venerdì 6 maggio 2022

Angelo custode

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L'angelo custode è un angelo che, secondo la tradizione cristiana, accompagna ogni persona nella vita, aiutandola nelle difficoltà e guidandola verso Dio. L'angelo è invocato con la tradizionale preghiera dell'Angelo di Dio.
L'angelo custode è una figura ricorrente nella vita di molti Santi; in diversi Paesi vi è una forte e particolare devozione.
Degli angeli custodi Papa Pio X disse: «Si dicono custodi gli angeli che Dio ha destinato per custodirci e guidarci nella strada della salute» e l'angelo custode «ci assiste con buone ispirazioni, e, col ricordarci i nostri doveri, ci guida nel cammino del bene; offre a Dio le nostre preghiere e ci ottiene le sue grazie».

Storia del concetto di angelo custode

La Chiesa cristiana primitiva ereditò il concetto di "angelo" dal mondo ebraico, in cui l'esistenza di un anello intermedio fra Dio e l'uomo era garante della trascendenza divina e la presenza di una "corte" di angeli attorno a Dio era una necessaria conseguenza della sua maestà regale. Nello stesso ambiente precristiano era anche comune assegnare agli angeli il controllo dei fenomeni naturali (ad esempio nel Libro di Enoch il gelo, la neve e altri fenomeni) e in particolare identificare gli angeli con le stelle fisse e gli arcangeli con i sette astri mobili (cinque pianeti più il sole e la luna).
Il culto degli angeli aveva spesso eccessi, contro i quali la Chiesa lottò sin dall'inizio (cfr. san Paolo in Colossesi 2, 18). L'opera di riflessione dei Padri della Chiesa trovò un primo tentativo di sistematizzazione dell'angelologia nel De coelesti hierarchia dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita.
Fra i compiti degli angeli ben documentati nell'Antico Testamento vi era quello di guidare e proteggere l'uomo e la donna (ad esempio nel Libro di Tobia). Altro ruolo degli angeli descritto dall'Antico Testamento è quello di essere messaggeri di Dio per l'umanità. L'idea di uno spirito inviato dalla divinità a sorvegliare gli esseri umani o a comunicare loro la volontà divina, era già presente anche nella filosofia greca antica e nello stesso Platone nel suo Fedone.
L'idea, però, che ogni singola persona fosse affidata ad uno specifico angelo, benché esplicitamente accennata (ad esempio in Matteo 18, 10), era molto meno diffusa. Essa si impose solo gradualmente nel Cristianesimo primitivo e una delle prime esplicite affermazioni è quella sostenuta da San Basilio Magno:
«Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore per condurlo alla vita»
(Adversus Eunomium, 3, 1: pg 29, 656b)

La dottrina cattolica e ortodossa

La credenza nell'affidamento di ogni uomo al suo angelo custode è in accordo con due principi generali:
  • Dio ama ogni uomo in modo individualizzato, in quanto persona irripetibile e inconfondibile;
  • la santità degli angeli e dei Santi comporta la loro partecipazione a questo amore divino.
La convinzione dell'affidamento non esclusivo di ogni uomo a un angelo è in accordo con questi principi anche se non deriva strettamente da essi. I suoi fondamenti, infatti, sono nell'interpretazione di alcuni passi scritturali, fra cui Matteo 18, 1-5.10, Luca 16, 22, Sal 34,8, Sal 91,10-13[2], Giobbe 33,23-24, Zc 1,12, Tb 12,12 e Esodo 23,20-23. La dottrina dell'Angelo Custode estende a ogni comunità e a ogni singola persona la promessa biblica: "io mando un angelo davanti a te per custodirti..." (Es 23,20), che si è realizzata per il popolo eletto.
La fede negli angeli custodi è ribadita nel Catechismo della Chiesa Cattolica all'art. 380.
Nel pensiero cattolico, quindi, ogni persona è aiutata a vivere il pieno compimento del piano divino, nel proprio giusto cammino esistenziale, oltre che dalla grazia, dall'intelletto e dalla libera volontà nell'agire, anche dal proprio angelo custode. Rivolgersi con fiducia a questa presenza celeste comporta il riceverne consigli mediante intuizioni e ispirazioni per le nostre scelte di vita anche quotidiane.
Tra i Santi e le Sante che hanno avuto una spiccata e notoria relazione con il proprio angelo custode ricordiamo san Pietro, san Tommaso d'Aquino, san Francesco di Sales, san Francesco d'Assisi, santa Gemma Galgani, santa Francesca Romana e san Pio da Pietrelcina.
Anche i Pontefici hanno richiamato i credenti a porre attenzione alla presenza dell'angelo custode. Il Papa Francesco ha spiegato: "nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo perché c'è sempre questo compagno. Questa non è una dottrina sugli angeli un po' fantasiosa no, è realtà." "Io, oggi, farei la domanda: com'è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: ‘Custodiscimi durante il sonno?'. Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? È al mio fianco. Questa domanda possiamo risponderla oggi, ognuno di noi: com'è il rapporto con quest'angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cieli".

Festa dei Santi Angeli Custodi

Fino al V secolo nessun giorno particolare era dedicato agli angeli custodi, il cui ufficio cadeva il 29 settembre, in concomitanza con la festa di san Michele arcangelo. L'uso di una festa particolare nacque a Valencia nel 1411, quando si istituì una festa per l'angelo protettore della città. Anche in Francia ci fu un'iniziativa analoga. Durante il secolo successivo l'idea si diffuse dalla Spagna nel Portogallo e poi in Austria e nelle regioni italiane più influenzate dagli Asburgo.
Già nel Cinquecento nacquero le prime "Compagnie dell'Angelo Custode", che si diffusero ampiamente agli inizi del Seicento sotto l'influenza della pubblicazione di diversi trattati teologici (cfr. bibliografia sottostante) e l'impulso di diversi ordini religiosi fra cui, ad esempio, i Padri Somaschi. La spinta decisiva venne da papa Paolo V, che in una bolla del 1614 assegnò specifiche indulgenze ai membri delle compagnie dell'angelo custode aggregate all'Arciconfraternita di Roma e che compissero particolari atti meritori.
In parallelo alla diffusione della pietà popolare ebbe luogo il riconoscimento liturgico della festa. Nel "Messale romano" di papa Pio V (1570) furono indicate quattro feste consacrate espressamente agli angeli, quelle dedicate agli angeli custodi (il 2 ottobre), all'arcangelo Gabriele, all'arcangelo Michele e all'arcangelo Raffaele. Soppressa da Pio V, la festa in onore degli angeli custodi fu ristabilita nel 1608 da Paolo V ed estesa alla Chiesa universale. Nel 1670 Clemente X la rese obbligatoria per tutta la Chiesa latina, sempre alla data del 2 ottobre.

Gli angeli custodi nella kabbalah

La scuola di kabbalah di Girona elaborò dettagliate teorie sulle energie benefiche che gli angeli hanno la missione di trasmetterci. Secondo queste teorie vi sarebbero 72 angeli custodi i quali sovraintendono ognuno sia ad alcuni giorni nel corso dell'anno sia a 20 minuti nel corso del giorno (20 minuti x 72 = 24 ore). Ogni persona è affidata principalmente agli angeli che sopraintendevano al giorno e al minuto della sua nascita e le sue caratteristiche verrebbero influenzate da quelle dei suoi angeli (in modo analogo alla influenza degli astri alla nascita secondo l'astrologia).

Angelologia islamica

In base alla tradizione, due sono gli angeli che registrano immediatamente le azioni degli uomini: uno giace dietro alla spalla destra -che annota solo il bene-, e uno dietro la spalla sinistra, che annota sia il bene che il male. Gli angeli hanno anche la funzione di proteggere l'uomo da tutto quanto di negativo gli possa accadere, salvo quanto Allah avrà decretato per quell'anima.
L'angelo della Morte, o Izra'il, scortato dall'angelo della misericordia e da quello del castigo, si presenta all'uomo al momento della sua morte terrena.
L'angelologia è parte integrante della dottrina islamica (Aqida), confermata in una grande quantità di ʾaḥādīth.

giovedì 5 maggio 2022

Allucinogeno

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Allucinogeni (dal verbo lat. alucinàri, allucinàri: ingannarsi, derivante dalla radice gr. alùo, alùsso: vaneggiare, esser fuori di sé, o dal lat. lux: luce) è un termine-ombrello che racchiude vari gruppi eterogenei di sostanze capaci di alterare in modo netto le percezioni, i pensieri e le sensazioni.
Sotto il termine-ombrello di allucinogeni generalmente vengono racchiusi gli psichedelici veri e propri come l'LSD, la mescalina, la DMT o la psilocibina, i dissociativi come la ketamina e la PCP, i delirogeni (spesso anche velenosi) come lo stramonio comune o l'atropa belladonna.
È considerata allucinogena la proprietà d'una sostanza (naturale o di sintesi) che, agendo sui recettori del sistema nervoso centrale (SNC), provoca delle alterazioni psicosensoriali nelle percezioni, principalmente a carico della sfera visiva, e nei processi del pensiero, dell'emozione e della coscienza di durata ed intensità variabile a seconda del tipo, della quantità e della modalità d'assunzione della sostanza, fino a raggiungere delle vere e proprie allucinazioni "isolate" dal contesto ambientale.
I criteri stabiliti da Hollister (1968) per stabilire se una sostanza è allucinogena sono:
  1. rispetto agli altri effetti, le alterazioni del pensiero, della percezione e dell'umore devono essere predominanti;
  2. l'impatto sulla memoria o sulla capacità intellettiva deve essere minimo;
  3. stupore, narcosi od eccessiva stimolazione non devono costituire effetti intrinseci;
  4. gli effetti collaterali sul sistema nervoso autonomo devono essere minimi;
  5. non deve verificarsi il fenomeno della dipendenza.
A differenza di altre sostanze psicoattive, come oppiacei e stimolanti, questi farmaci non si limitano ad amplificare gli stati usuali della mente, quanto piuttosto ad indurre esperienze che sono qualitativamente diverse da quelle della coscienza ordinaria. Queste esperienze sono spesso paragonate a stati di coscienza non-ordinari, come la trance, la meditazione, e i sogni.

Tipologia della sostanza

Si tratta, spesso, di sostanze alcaloidi che agiscono sul rilascio di diversi neurotrasmettitori. Possono avere dei livelli di tossicità più o meno gravi per l'assuntore: gli allucinogeni indolici come l'LSD hanno, generalmente, una tossicità irrilevante, mentre le fenetilammine hanno una tossicità più elevata. Allucinogeni come la scopolamina, che bloccano i recettori dell'acetilcolina, sono invece molto tossici e potenzialmente fatali. Sebbene l'assunzione ripetuta di allucinogeni tenda a sviluppare tolleranza, quasi la totalità di queste molecole non innescano meccanismi di dipendenza fisica, e anche il rischio di dipendenza psichica è piuttosto basso. Le principali e più conosciute sostanze allucinogene sono di origine vegetale, ma con l'evoluzione, sono state prodotte, per via semi-sintetica o sintetica, diverse sostanze chimiche caratterizzate da effetti allucinogeni.

Storia

Alcuni allucinogeni, e in particolare gli psichedelici, rappresentano uno dei più antichi tipi di sostanze stupefacenti e vengono utilizzati da millenni presso diverse civiltà. Storicamente gli allucinogeni sono stati utilizzati in riti religiosi e sciamanici. In questo contesto sono denominati enteogeni, e sono utilizzati per facilitare la guarigione, la divinazione, la riflessione e la comunicazione con gli spiriti. Esistono prove dell'uso di allucinogeni in epoca preistorica, come pure in numerosissime culture antiche, tra cui Egizi, Micenei, Greci, Maya, Inca e Aztechi. L'Amazzonia ospita tuttora tribù che usano regolarmente l'ayahuasca.

Allucinogeni naturali

Alcune specie di piante o animali sono provviste di sostanze tossiche (spesso a scopo "difensivo") che nell'uomo (ma a volte anche in altri animali) provocano delle reazioni allucinatorie o sensazioni bizzarre dovute all'azione di queste sostanze sul SNC.

Principali psichedelici naturali

  • Dimetiltriptamina (DMT)
  • Mescalina
  • Psilocina
  • Psilocibina
  • Salvinorina A
  • Bufotenina
  • 5-MeO-DMT

Principali piante, funghi ed animali contenenti allucinogeni

  • Funghi psichedelici dei generi Gymnopilus, Psilocybe, Panaeolus, Inocybe, Fomes, Pluteus e Psathyrella, contenenti psilocina, psilocibina e in alcuni casi baeocistina.
  • Funghi allucinogeni dei generi Amanita, specificamente Amanita Muscaria e Amanita Pantherina, contenenti muscimolo e acido ibotenico.
  • Mimosa hostilis, contiene dimetiltriptamina in alte percentuali.
  • Psychotria viridis, contiene dimetiltriptamina in alte percentuali.
  • Alcuni anfibi del genere Bufo. Un rospo con delle ghiandole sul dorso che secernono 5-metossi-N,N-dimetiltriptamina, bufotenina, S-metossi-Nmetiltriptamina, serotonina, 5-idrossi-Nmetiltriptamina, e altre sostanze allucinogene.
  • Salvia divinorum, contenente salvinorina A/B/C, potenti allucinogeni naturali (escluso il "B" che non sembra presentare attività). Sono gli unici terpeni dagli effetti allucinogeni conosciuti, e che agiscano sui recettori k-oppiodi.
  • Cannabis (canapa) contenente THC (un allucinogeno atipico, blando e ad effetti combinati)
  • Lophophora williamsii (peyote), cactus allucinogeno del Messico, contenente le più alte percentuali di mescalina e numerosi altri alcaloidi.
  • Echinopsis pachanoi, Echinopsis bridgesii e Echinopsis peruviana, detti "San Pedro", contenenti principalmente mescalina.
  • Amanita muscaria, contiene muscimolo, acido ibotenico, muscazone e muscarina
  • Atropa belladonna, Datura stramonium, Brugmansia arborea e altre appartenenti alle Solanacee: contengono atropina e scopolamina. L'uso di queste piante, che sono in effetti "delirogene" e non psichedeliche, è pericoloso a causa del veleno contenuto nelle piante stesse, potenzialmente mortale; per di più l'effetto è spesso psicologicamente brutale, tanto da essere sconsigliato anche dai più esperti "psiconauti".
  • Ipomea violacea, Argyreia nervosa, Rivea corymbosa, contenenti LSA o ergina.

Psichedelici sintetizzati da sostanze naturali

Nel tempo sono state prodotte delle sostanze allucinogene, il più delle volte per realizzare dei farmaci utilizzati in psichiatria, in ambito psicoterapeutico e per lo studio dello psicosi; negli anni '60 negli Stati Uniti e in Inghilterra esistevano numerose cliniche specializzate in terapia psichedelica. Tuttavia la proibizione dell'LSD, avvenuta nel 1966, segnò la fine delle ricerche, ritenute promettenti da varie fonti (recentemente, la rivista medica Lancet ha rilanciato l'idea di utilizzare gli psichedelici in terapia). Negli anni '50 l'LSD è stato sperimentato senza successo da diversi servizi segreti, nel tentativo di trovargli un uso militare. Nel 2007 la Svizzera ha riaperto alla ricerca medica sull'uso di LSD in terapia con un progetto pilota.

Principali psichedelici sintetizzati da sostanze naturali

  • LSD e derivati dell'acido d-lisergico (ricavato dalle ergotine presenti nella claviceps purpurea, detta segale cornuta, fungo infestante della segale)
  • MDMA (Ecstasy) sostanza ottenuta nel safrolo uno degli olii essenziali presenti nel sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia, nella radice di acoro, e in diverse altre spezie vegetali (in realtà non si tratta di uno psichedelico in senso stretto, bensì di un entactogeno).

Principali allucinogeni dissociativi

  • Fenciclidina (PCP)
  • Destrometorfano (DXM)
  • Ketamina

Effetti generali

Esistono alcune differenze fra le varie sostanze allucinogene, anche se gli effetti comuni o più frequenti sono facilmente isolabili.
  • Percezioni visive: alcune sostanze particolarmente "potenti", possono isolare l'assuntore dal campo visivo abituale e produrre delle vere e proprie allucinazioni visive, come paesaggi inesistenti, ambienti bizzarri e forme geometriche. In altri casi le allucinazioni visive possono "aggiungersi" al campo visivo abituale: può capitare di vedere persone, animali o figure che si inseriscono nel campo visivo. In caso di sostanze dal blando effetto allucinogeno, la percezione visiva è solo alterata (possono apparire macchie, colori, figure sfumate ma di breve durata).
  • Percezione dei confini corporei: molte persone che hanno provato su se stesse delle sostanze allucinogene, riferiscono di una non meglio precisata sensazione di "essere un tutt'uno con la natura e l'universo" o con l'ambiente circostante. La profonda alterazione percettiva causata dalla sostanza può spiegare la perdita dei confini corporei (la consapevolezza della demarcazione fra sé e l'ambiente, mutuata dalle sensazioni cutanee e dalla propriocezione muscolare) che restituiscono la sensazione di diffusione del corpo con la realtà. Spesso non si è in grado di percepire il proprio corpo, gli arti e non si è in grado di stabilire in quale posizione ci si trovi.
  • Reazioni emotive: non tutte le sostanze allucinogene intervengono propriamente sugli affetti e sul piacere, come invece accade abbondantemente in assuntori di oppioidi, ma può capitare di provare sensazioni piacevoli o spiacevoli associate alle allucinazioni vere e proprie, che determinano la sensazione generale di un bad trip (un viaggio spiacevole, terrificante o perturbante) o un good trip (un'esperienza piacevole o esaltante).
  • Percezione della realtà: le sostanze allucinogene possono spesso provocare differenti stati di coscienza, andando ad influenzare la percezione della realtà circostante.

Meccanismo di influenza sulla percezione della realtà

I fattori principali, determinati dall'effetto di sostanze allucinogene, che portano allo sviluppo di nuove concezioni di realtà sono:
  • Visione più ampia e non identificata (talvolta completamente dissociata) con gli schemi sociali
  • Differenti input visivi, cognitivi, sonori che costituiscono nuovi elementi per l'analisi della realtà, provocando uno stato di coscienza non ordinario
Tali fattori portano l'assuntore a seguire differenti percorsi logici all'interno dei processi di pensiero, contribuendo allo sviluppo di nuovi punti di vista relativamente alla realtà circostante, alla realtà interna, all'esistenza, sia a livello fisico che spirituale.
Questi differenti processi concettuali e di analisi, tendenzialmente, non vengono percorsi durante la usuale condizione mentale di identificazione (psicologica o sociale), che viene comunemente associata allo stato di lucidità. Tale lucidità infatti non è un elemento oggettivo; per quanto sia categorizzabile culturalmente nella forma di conformazione agli schemi sociali, scientificamente non è ancora dimostrabile o quantificabile.
Gli schemi e i punti di vista sulla realtà, elaborati negli stati di coscienza provocati dall'effetto di sostanze allucinogene, non sono identificabili come irreali, quanto piuttosto come i risultati di processi cognitivi differenti rispetto al normale stato di funzionamento psico-chimico del cervello umano, nel quale invece i processi cognitivi conducono solitamente verso uno schema di visione della realtà preponderante più consistente, consolidato e di derivazione sociale (tendenza dettata principalmente dalla necessità alla coesistenza nella società circostante, reiterando gli schemi sociali assimilati nella fase di educazione, anziché procedendo ad un'analisi dissociata).
Le sostanze allucinogene non influenzano, se non minimamente, le capacità intellettive. Possono quindi portare a nuove concezioni, idee, punti di vista sulla realtà circostante. Tuttavia sono riscontrabili difficoltà relazionali, conseguenza di una visione più ampia e dissociata nell'analisi degli schemi sociali, oltre che ad un alterato funzionamento del sistema percettivo.

Meccanismo d'azione

Il meccanismo d'azione degli allucinogeni si basa sulla loro interazione con "mediatori chimici" cioè quelle sostanze chimiche (acetilcolina, adrenalina, istamina e serotonina ) attraverso le quali si propagano gli impulsi sensoriali fra le cellule nervose nel nostro sistema nervoso centrale.

Suddivisione in base alla struttura chimica

  • Adrenalinica: mescalina
  • Serotoninica: DMT, LSD, psilocibina, psilocina, bufotenina
  • Piperidinica: fenciclidina

mercoledì 4 maggio 2022

Animismo

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Il termine animismo è usato in antropologia per classificare le religioni o le pratiche di culto nelle quali vengono attribuite qualità divine o soprannaturali ad oggetti, luoghi o esseri materiali.
Queste religioni non considerano le divinità come esseri puramente trascendenti, bensì attribuiscono proprietà spirituali a determinate realtà fisiche.
Questo tipo di credenze è così chiamato perché si basa su un certo grado di identificazione tra principio spirituale divino (anima) e aspetto materiale di esseri ed entità (quali anche demoni o altre presenze).
La posizione filosofica corrispondente all'animismo viene di solito chiamata panpsichismo.

Cenni storici

Il termine animismo, per quanto riferibile a concezioni e credenze molto antiche, è stato coniato solo in tempi più recenti.

L'ipotesi scientifica del chimico Georg Ernst Stahl

Esso fu usato per la prima volta nel 1720 in ambito medico, dal chimico e biologo Georg Ernst Stahl per definire una teoria secondo la quale l'anima svolgeva una funzione diretta nel controllo di ogni funzione corporea, in particolare come meccanismo di difesa nei confronti degli agenti patogeni. Si trattava di una teoria rivelatasi scientificamente di scarso successo, ma simmetrica a livello concettuale alla teoria del flogisto, formulata sempre da Stahl in ambito chimico, che teorizzava la presenza in ogni tipo di materiale di un ineffabile componente (il flogisto) che sarebbe stato liberato durante la combustione giustificando gli effetti di quest'ultima.

Animismo religioso: la definizione antropologica di E. Tylor

Successivamente, nel 1871, l'espressione animismo è stata utilizzata dall'antropologo inglese Edward Tylor per definire una forma primordiale di religiosità basata sull'attribuzione di un principio incorporeo e vitale (anima) a fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati, in special modo per tutto ciò che incide direttamente con la vita di queste popolazioni ed è essenziale per la loro sopravvivenza: i prodotti alimentari e la loro caccia e raccolta, i materiali per costruire utensili, monili e ripari, i fenomeni atmosferici, la morfologia stessa del territorio. Tutto ciò viene riconosciuto come animato e progressivamente associato a forme di venerazione, spesso direttamente funzionali alla buona riuscita delle azioni quotidiane per vivere.
Questo culto dell'anima, semplice, spontaneo, irrazionale, basato sulle esperienze comuni e quotidiane, sarebbe stato alla base, secondo Tylor, di un'"evoluzione" del pensiero religioso che avrebbe condotto, di pari passo con la civilizzazione, a religioni sempre più strutturate, con pratiche sociali ben definite, fino a svilupparsi attorno alla figura di un essere creatore.

Altri approcci

Il senso del termine animismo così come definito da Tylor è quello oggi di uso più comune per descrivere le caratteristiche di questo tipo di religiosità, per quanto la spiegazione da lui fornita dell'animismo come religione primitiva e "immatura", con le sue analogie con lo sviluppo cognitivo del bambino, sia stata, invece, ampiamente criticata e superata in antropologia.
In particolare, della teoria di Tylor viene contestato l'etnocentrismo insito nell'assunto che i temi mitologici alla base delle religioni animistiche, in quanto frutto di una concezione superstiziosa e primitiva della natura, potessero svilupparsi indipendentemente in varie parti del mondo per progredire, altrettanto indipendentemente, verso un'elaborazione più complessa, più "elevata" dei valori religiosi.
Si trattava di un approccio psicologico simile a quello utilizzato dall'antropologo James Frazer, con la pubblicazione nel 1890 de Il ramo d'oro, per indagare il ruolo sociale ricoperto dalla magia nelle società umane più antiche.
Un primo approccio alternativo a quello di Tylor allo studio delle culture primitive viene proposto nel 1903 da Leo Frobenius con il concetto di kulturkreislehre («teoria dell'area culturale») basata sull'ipotesi che i temi mitologici delle civiltà più antiche non si siano sviluppati in modo indipendente, ma si siano diffusi, invece, progressivamente in Mesopotamia e India a partire da un nucleo primitivo africano, successivamente nelle isole del Pacifico, e da lì nell'America Centrale e equatoriale.

Animismo e psicoanalisi

Studi sull'animismo sono presenti anche nella letteratura psicoanalitica. All'interno di Totem e tabù di Sigmund Freud, l'animismo viene considerato una fase primitiva dello sviluppo sociale. Una recente e originale chiave di lettura ispirata alla tradizione junghiana afferma invece che l'animismo, lungi dall'essere l'ingenuo prodotto di un pensiero pre-logico come sosteneva l'antropologo Lévy-Bruhl, nasce piuttosto da una psicologia tutta incentrata sugli aspetti soggettivi della psiche (sensazione e intuizione). Da tale concezione si sarebbe creato un sistema culturale basato sulla proiezione dell'inconscio sulla Natura, ad esempio su luoghi sacri, o identificandosi con lo spirito degli animali totemici, recuperando così competenze ancestrali; ci si confronta con l'anima di defunti o di nemici per affrontare e superare i propri conflitti interni.
Muovendo da un'elaborazione originale del pensiero junghiano, lo psicoanalista Antoine Fratini nota invece come tutti i grandi simboli universali dell'inconscio presentino dei chiari riferimenti al mondo naturale: la montagna, il fiume, la grotta, il serpente, la foresta, il mare, la pietra, l'albero, l'animale. Tali riferimenti testimonierebbero l'esistenza di un inconscio animistico, riflesso dell'animismo originario nella psiche individuale, per cui l'inconscio sarebbe legato alla Natura non solo per via proiettiva, ma anche per via simbolica. Per questo motivo risulterebbe errato e dannoso alla salute psichica operare una scissione con il mondo naturale, il quale funge da sempre da contenitore adeguato di quelle parti dell'inconscio meno integrabili. La Natura sarebbe quindi da concepire come una sorta di appendice esterna della psiche, distruggendo o desacralizzando la quale si finirebbe per incidere negativamente sulla vita dell'anima.

Il dibattito tra animismo e meccanicismo

Particolare rilevanza ha assunto anche il dibattito tra animisti e meccanicisti, riguardante la seguente questione: gli organismi viventi sono delle macchine perfezionate, o il risultato miracoloso di un principio spirituale? È la materia o l'anima a produrre la vita? Nell'Ottocento, con l'avanzare del positivismo, la domanda sembrava risolta dalla scienza in favore della tesi meccanica, sulla base del fatto che l'animismo, per spiegare la vita, faceva ricorso ad un principio autonomo, appunto l'anima, che non poteva essere oggettivamente studiato, e risultava quindi oscuro, non definibile, e scientificamente retrogrado. Poiché inoltre escludeva la possibilità di una dialettica materialista, appariva persino reazionario (specie negli ambienti marxisti).
Dietro la contrapposizione tra meccanicismo e animismo si celava sostanzialmente l'antitesi tra determinismo e finalismo: il primo ipotizzava che il mondo fosse soggetto a leggi causali senza un fine né un progetto; il secondo affermava invece che gli organi viventi sono talmente perfetti che non possono essere frutto del caso. Più recentemente, tuttavia, l'anima ha assunto altre connotazioni che le consentono di sfuggire alle obiezioni del meccanicismo: oggi, infatti, la fisica ammette una quota di casualità nei fenomeni naturali (principio di indeterminazione di Heisenberg), e la biologia, d'altro canto, riconosce che il finalismo vitalistico è tutt'altro che perfetto, essendo la vita soggetta a morte, malattie, e mostruosità. Così l'animismo non rifiuta più la ricerca sperimentale, ma ne riconosce i limiti nel comprendere la natura della vita, che non è riducibile a semplici fenomeni fisico-chimici.
Mentre infatti nell'organismo c'è un processo di auto-costruzione e auto-mantenimento, la macchina viene costruita dall'esterno. La macchina, inoltre, è costruita dall'uomo in vista di un fine, quindi non manca di finalismo, anzi, ha una finalità ben definita e rigida. Nell'organismo animato, invece, le funzioni sono in parte sostituibili l'una con l'altra poiché gli organi sono polivalenti: essi cioè hanno meno finalità e più potenzialità.
Ancora, la macchina è il prodotto di un calcolo a cui soggiace in maniera univoca, mentre l'organismo opera secondo criteri empirici, nel senso che la vita è esperienza, improvvisazione, tentativo in tutte le direzioni. Da ciò derivano le mostruosità che la vita comporta, trovandosi in un equilibrio precario e continuamente da ristabilire.
In definitiva, la concezione meccanica dell'organismo non sarebbe che un residuo antropomorfico, che cerca di spiegare la formazione della vita assimilandola al procedimento usato dall'uomo per fabbricare una macchina. Una concezione, affiorata la prima volta in Cartesio, che considera Dio alla stregua di un fabbro intento a costruire macchine perfette e rispondenti a degli scopi prefissati. E così l'accusa di finalismo, abitualmente rivolta all'animismo, viene da quest'ultimo ribaltata: la metafisica antropomorfa è alla base del meccanicismo, non del vitalismo.

I risvolti filosofici

«Tutte le cose sono piene di dei.»
(Talete)
Concezioni dell'animismo radicalmente anti-deterministe risulta peraltro che fossero presenti sin dall'antichità, in particolare nell'antica Grecia, contrapponendosi già da allora alle prime forme embrionali del meccanicismo. Così in Platone, e poi successivamente nel neoplatonismo, l'anima era considerata il principio vitale, non componibile, che sta alla base del composto, in opposizione alle teorie atomiste di Democrito, secondo il quale invece gli esseri viventi erano un semplice aggregato di atomi.
Per i platonici l'anima è sempre stata vista come il principio più semplice che si possa concepire, l'unità che si articola nella molteplicità. Mentre il composto può nascere (quando si abbia aggregazione) e morire (quando viene scomposto), l'anima è indistruttibile essendo in-composta, cioè qualcosa di straordinariamente semplice. Il finalismo del mondo, inteso come progettualità calata dall'alto, viene rigettato perché l'Uno, da cui ogni essere proviene, genera in maniera non intenzionale né voluta, bensì inconsapevolmente. Ne deriva che la natura è tutta pervasa da una comune Anima del mondo (concetto di derivazione anche orientale).
La critica della progettualità meccanicista in natura sarà un tratto comune anche al Kant della Critica del Giudizio, che parlerà piuttosto di «finalità interna» in maniera simile al concetto aristotelico di entelechia, contestando invece l'idea di un obiettivo predisposto in qualche modo dall'esterno.
Esponente dell'animismo neoplatonico nel Novecento sarà infine Bergson, secondo il quale la vita non segue binari rigidi e prefissati, ma nasce da infinite potenzialità: alcune si bloccano, altre invece proseguono. L'evoluzione della natura è creatrice, perché deriva da uno slancio vitale inesauribile, privo di scopi deterministici.

martedì 3 maggio 2022

Antropomorfismo

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L'antropomorfismo è l'attribuzione di caratteristiche e qualità umane ad esseri animati o inanimati o a fenomeni naturali o soprannaturali, in particolare divinità.
Il termine deriva da due termini greci, άνθρωπος (anthrōpos), "umano", e μορφή (morphē), "forma".

Nella scienza

In biologia, antropomorfo è, in genere utilizzato nell'ambito della primatologia e nella paleoantropologia. In questi ambiti antropomorfo può sintetizzare scimmia antropomorfa, la super famiglia degli Hominoidea, così pure aggettivare un primate per aspetto fisico particolarmente affine al ramo evolutivo umano.

Nella religione

Nella religione e nella mitologia l'antropomorfismo si riferisce all'attribuzione ad esseri divini di sembianze umane e/o di peculiarità legate alla sfera dei sentimenti. L'antropomorfismo fisico è riscontrabile soprattutto nelle religioni primitive e politeiste e caratterizza in particolar modo la mitologia egizia. Esempi di antropomorfismo spirituale (o antropopatismo) ricorrono sovente nella mitologia greco-romana, nelle quali le divinità mostrano atteggiamenti e provano sentimenti legati alla sfera umana.
Non sono mancate nel corso della storia sette antropomorfite, come un gruppo nell'Egitto del IV secolo ed un gruppo nella Chiesa cattolica romana del X secolo, considerate eretiche per la loro interpretazione letterale del passo biblico della Genesi 1,27.

Condanna

Anche se la tendenza ad una rappresentazione simbolica del divino ha permeato l'esperienza religiosa umana, la polemica anti-antropomorfica, già presente nei filosofi greci, primo fra tutti Senofane, fu approfondita all'interno dell'Islamismo e dell'Ebraismo.
Anche nel Cristianesimo vi fu un atteggiamento ostile verso le rappresentazioni fisiche del divino, sfociato nell'iconoclastia, e dal lato spirituale-psicologico un ripudio della pretesa della conoscibilità di Dio, come nella teologia negativa dello Pseudo-Dionigi. Tuttavia proprio nella religione cristiana si attuò il superamento dell'aporia insita nel rapporto tra umano e divino nell'epifania del Dio che si fa uomo per la salvezza del genere umano. La polemica positivista moderna è rappresentata nel pensiero di Ludwig Feuerbach, che vede nell'antropomorfismo la prova dell'origine umana della religione, in quanto basata esclusivamente sull'interesse da parte dell'uomo di crearsi una divinità a proprio uso e consumo.

Nella cultura

L'antropomorfismo non attiene soltanto alla sfera religiosa ma è riscontrabile nella cultura a vari livelli.
Nella retorica ad esempio si possono trovare vari esempi di personificazione nella creazione di personaggi immaginari che impersonificano astrazioni, come i quattro cavalieri dell'Apocalisse.
L'utilizzo di animali antropomorfizzati ha una lunga tradizione nell'arte e nella letteratura, soprattutto nelle favole, come in Esopo, e nella narrativa per ragazzi, come nei libri di C. S. Lewis, Beatrix Potter e Lewis Carroll, nei quali le caratterizzazioni degli animali sono tipicamente umane.

Nella cultura di massa

Molti dei più famosi personaggi televisivi per bambini sono animali con comportamenti umani: Mickey Mouse, Donald Duck, Bugs Bunny e Daffy Duck, per fare solo alcuni esempi.
Anche nella fantascienza si riscontrano vari esempi di personaggi non umani antropomorfizzati, come gli androidi.

lunedì 2 maggio 2022

Apotropaico




L'aggettivo apotropaico (dal greco αποτρέπειν, apotrépein = "allontanare") viene solitamente attribuito a un atto, oggetto o persona atti ad allontanare gli influssi maligni. Si parla ad esempio di monile apotropaico, rito o gesto apotropaico. Nel linguaggio comune si usa il più noto aggettivo "scaramantico".

Utilizzo

Nel mondo letterario ha assunto il carattere di rito che allontana il male, dunque esorcizzante. Si può intendere come suo sinonimo anche l'atto dello scongiurare, come ad esempio i riti apotropaici che venivano riservati ai generali dell'antica Roma in trionfo.
Per simbolo apotropaico in psichiatria si intende quel simbolo in grado di allontanare un'idea che il contesto (ad esempio del sogno) sembrerebbe al contrario suggerire. Questo tipo di simboli e oggetti si incontrano di sovente nelle fiabe e nei racconti mitologici, dove assumono spesso la medesima funzione che assumono all'interno di un sogno o un ricordo soggetto ad analisi. Il significato psicologico di questo bisogno di prendere le distanze da qualcosa, in modo conscio o inconscio, si rifà a meccanismi di fuga dal pericolo supposto o di rimozione di eventi traumatici.
Si incontrano oggetti apotropaici anche in ambito filosofico: Nietzsche sosteneva, ad esempio, che il senso del pudore esiste ovunque vi sia un mistero, e che in questo caso la "funzione apotropaica" del pudore sia appunto allontanare l'"oggetto" misterioso.
L'aggettivo apotropaico deriva dal greco apotrepein, cioè "allontanare", e generalmente i simboli e gli oggetti di questo tipo condividono la comunanza nell'allontanamento da qualcosa, intesa spesso come "tenere a distanza". Apotropaica era anche la funzione del Lamassu, statua dal corpo di un toro alato e volto umano che veniva posta alle porte di Babilonia.

domenica 1 maggio 2022

Autoflagellazione

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L'autoflagellazione è una pratica auto-punitiva cruenta consistente nel colpire ripetutamente il proprio corpo con uno strumento chiamato flagello, allo scopo di provare dolore, presente in alcuni rituali ascetici o in pratiche sessuali masochistiche.
Il termine deriva dal greco autos (di se stesso) e dal latino flagellare (colpire con violenza).
Era di fatto comune, nel corso del Medioevo, tra le persone facenti parte del clero o tra i fedeli, infliggersi dolore per rafforzare lo spirito e la vita interiore.
Nel corso del XIII secolo, l'autoflagellazione collettiva compiuta dalle confraternite dei Disciplinati era chiamata Devozione.
In Italia a livello di tradizione risulta ancora praticata in ambiti limitati, legati prevalentemente a confraternite i cui membri, in occasione di particolari festività religiose, sfilano in processione flagellandosi. Nell'islam shiita vi sono manifestazioni in cui i fedeli si praticano tagli di machete (alla testa o al corpo) per ricordare il martirio di Ali ibn Abi Talib.
A livello personale e privato venne praticata ai suoi tempi da Ignazio di Loyola, poi da Josemaria Escrivà e tuttora dagli affiliati all'Opus Dei.

sabato 30 aprile 2022

Morto vivente

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Il morto vivente, detto anche non morto o morto che cammina (in inglese undead, in francese revenant), è una creatura mostruosa generata dalla resurrezione di un cadavere. L'accezione morto vivente può riferirsi a vari tipi di creature fantastiche, come ad esempio vampiri, zombie, mummie, personaggi di serie fantasy e giochi di ruolo.
In ambito letterario e cinematografico i morti viventi si sono spesso accavallati o confusi con gli zombie. Lo zombie (o italianizzato zombi) è una parola di origine haitiana collegata ai miti del vudù (o voodoo), e si riferisce ad uno spirito evocato con riti magici dall'aldilà che si incarna in un cadavere. Figura quanto mai leggendaria, su cui si è molto speculato, specialmente durante la dittatura sull'isola della famiglia Duvalier.
A partire però dalla metà circa del XX secolo, il morto vivente ha assunto una forma diversa da quella dello zombie haitiano, che, seppur ancora legata in parte a quella dello zombie (e del quale spesso mantiene la definizione), si è modificata in favore di una nuova immagine più corrispondente alla natura delle paure di una società occidentale moderna. Tale tipologia di morto vivente ha avuto il suo sviluppo principalmente attraverso il cinema e la narrativa.


Sviluppo storico
Il morto vivente cinematografico appare per la prima volta nel film L'isola degli zombies (White Zombie, 1932) di V. Halperin, ma ancora nella sua veste originale legata alla tradizione della magia nera haitiana. Molto simile a questo modello di morto vivente è quasi tutta la filmografia successiva, dove le creature che si susseguono sullo schermo sono quasi sempre il prodotto di magia nera o forze diaboliche. Dagli anni cinquanta in poi, con l'inizio dell'Era Atomica, durante il periodo della Guerra Fredda, e con la sempre presente minaccia di una guerra nucleare, la figura del morto vivente si trasforma. E pur non rinunciando completamente alla sua veste precedente, diventa il prodotto di esperimenti scientifici malsani, e piani d'invasione extraterrestre. A creare una figura di transizione tra queste due tipologie di morti viventi e il morto vivente moderno, fu Richard Matheson con il suo libro Io sono leggenda (1954), dove la creatura affamata di carne umana, aveva caratteristiche a metà tra il morto vivente e il vampiro. Il romanzo di Matheson può essere a ragion veduta considerato il capostipite del genere che si svilupperà subito dopo, e non a caso ne sono state tratte numerosissime versioni cinematografiche, più o meno fedeli all'originale. La prima vera apparizione di un morto vivente non tradizionale avviene nel film La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) di George A. Romero. Da questo momento in poi, grazie anche al successo della pellicola, la figura cinematografica del morto vivente si distacca dai canoni precedenti e sviluppa autonomamente una sua propria fisionomia, riconosciuta poi in tutti i film a seguire. Con la successiva massiccia diffusione dei questo nuovo genere di mostro cinematografico, il morto vivente ha sopravanzato ogni altra sua precedente interpretazione. Ed è principalmente a lui che al giorno d'oggi è legata la conoscenza del vocabolo “zombie” a livello mondiale.

Caratteristiche generali
Il morto vivente cinematografico, così come appare per la prima volta sugli schermi, è un cadavere riportato ad uno stato di vita apparente e alla continua ricerca di carne umana o animale. Fondamentalmente questo non-morto o resuscitato non possiede alcuna funzione vitale: non ha battito cardiaco, respirazione, o riflessi. Anche se, a seconda dello stato di deturpamento dovuto al processo di putrefazione subito dal corpo durante il periodo di non-vita, può mantenere inalterate alcune della facoltà precedentemente possedute, come la deambulazione, o la vista, l'udito e l'olfatto. Originariamente i suoi movimenti erano solitamente lenti e goffi, ma con il passare degli anni le nuove generazioni sembrano aver guadagnato una maggiore mobilità e consapevolezza. Il morto vivente non è in genere in grado di parlare e al massimo emette solo una limitata gamma di suoni gutturali. Preso nella sua singolarità non rappresenta in genere un pericolo insormontabile per un essere vivente adulto e in buona salute. La sua pericolosità deriva principalmente dal suo radunarsi in gruppi più o meno numerosi, dalla tenacia con cui tenta di arrivare a divorare le sue vittime, e dal suo morso sempre letale per un essere vivente.

Fisiologia
Ne Il giorno dei morti viventi (The Day of the Dead, 1985), terzo film del genere diretto da George Romero, attraverso uno dei personaggi del film, il Dr. Logan, che compie esperimenti sui corpi dei morti viventi, viene offerta una sintetica descrizione della fisiologia di un morto vivente. Secondo quanto afferma il Dr. Logan, conseguentemente al “risveglio” si presenta nel cadavere un subitaneo rallentamento dei processi di decomposizione dei tessuti. Il che porta a ipotizzare una piena attività del morto vivente per un arco di tempo che può raggiungere i 15 anni nei cadaveri più recenti, e che quindi hanno subito meno danneggiamenti. Sempre secondo le ricerche compiute dal Dr. Logan, tutte le funzioni possedute da un non-morto si manifestano attraverso stimolazioni cerebrali provenienti dall'archeo-cervello (o cervello degli istinti e passioni), unica struttura del corpo a non presentare un evidente disfacimento, posizionata alla base del cervello, in un'area corrispondente all'incirca a quella dell'ipotalamo. La stessa bramosia incessante di carne che caratterizza il comportamento del morto vivente non avrebbe quindi la funzione di nutrirlo, ma farebbe parte solamente di un istinto arcaico prodotto dall'attività di questa parte del cervello. Non ci sono invece teorie univoche circa il contagio trasmesso dal morso del morto vivente. In certi casi, quando la manifestazione del fenomeno è legata ad un agente di natura virale, è legittimo ipotizzare la presenza di un virus che si trasmette tramite la saliva (o il sangue stesso, come nel film 28 giorni dopo). Ma nelle restanti categorie di manifestazione la natura del contagio rimane quasi sempre non specificata. Altrettanto non univocamente specificato è il tempo di mutazione in seguito al morso - che può variare da pochi istanti a periodi di 12 ore o più. Nonostante i non morti siano principalmente rappresentati come zombie, ne esistono vari tipi con differenti connotazioni fisiche. I cosiddetti lich, dallo scozzese cadavere, vengono ritratti come scheletri o cadaveri viventi dotati di poteri soprannaturali. Altro esempio sono i vampiri, con canini aguzzi e carnagione pallida.

Tipologie
Come ampiamente illustrato nel nuovo libro di Max Brooks - Eat My Brains ! (inedito in Italia), è possibile catalogare la manifestazione del fenomeno del risveglio dei morti in almeno quattro categorie principali:
Morti Viventi divenuti tali per opere di magia nera o forze demoniache.
Morti Viventi divenuti tali per l'azione di esseri o cose provenienti da altri mondi.
Morti Viventi divenuti tali in seguito a esperimenti scientifici (esposizione a virus, gas, radiazioni, etc.).
Morti Viventi divenuti tali senza una spiegazione apparente.
Molto spesso, a seconda della diversa categoria di manifestazione, si possono presentare alcune varianti riguardo a quelli che sono in generale ritenuti i comportamenti tipici dei morti viventi.
I tipi di non morti conosciuti maggiormente nel fantasy e nella mitologia e folklore sono i Vampiri, gli zombie, i Revenant e i Lich
Nella serie iniziata con Il ritorno dei morti viventi (The Return of the Living Dead, 1985) di Dan O'Bannon, i cadaveri venivano risvegliati da un particolare tipo di gas sperimentale realizzato dall'esercito statunitense. Una volta che un essere vivente o defunto entrava in contatto con questo gas, si trasformava in un morto vivente che non poteva essere eliminato utilizzando i metodi tradizionali. Anche volendone bruciare il corpo, il gas mischiato al fumo della cremazione si spargeva nell'aria contagiando nuove aree. Il gas permetteva loro anche di parlare, indipendentemente lo stato di decomposizione del corpo, e di muoversi con una maggiore agilità rispetto agli standard normali.
Nel film Undead or Alive. Mezzi vivi, mezzi morti (Undead or Alive: A Zombedy, 2007) di Glasgow Phillips, per uccidere i morti viventi creati dalla maledizione che il capo indiano Geronimo aveva lanciato agli uomini bianchi che avevano sterminato il suo popolo, si rendeva necessaria la completa decapitazione. Anche in questo caso i corpi rianimati possedevano l'uso della parola e delle principali facoltà di un normale essere vivente.
In molti film, e in special modo in quelli che si sono ispirati più o meno liberamente al romanzo di Matheson, si è verificata addirittura una sovrapposizione della figura del morto vivente con quella del vampiro, con le altrettanto inevitabili sovrapposizioni dei comportamenti, facoltà e vulnerabilità delle due tipologie di creature in questione.

Nella cultura di massa
Nella letteratura fantastica del XVIII secolo, il "revenant" veniva generalmente correlato al tema della necromanzia. Spesso il revenant stesso era uno stregone tornato dal regno dei morti, o un altro essere umano riportato in vita da un negromante come suo schiavo. Nella maggior parte dei casi si trattava di un essere umano malvagio, per esempio un assassino. Per alcune fonti esisteva un nesso anche fra il ritorno alla vita come revenant e l'essere "nato con la camicia", ovvero con la membrana amniotica sul corpo o sulla testa.
Il revenant è in genere un non morto con poteri magici fortissimi; nel caso sia stato risvegliato da un necromante, può succedere che i poteri magici del non morto siano superiori a quelli del suo "padrone". Il folklore vuole che se chi governa il revenant dovesse morire, il revenant stesso cesserebbe di esistere perché mentalmente ed "energicamente" legato al suo padrone.
Per impedire ad una persona morta di diventare un revenant, la leggenda vuole che si dovessero infilare dei chiodi benedetti nel cranio, oppure amputargli arti e testa per segregarlo per sempre nel buio della tomba. La figura del revenant è stata recuperata da diverse opere di letteratura horror e fantasy moderne, nonché da altre forme di finzione come i giochi di ruolo. Un esempio è il mostro Revenant nella serie di videogiochi Final Fantasy, dove il Revenant è appunto, un tipo di mostro umanoide della classe non-morto o zombie, a volte con arti mancanti.
Lo storico Renzo De Felice utilizza il termine revenants per indicare quei personaggi politici che, caduti in disgrazia con l'avvento della dittatura fascista, tornarono improvvisamente in auge dopo la caduta di Benito Mussolini.


Diffusione
Dopo essere stato per lungo tempo un genere principalmente di produzione statunitense (con discreti contributi da parte della cinematografia europea, in special modo italiana) la figura del morto vivente ha conosciuto negli ultimi dieci anni una sviluppo planetario, con produzioni di film e serie tv distribuite nell'arco di quattro continenti. Sono numerose infatti le produzioni giapponesi e inglesi, seguite da Canada, Australia, Nuova Zelanda, Corea e Hong Kong. In Europa si sono cimentate, anche con buoni risultati, produzioni spagnole, tedesche, francesi e irlandesi. Un piccolo contributo è stato dato anche dalla Repubblica Ceca e dalla Grecia. Morti viventi si trovano perfino nella cinematografia indiana: nel datato Chalta Purza (1932) di Balwant Bhatt, o nel più recente Border di J.P. Dutta (1997) e in quella pakistana con Hell's ground (Zibahkhana - 2007) di Omar Khan.
Parallelamente al filone esplicitamente horror, si è andato sviluppando, soprattutto negli anni più recenti, anche un diverso genere maggiormente ispirato da una vena umoristica o grottesca. Di questo genere può essere riconosciuto come capostipite il film Il ritorno dei morti viventi (The Return of the Living Dead, 1985) di Dan O'Bannon.
Con l'inizio del nuovo secolo si sta assistendo ad un vero e proprio fenomeno zombie, dove la figura del morto vivente ha conosciuto positivi consensi di pubblico anche nel filone letterario, nei fumetti e nelle serie televisive. Notevole sviluppo si è avuto anche nella creazione di videogiochi in tema.


Interpretazione
L'immagine del morto vivente, introdotta da La notte dei morti viventi in poi, è stata spesso utilizzata come metafora sociale, e come critica nei confronti di molti aspetti della società moderna.
Nel secondo film realizzato da George Romero – Zombi (Dawn of the dead - 1978), i morti viventi affollavano un centro commerciale, mimando grottescamente le medesime gestualità dei vivi.
Nell'episodio Candidato maledetto (Homecoming - 2005), girato da Joe Dante per la serie Masters of Horror – i morti viventi erano soldati uccisi durante la guerra in Iraq che tornavano in vita solo per partecipare con il loro voto alle elezioni presidenziali statunitensi.
In Fido, pellicola canadese realizzata dal regista Andrew Currie (2006), i morti viventi entravano a far parte della società stessa, resi innocui da un collare elettronico e utilizzati quindi come bassa manovalanza. In maniera similare si concludeva anche l'inglese L'alba dei morti dementi (Shaun of the dead – 2004) di Edgar Wright.
Secondo poi un'ottica prettamente religiosa la figura del morto vivente cinematografico incarna l'immagine stessa del mito dell'Apocalisse di Giovanni (o Libro della Rivelazione) - dove è scritto che al finire dei tempi i morti resusciteranno dalla tomba per il Giudizio Finale.


Nei giochi
Nei giochi da tavolo o nei wargame ad ambientazione fantasy i morti viventi sono creature che abitano cimiteri e cripte. In Dungeons & Dragons i morti viventi sono tutti classificati come "non morti" e costituiscono un nutrito gruppo di creature che di solito sono avversari dei personaggi giocanti. Tuttavia, alcuni non morti dotati di intelligenza, possono essere usati dai giocatori come personaggi.



 
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