L'Azoth
(o Azoto),
in alchimia, è un solvente o un farmaco universale, affine ad altre
sostanze sottili come l'etere o l'alkahest,
che si otterrebbe disciogliendo lo spirito vitale nascosto nella
materia grossolana. A partire dall'azoth
sarebbe stato possibile cristallizzare la pietra filosofale e operare
ogni sorta di trasmutazione: esso fu perciò oggetto della visione e
delle ricerche di svariati alchimisti.
Simbolizzato a volte dal caduceo,
l'azoth riassumeva in sé una formula occulta, o costituiva
anche un'espressione poetica per indicare il mercurio, elemento
considerato il sostrato primordiale di ogni metallo, come nella
terminologia utilizzata da Paracelso:
«Azoth, in Paracelso, significa il Mercurio vivo,
estratto da un qualsiasi corpo metallico; più propriamente, è il
Mercurio corporeo [...] In Paracelso, indica la Medicina
universale [...] che contiene in sé le virtù di ogni altra
medicina [...] Si dice che ne portasse sempre un poco con sé,
racchiuso nel pomo della spada.»
|
(Antonio Ricciardi, Commentaria
Symbolica, Venetiis, 1591, I, p. 101, dal
Dictionarium Paracelsi
di Gerardus Dorneus del
1575) |
Etimologia
Il termine si presta ad essere
ricondotto a diverse etimologie. In quanto vocabolo del latino
medievale, esso nasce da un'alterazione di azoch,
originariamente derivato secondo gli orientalisti dall'arabo
al-zā'būq, che significa appunto «mercurio», oppure dal
termine sufi el-dhat, o ez-zat, proveniente dal
persiano az-zauth, traducibile con «essenza», «quiddità»,
o «realtà interiore». In virtù del suo significato, Azoth
era usato sostanzialmente quale sinonimo stesso della pietra
«nascosta».
Si può tuttavia individuare in Azoth
anche un acronimo cabbalistico costituito da 4 lettere (A-Z-Ω-Th):
- "A" in quanto inizio dell'alfabeto,
- "Z" in quanto ultima lettera di quello latino,
- "O" in quanto omega, posta alla fine dell'alfabeto greco,
- "TO" in quanto lettera finale dell'alfabeto ebraico;
le caratteristiche di contenere in sé
l'inizio e la fine di tutto erano quelle attribuite appunto al
mercurio, che in quanto veicolo di collegamento fra cielo e terra,
era assimilato all'etere filosofico, cioè la sostanza con cui si
riteneva intessuta l'Anima del mondo che permeava di sé l'intero
universo.
La parola Azoth appare legata
anche al suono Ain Soph, che nella cabala ebraica è la
sostanza fondamentale generatrice delle dieci Sephirot di cui è
composta.
Vi è da aggiungere infine che in
alcune lingue, soprattutto slave, ma anche in altre come il francese
e l'italiano, Azoth è il nome che designa l'elemento chimico
azoto: in questo caso l'etimologia è formata dall'alfa privativo
greco α + ζωή, che vuol dire «senza vita», espressione in cui
era implicita l'idea di un catalizzatore inerte e tuttavia
potenzialmente attivo, in grado di dare vita alla materia se
opportunamente trattato al contatto con essa. Come l'azoth,
inoltre, il gas che da lui prende il nome è caratterizzato da un
ciclo continuo che tutto pervade.
Ricorrenze
La parola ricorre negli scritti dei
primi alchimisti, come Zosimo, Maria la Giudea, Olimpiodoro, Jabir
ibn Hayyan conosciuto come Geber.
Innumerevoli riferimenti all'Azoth
si trovano nei trattati alchemici successivi, come il Liber de
compositione alchimiae di Morienus Romanus, lo Speculum
Alchimiae di Arnaldo de Villanova, il Liber Azoth di
Paracelso, e in tutta la letteratura di ispirazione paracelsiana e
rosacrociana. L'alchimista svizzero Paracelso, in particolare,
avrebbe conosciuto questo termine dall'insegnamento sufi appreso in
Medio Oriente, rendendo poi celebre in Occidente il suo utilizzo come
sinonimo di farmaco mercuriale.
Numerosi furono anche i disegni
esoterico-allegorici raffiguranti l'Azoth e le modalità di
servirsene ai fini della Grande Opera alchemica. Gli esempi
principali includono la Monade geroglifica del dottor John Dee
(1564), e l'Azoth dei Filosofi di Basilio Valentino, un
dialogo pubblicato per la prima volta in latino e in tedesco nel
1613, e quindi in francese nel 1624.
L'occultista francese Eliphas Levi,
nella sua opera del 1856 Dogmi e rituali dell'Alta Magia,
chiama Azoth l'Anima universale, da lui assimilata ad un
sostanza eterica diffusa. Egli ne parla come di un'essenza bipolare,
distinguendone due aspetti, uno positivo e l'altro negativo,
denominati con i termini ebraici Od (luce attiva) e Ob
(forza passiva), i quali trovano una sintesi nell'Aur, e che
sarebbe possibile influenzare tramite corrispondenti rituali magici.
Nel suo studio dei Tarocchi e della Kabbalah, con cui associò una
lettera ebraica ad ogni arcano maggiore, Lévi identificò la carta
finale del Mondo con la Taw, designandola Azoth quale nome di
Dio compiutamente realizzato.
Analogamente Aleister Crowley
attribuiva all'Azoth la capacità di collegare in sé l'inizio
e la fine di tutto, come nell'ouroboros, il serpente che si
morde la coda in un ciclo continuo.
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