento di Salomone, ormai in punto di morte, ricorda con dolore la propria idolatria, che attribuisce a influenze demoniache, dilungandosi in una trattazione demonologica.


lunedì 22 agosto 2022

Lich

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Il termine lich deriva dalla parola in inglese antico līc, "cadavere". La parola è entrata nel vocabolario del fantasy moderno con diverse accezioni specifiche, tutte riferibili a qualche forma di creatura non-morta dotata di poteri magici. Uno dei primi usi del termine nella letteratura fantasy si trova nell'opera di Clark Ashton Smith (Empire of the Necromancers); fu invece nel contesto del gioco di ruolo Dungeons & Dragons che "Lich" fu per la prima volta utilizzato per indicare un particolare genere di creatura non-morta (e quindi non in senso generico).
In Dungeons & Dragons, e in molte altre ambientazioni fantasy ispirate al gioco, un lich è un mago, o più in generale un incantatore, che ha ottenuto l'immortalità attraverso la magia nera trasformandosi in un non-morto, ma ha conservato la propria volontà e i propri poteri magici. Durante questo processo, il lich perde la sua anima, che deve essere conservata in uno speciale recipiente chiamato filatterio. Distruggere il filatterio di un lich è l'unica maniera di uccidere questa creatura: la distruzione del suo corpo fisico, infatti, porterà semplicemente il lich a un processo di ringiovanimento, ovvero di creazione di un nuovo corpo dopo un determinato periodo di tempo.
In Dungeons & Dragons e in molte sue ambientazioni i lich sono fra le creature più potenti e malvagie; persino alcuni dèi sono stati lich in passato. Un lich che abbia vissuto molto a lungo può diventare un semilich (o Demilich), una creatura ancora più potente ed esoterica, capace di viaggiare attraverso i "piani dell'esistenza". Questo gli è possibile grazie alle gemme dell'anima, dei cristalli in cui il Demilich può intrappolare le anime degli esseri viventi e adoperarle come vere e proprie "batterie" per alimentare i suoi poteri quasi divini. Da notare che in D&D sono presenti anche lich "benevoli" che hanno accettato un destino come morti viventi per perseguire un obiettivo.
Fra le altre ambientazioni fantasy che hanno adottato la figura di lich sulla scorta di quella di D&D si possono citare numerosi videogiochi: NetHack, Darksiders II, Guild Wars, Warcraft III e World of Warcraft: Wrath of the Lich King, Eternal Darkness: Sanity's Requiem, Gauntlet: Dark Legacy, le serie di Might and Magic, Final Fantasy, Ultima, The Elder Scrolls, Enter The Gungeon e Disciples. Fra i giochi di ruolo in cui compaiono i lich ci sono contano Mage: The Ascension, Warhammer Fantasy Roleplaying e Shadowrun. Anche nella letteratura i lich ispirati a D&D contano numerose apparizioni: tra le altre, quella in Perdido Street Station di China Miéville (dove sono definiti "tànati"), nel Conan and the Sorcerer di Andrew J. Offutt (parodia del 1978 dei romanzi di Conan), e nella serie Rise to Heaven. Da ricordare anche Skeletor, antagonista della fortunata serie d'animazione e fumetti Masters of the Universe che è effettivamente uno stregone non-morto, ovvero un Lich, anche qui mai chiamato in tal modo. Anche due film d'animazione hanno come antagonista un Lich. Il primo è il classico della Walt Disney Taron e la Pentola Magica, l'altro invece è un film della 20 Century Fox Anastasia.
Nel primo il tirannico re di Prydain il Re Cornelius, mostrato come un ibrido tra uno scheletro e un demone, è un Lich dotato di enormi poteri oscuri con l'obiettivo di impossessarsi della “Pentola Magica” per creare un esercito di guerrieri immortali infondendo la vita nei cadaveri dei secoli passati. Il suo piano riesce ma alla fine del film viene sconfitto dalla stessa magia che aveva cercato di dominare essendone assorbito. Inspiegabilmente non mostra di avere nessun flatterio in cui conserva la sua anima.
Nel film del 1998, Anastasia, l'antagonista è Rasputin un sacerdote che è diventato un Lich dopo aver fatto un patto con il Diavolo per distruggere la famiglia Romanov. Diversamente dal lich della Disney, Rasputin mostra di avere un flatterio in cui tiene la sua anima e che è anche la chiave dei suoi poteri oscuri. Quando all'inizio del film affoga sotto il ghiaccio, non ringiovanisce ma viene in seguito mostrato rimasto tale com'era nell'aspetto fisico solo indebolito dal tempo (probabilmente perché il suo corpo non è stato distrutto), inoltre, non ritorna sulla terra, ma, rimane intrappolato in un limbo sospeso tra la terra e l'aldilà, dal quale riesce a fuggire solo dopo essere rientrato in possesso dei suoi poteri e dopo averr capito che deve uccidere personalmente l'unico membro sopravvissuto della famiglia Romanow. Il suo flatterio è un reliquiario dal quale fuoriescono dei piccoli spiriti verdi simili a demoni. Alla fine del film viene definitivamente sconfitto da Anastasia che distrugge il suo reliquiario dopo aver capito che esso è l'unica cosa capace di tenerlo in vita. Anche nella serie animata Adventure Time il Lich è uno stregone immortale intrappolato in un guscio di ambra e liberato da una lumaca posseduta dai suoi poteri oscuri e maligni. Nella serie Square-Enix Final Fantasy, Lich è il boss custode del potere del tempio della terra, rinato dopo la morte. In Final Fantasy XII il Lich, come dice il bestiario del gioco stesso, è un non-morto la cui violenza è direttamente proporzionale alle opere di carità che ha fatto nella vita terrena.






 
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