Mitologia è il termine con cui
si indica sia lo studio - riferito di frequente alle singole
religioni - dei miti, sia il complesso delle credenze mitiche. Queste
concernono principalmente tre argomenti: a) l'origine del mondo; b)
l'origine dell'uomo; c) l'origine del popolo privilegiato rispetto
alla divinità (l'elaboratore del mito stesso)
Disciplina considerata fenomeno
culturale assai complesso, la mitologia può essere analizzata sotto
diverse prospettive; il suo corpus è comunque dato
dall'insieme di narrazioni - quasi sempre orali, spesso letterarie -
e da drammatizzazioni e rappresentazioni di tipo figurativo che
mettono a fuoco le vicende di personaggi esterni al tempo inteso in
senso storico.
L'intersecarsi, il comporsi - ed anche
lo scomporsi ed il successivo ricomporsi - delle vicende mitologiche
- che è possibile vedere sotto una diversa prospettiva a seconda di
una narrazione o rappresentazione rispetto ad un'altra -
costituiscono il patrimonio fondativo di una determinata cultura e di
un popolo. Ciò è sempre in qualche modo in rapporto con la sfera
del sacro e del divino, per questa ragione il confine tra mitologia e
teologia è molto labile e talvolta indistinguibile.
Può darsi che le civiltà antiche
abbiano considerato i loro miti come la memoria di avvenimenti
realmente accaduti, spesso legati all'origine stessa del mondo
e dell'uomo. Di certo, le culture storiche molto spesso (o quasi
sempre) hanno messo in dubbio la verità letterale dei miti,
interrogandosi sulle ragioni e sui modi della nascita di questi
antichi racconti strettamente connessi al pensiero del divino.
Un celebre tentativo di rispondere a
questo genere di domande si deve a Evemero, filosofo greco vissuto
tra il IV e il III secolo a.C.
Nell'interpretazione cosiddetta evemeristica, i miti sono in
effetti resoconti di avvenimenti storici, che però, nel loro essere
tramandati di generazione in generazione, sono stati via via
sottoposti ad un insensibile procedimento fantastico, cristallizzando
dettagli inverosimili e assumendo specifiche peculiarità simboliche.
Secondo questa tesi (che ha sostenitori anche in tempi moderni), gli
dèi del mito sono in realtà antichi re e guerrieri che col tempo
sono diventati leggendari o sono stati divinizzati.
Sempre fra i filosofi greci, altri (per
esempio Plotino) sostennero invece l'infondatezza storica del mito,
asserendo che la mitologia andava considerata come un corpus
di insegnamenti morali espresso in forma metaforica. Anche questa
posizione generale ha ancora i propri sostenitori, sebbene in genere
gli studiosi moderni concordino sul fatto che non tutti i miti
abbiano un significato morale.
Nel XVII secolo, il filosofo
Giambattista Vico suppose che il mito fosse nato dalle
caratteristiche proprie dei primi uomini: simili a "fanciulli",
i nostri progenitori, anziché formulare concetti astratti, avrebbero
espresse la loro visione del mondo mediante immagini poetiche. Si
tratta di una concezione di cui sarebbe davvero imprudente
sottovalutare l'importanza: se ne ritrovano tracce, di segno peraltro
opposto, in quasi tutte le teorie antropologiche successive, sia in
quelle che vedono nell'ipotetica "fantasia" primordiale
null'altro che un'incapacità razionale, sia in quelle che
all'opposto ritengono quel pensiero "poetico" (di cui si
parla per via ipotetica, occorre ricordarlo) come superiore a quello
fondato sul principio di non contraddizione e su altri protocolli
della Ragione.
Un primo contributo importante si deve
al filologo Max Mueller nel XIX secolo, il quale affermava che i miti
avevano avuto origine nel linguaggio, dunque il mito nella sua
interezza era, semplicisticamente parlando, una descrizione poetica
degli eventi naturali, e i nomi degli dei che venivano dati a tali
fenomeni. In questo però Mueller non faceva che riprendere quanto
già sostenuto nella Scienza Nuova da Vico. Ma un'interpretazione di
tipo completamente differente ci viene dallo studio di Sigmund Freud
e dei suoi seguaci ed allievi. Tra questi Carl Gustav Jung, tra la
fine del XIX secolo e i primi anni del XX secolo è sicuramente colui
che si è occupato maggiormente del mito, ma con un'interpretazione
spiritualistica che finisce per confliggere con quella materialistica
del maestro. Jung apre, a tutti gli effetti, una via alla psicanalisi
su presupposti molto differenti da quelli di Freud.
Secondo gli psicanalisti in genere, il
mito nasce in seguito a due processi: il primo si può definire come
un affacciarsi alla mente dell'uomo delle attività intellettive
fondamentali, ossia la ricerca delle cause, i sentimenti
contrapposti, le intuizioni, attività che prendono piede
contemporaneamente. Il secondo processo opera una fusione della vita
cosciente con la vita inconscia, ossia avviene un meccanismo simile a
quello che avviene nei sogni.
Questi due processi si integrano e si
completano vicendevolmente: infatti, mentre il primo porta alla
formazione di immagini "sintetiche", ossia immagini
non direttamente stampate sulla retina dell'occhio, che racchiudono
tutto quello che concerne una determinata idea, il secondo
interviene, attingendo alla capacità di correlazione e sincretismo
tra le varie attività del pensiero, per organizzare il primo
processo, dando così origine al mito.
Ad esempio, l'idea di "acqua"
riunisce le idee di necessità, di causa prima, di fecondità, e di
conseguenza il secondo processo interviene per creare la figura di un
essere che ne rappresenti gli attributi e che operi di conseguenza.
Nel momento in cui nasce il mito, la potenza diventa atto.
Naturalmente questo non esclude il
fatto che molti personaggi mitologici potrebbero essere realmente
esistiti, anzi in alcuni casi ne abbiamo la quasi certezza: quello
che è vero, è che probabilmente le loro imprese raccontate dai miti
siano state romanzate, per i motivi di cui sopra, ed è certo che la
mitologia è stata, specie nel passato, fonte di ispirazione
nell'arte, sia in letteratura come nella pittura e nella musica.
Gli aspetti fondamentali del mito sono
simili in ogni parte del mondo. Ad esempio Giorgio De Santillana ed
Herta Von Dechend (in Il mulino di Amleto) affermano che la
complessità della descrizione mitologica non ha nulla da invidiare
alla complessità della scienza attuale. Attraverso il mito si scopre
un messaggio importante per l'umanità che solo ora è possibile e
necessario decifrare. L'autore afferma infatti che sia necessario
affrontare una lettura "su più livelli" del mito. Ad
esempio il Diluvio universale è un mito che si trova dovunque, in
quasi tutte le antiche mitologie, anche in popoli geograficamente
molto distanti. La prima ipotesi che si affaccia alla mente è che
questo mito sia la descrizione di un'alluvione avvenuta in tempi
remotissimi, il cui racconto fu tramandato oralmente e poi
trascritto.
Alcuni studiosi tuttavia credono che un
mito come quello del Diluvio potrebbe essere molto più
semplicemente nato dall'idea che le antiche popolazioni potevano
avere dell'acqua: è innegabile che molte immagini risultano avere la
stessa valenza in luoghi diversi (il fuoco e l'acqua la
purificazione, il fulmine l'ira divina e così via), pertanto è
possibile che l'idea di un'alluvione talmente devastante da
costringere gli uomini a ricominciare da zero sia nata nelle diverse
culture per diverse esigenze. Secondo questa ipotesi, piuttosto che
un evento reale raccontato in modi diversi, le culture antiche
avrebbero adattato una identica idea ai loro interessi, ai loro
scopi; bisogna considerare che anticamente gli uomini erano molto più
vulnerabili agli eventi naturali, e potrebbero aver scelto quasi
indipendentemente un'inondazione come evento catastrofico. D'altra
parte il primo Diluvio, raccontato nell'Epopea di Gilgamesh fu
ripreso nell'Enuma Elish, e da qui si diffuse nella cultura greca e
in quella ebrea, e da lì in tutto il mondo indoeuropeo.
I racconti mitologici di pressoché
qualsiasi popolo tradiscono un sentimento profondo per gli organismi
vegetali che spesso venivano analizzati con cura, e di cui ci si
serviva per comunicare significati allegorici a mezzo di un
linguaggio simbolico. Inoltre laddove si analizzino alcuni racconti
mitologici in relazione al culto è possibile riconoscere un nesso di
ordine tradizionale tra la flora e il divino; basti pensare all'uso
diffuso nelle celebrazioni che già in tempi remoti si faceva
dell'incenso, e ad alcuni racconti mitologici che vedono protagonisti
la pianta (mito di Leucothoe), ovvero un giovane che
porta il nome della pianta (Libanotis).
Oltre a quella classica in senso
stretto (greca e romana), esistono diversi tipi di mitologie e le più
ricche sono quella indiana e quella mesopotamica. Tuttavia, non
esiste cultura antica senza una propria mitologia.
Le aree interessate comprendono tutti i
continenti: Africa, Americhe, Asia, Europa ed Oceania.
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