Per strega (un tempo anche
lamia) si intende una figura mitologica creata in parte dalla
credenza popolare, in parte dalla cultura dotta, e dotata di poteri
soprannaturali.
Secondo le credenze diffuse in varie
culture, le streghe sarebbero state dedite alla pratica della magia e
dotate di poteri occulti che sarebbero derivati loro dall'essere in
contatto col maligno o comunque con entità soprannaturali. Queste
donne (perché si è trattato per lo più di donne) avrebbero usato
tali poteri quasi esclusivamente per nuocere alle persone e alle cose
e talvolta per opporsi all'intera società umana. Per alcuni secoli
molte persone sono state oggetto di persecuzione da parte della
Chiesa quando in loro venivano individuate le caratteristiche
attribuite alle streghe.
La stessa idea dell'esistenza delle
streghe fu messa in discussione, nella metà del XVIII secolo, dallo
studioso trentino Girolamo Tartarotti, che giudicò infondate le
teorie sulla stregoneria, e frutto di superstizione piuttosto che di
logica, di indagine scientifica ed ortodossia cattolica.
Alla definizione classica e popolare di
strega se ne intrecciano altre che assumono caratteri specifici,
anche se il più delle volte puramente simbolici, e soggetti alla
flessibilità e all'ambiguità delle diverse culture che li rendono
espliciti. Risulta pertanto riduttivo, benché storicamente corretto,
indicare come "strega" solamente quella donna che si
sarebbe data al Demonio per mezzo di un patto e dunque strettamente
associata al male e al peccato. Per una maggiore comprensione del
termine usato attualmente è indispensabile fare riferimento a tutte
quelle discipline che studiano la figura della strega nei suoi
molteplici aspetti (la psicologia, la psicoanalisi, la sociologia,
l'antropologia, ecc.).
Con il supporto delle scienze sociali e
delle scienze umane la ricerca storica ha potuto collocare la figura
della strega all'interno di determinati gruppi sociali e individuarla
in soggetti dalle precise caratteristiche, quali ad esempio i poveri,
i mendicanti, gli emarginati, gli anziani, le vedove, e in tutti
coloro che all'interno di una comunità ristretta esercitavano
pratiche magiche e guaritive. Naturalmente non sono esistite delle
categorie fisse entro le quali si possono rintracciare con assoluta
certezza i soggetti che corrispondono allo stereotipo della strega.
Nei secoli delle persecuzioni vennero infatti accusate di stregoneria
anche persone giovani, benestanti, fisicamente sane e perfettamente
inserite nell'ambito sociale di provenienza. Ciascuna
differenziazione dipende dallo specifico contesto storico, culturale,
politico, religioso ed economico, ma in linea di massima la strega è
sempre colei che si distingue dalle persone che la circondano e che
non si adatta interamente al modo di vita e alle regole del gruppo
sociale di appartenenza.
L'immagine della strega è stata
ampiamente rinnovata e rivalutata all'interno dei movimenti neopagani
e in particolare dalla Wicca a partire dalla prima metà degli anni
Cinquanta del Novecento, oltre che da tutte quelle correnti
tradizionaliste individuabili nella Stregoneria tradizionale e nella
Stregoneria italiana, le quali, rifacendosi agli studi sul folclore,
mettono in evidenza soprattutto il ruolo della strega nelle società
antiche e moderne come guaritrice ed esperta di medicina naturale.
Nel folclore popolare occidentale la
figura della strega ha avuto solitamente un'accezione negativa: si
riteneva che le streghe usassero i loro poteri per nuocere alla
comunità, soprattutto a quella agricola, e che prendessero parte a
dei raduni periodici chiamati sabba dove adoravano il Demonio.
La figura della strega ha radici
antichissime, che precedono di molto il cristianesimo: basti
ricordare la cosiddetta strega di Endor, in realtà una negromante,
citata nella Bibbia, come anche le celebri streghe della Tessaglia,
nell'antica Grecia.
A partire dal tardo Medioevo e con
l'inizio del Rinascimento, la Chiesa cattolica e, in seguito, anche
alcune confessioni protestanti hanno individuato nelle streghe delle
figure eretiche, pericolose per la comunità e dedite al culto del
Maligno, da perseguitare ed estirpare dalla società con la violenza.
L'insieme dei fenomeni persecutori contro la presunta setta di
adoratori del Demonio è noto come "caccia alle streghe" e
in Italia l'ultimo caso di una donna che sia stata uccisa perché
ritenuta una strega avvenne nel 1828 a Cervarolo in Valsesia. Si
stima che in Germania, nel solo secolo compreso tra il 1450 ed il
1550, vennero condannate al rogo circa centomila donne, considerate
streghe.
Dietro ad alcuni fenomeni ritenuti di
stregoneria registrati a fine Seicento a Salem negli USA si pensa vi
sia stato un consumo alimentare di segale cornuta (cioè infettata da
Claviceps purpurea) i cui alcaloidi sono resistenti anche alle alte
temperature dei forni di cottura del pane.
Il medico olandese Johann Wier, con il
suo libro De praestigiis daemonum del 1563, è stato uno dei
primi a stabilire una connessione tra il possibile stato
allucinatorio di anziane donne malate e frustrate e i tipici
comportamenti di coloro che venivano ritenute delle streghe. Tra i
seguaci di questa visione scettica, ancorché non del tutto
scientifica, vi fu l'inglese Reginald Scot, autore di un'opera
intitolata The Discoverie of Witchcraft (1584).
Pur con intenti tutt'altro che
assolutori, l'inquisitore francese Pierre de Lancre, nel suo trattato
Tableau de l'inconstance des mauvais anges et démons del
1612, ha riflettuto prima di ogni altro sulle caratteristiche che
accomunavano le streghe da lui perseguite nella regione del Labourd e
i "maghi" della Lapponia, ossia gli sciamani. Secondo il de
Lancre, streghe e sciamani si abbandonavano a un'estasi di tipo
diabolico.
Alla metà del XVIII secolo, quando
sono già molto numerose le manifestazioni di scetticismo da parte di
intellettuali ed eruditi verso la realtà della stregoneria, Girolamo
Tartarotti pubblica il suo Del Congresso notturno delle Lammie
(1749), nel quale afferma la realtà della magia diabolica (e dunque
la possibilità di operare malefici e incantesimi con l'aiuto del
Maligno), mentre nega l'esistenza del sabba considerandola pura
illusione, arrivando con ciò a ridefinire lo stereotipo della strega
che a quel tempo era ancora prevalentemente incentrato sulla credenza
nel volo notturno e nelle tregende.
A partire dall'Ottocento è iniziata la
rivalutazione della figura della strega attraverso varie opere
storiche e letterarie, tra le quali basti citare La Sorcière
di Jules Michelet, in cui lo storico francese afferma tra i primi la
tesi che la stregoneria sia un residuo di antichissime pratiche
pagane. Una notevole influenza ha avuto il saggio Aradia, o il
Vangelo delle Streghe, scritto da Charles Godfrey Leland nel
1899, in cui l'autore descrive in forma romanzata antichi riti della
tradizione stregonesca italiana, chiamandola "stregheria".
Nel testo si narra di Aradia, figlia della dea Diana, che scende
sulla terra per insegnare l'arte della stregoneria ai suoi seguaci.
Altrettanta importanza hanno avuto, nei
primi decenni del Novecento, le tesi di Margaret Murray, secondo le
quali la stregoneria sarebbe la sopravvivenza per tradizione
misterica, soprattutto nelle campagne, di culti e pratiche di origini
remote: pratiche di guarigione, rituali di fertilità, conoscenze
dell'uso delle erbe, comunicazione con gli spiriti e il numinoso, e
viaggi extracorporei. La strega della cultura occidentale
corrisponderebbe allo sciamano delle culture cosiddette primitive.
Questo nuovo contesto ha contribuito
alla nascita del neopaganesimo e della wicca, nel cui ambito per
strega si intende colei che è stata iniziata a una delle varie
tradizioni neopagane o wiccan, o una praticante della stregoneria
tradizionale.
In italiano con il termine strega si
intende solitamente una donna, mentre il suo omologo maschile è lo
stregone. Strega deriverebbe dal latino striga e stryx,
con corrispondente nel greco stryx, strygòs" e
sta per "strige, barbagianni, uccello notturno", ma col
passare del tempo avrebbe assunto il più ampio significato di
"esperta di magia e incantesimi". Nel latino medievale il
termine utilizzato era lamia, mentre nelle varie regioni
d'Italia il sostantivo che indica la strega varia a seconda della
località. Possiamo perciò trovare:
|
A partire dal Rinascimento le streghe
appaiono soprattutto come delle donne vecchie e arcigne (anche se non
manca all'opposto la figura della strega bella e fascinosa), qualche
volta rappresentate accanto ad un filatoio o nell'atto di intrecciare
nodi, a richiamare l'idea di vendetta, tessendo, cioè, il destino
degli uomini e ponendoli di fronte a mille ostacoli (in questa
iconografia ricordano le antiche Parche/Moire/Norne). |
Ogni strega della tradizione è
accompagnata da qualche strano animale, il famiglio, con caratteri
diabolici, che fungerebbe da consigliere della propria padrona.
Tipici famigli sono il gatto, il gufo, il corvo, la civetta, il topo
e il rospo.
Poiché le loro pratiche magiche
avvengono in giorni stabiliti in base al ciclo naturale, le streghe
sono spesso raffigurate in luoghi aperti. Vi sono però anche molte
immagini di streghe nelle loro case, intente a preparare un filtro
magico o in procinto di partire per il sabba.
Un'altra immagine tradizionale e molto
popolare della strega la rappresenta in volo a cavallo di una scopa.
Questa iconografia dichiara esplicitamente la sua parentela con la
Befana, e l'appartenenza di entrambe le figure all'immaginario
popolare dei mediatori tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
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