martedì 14 aprile 2020

Il "nucleo del demonio"


The Demon core o nucleo del demonio è stato un esperimento degli scienziati americani; era una massa sferica da 6 chilogrammi di plutonio, coinvolta in due incidenti nel 1945 e 1946. Il nucleo era destinato ad essere utilizzato come terza arma nucleare, e rimase in uso per i test, dopo la resa del Giappone.
Gli incidenti sono avvenuti nel laboratorio di Los Alamos; entrambi provocarono l’avvelenamento da radiazioni acute e conseguenti decessi degli scienziati Harry Daghlian e Louis Slotin.


Dopo quegli incidenti, il nucleo sferico di plutonio fu chiamato "nucleo demoniaco".


lunedì 13 aprile 2020

Ci sono delle spiegazioni scientifiche che spiegano il "Martello di London"?


Sì.
Per chi non lo sapesse, il cosiddetto "Martello di London" è stato trovato a London, in Texas, nel 1936 ed è diventato famoso negli anni '80, dopo essere stato acquistato da un giovane seguace del Creazionismo di nome Carl Baugh che sosteneva che il manufatto fosse stato costruito prima della grande Inondazione (quella dell'Arca di Noè per capirci).


Non è affatto così.
Il martello di London, che è lungo 15 centimetri e largo 25 mm con una sezione trasversale ottagonale, è un piccolo martello da fabbro del tipo che avrebbe potuto essere usato per calzare i cavalli. Il contenuto di zolfo del ferro ci dice che è stato prodotto nel XVIII o all'inizio del XIX secolo usando il carbone e con una fucina.
Poiché all'epoca l'America rurale era in qualche modo tecnologicamente arretrata, potrebbe anche essere ancora più recente. E la pietra intorno è ancora più recente. È una concrezione ferrosa del tipo che può formarsi ovunque se il ferro viene lasciato a contatto con terreno, acqua e minerali reattivi.
London, Texas, è nota per il suo calcare Ordoviciano. Il calcare è una roccia morbida e solubile a base di carbonato di calcio, motivo per cui forma grotte naturali. Le acque superficiali in tali aree trasportano minerali lisciviati dalle rocce e quando incontrano la lisciviazione del ferro di uno strumento perduto, reagiscono con esso, cementando il ferro e il terreno circostante in una concrezione.
Le concrezioni possono formarsi abbastanza rapidamente solo dalla precipitazione di un numero qualsiasi di minerali solubili attorno a un nucleo o a una crepa, ma formano croste abbastanza spettacolari quando ossidi di ferro, terreno e altri precipitati si combinano attorno a un pezzo di ferro perso. Questo è un fenomeno comune, noto a chiunque abbia una minima conoscenza della geologia.
Ecco una concrezione formata nell'acqua di mare attorno a un chiodo di navi in ferro:


Ed ecco una concrezione attorno a un paio di calibri:


E intorno alle pompe di zavorra del sottomarino, Hunley:


Tali concrezioni si formano anche sulla terra ferma. Ecco una concrezione attorno a una candela Champion vintage degli anni '20.


Ed eccone un altro:


E un altro:


E un altro:


Insomma, il martello non è antichissimo, pre-inondazione di Noè. Come non lo sono le candele delle auto nelle foto…


domenica 12 aprile 2020

Casa lunare

Risultati immagini per Casa lunare




Una casa lunare è un segmento dell'eclittica (spesso chiamata stazione o dimora) attraverso il quale la luna si muove nella sua orbita intorno alla terra, spesso usata dalle antiche culture come parte del loro sistema di calendari. In generale, benché non sempre, lo zodiaco è diviso in 27 o 28 segmenti relativi alle stelle fisse - uno per ciascun giorno del mese lunare, che è lungo 27,3 - e la posizione della luna è mappata rispetto a quei segmenti fissi. Poiché la posizione della luna a un determinato stadio varierà secondo la posizione della terra nella sua orbita, le case della luna sono un sistema efficace per tenere traccia del passaggio delle stagioni.
Varie culture hanno usato astrologicamente serie di case lunari; ad esempio le nakshatra astrologiche della cultura indù, le manzil arabe (manazil al-qamar), le ventotto case dell'astronomia cinese e i 36 decani dell'astronomia egizia. Altre case sono raggruppate insieme: nell'astrologia occidentale ciascun segno dello zodiaco copre 2-3 case, mentre il sistema cinese raggruppa le case in quattro gruppi legati alle stagioni.
Il concetto di case lunari è considerato di origine babilonese. Jim Tester, nella sua Storia dell'astrologia occidentale spiega che esse appaiono nell'astrologia ellenistica con la lista di stelle fisse redatta nel II secolo da Massimo di Tiro, nelle liste arabe di Alchandri e Albohazen Haly, nonché in una lista copta simile con nomi greci, e che benché esse fossero note nell'India vedica, tutte le liste «sembrano tradire» la trasmissione attraverso fonti greche. Pur evidenziando che i Babilonesi avevano ben stabilito i raggruppamenti lunari verso il VI secolo d.C., Tester nota anche che «lo schema delle ventotto case era derivato attraverso la magia egiziana legando le liste dei giorni fortunati e sfortunati del mese lunare alle emerologie e allo zodiaco».

Case cinesi

Le 28 Case Lunari (cinese: 二十||宿, Èrshí-Bā Xiù) sono la forma cinese e est-asiatica delle case lunari. Possono essere considerate come l'equivalente dello zodiaco occidentale, sebbene le 28 Case riflettano il movimento della Luna attraverso un mese siderale piuttosto quello del Sole in un anno solare. Nella loro forma finale, esse incorporavano le forme astrali dei Quattro Simboli: Dragone Azzurro dell'Est, Tartaruga Nera del Nord, Tigre Bianca dell'Ovest e Uccello Vermiglio del Sud. Si tratta di due animali reali e due leggendari assai importanti nella cultura cinese tradizionale come il fengshui.

Case Indiane

Le Nakshatra o Nákṣatra (lit. "stelle") sono la forma indiana delle case lunari. Esse di solito ammontano a 27, ma a volte 28 e i loro nomi sono legati alle più importanti costellazioni in ciascun settore. Esse partono da un punto sull'eclittica precisamente opposto alla stella Spica (sanscrito: Chitrā) e si sviluppano verso est. Nella mitologia indiana classica, la creazione delle nakshatra è attribuita a Daksha. Esse erano le spose di Chandra, il dio della luna. Le nakshatra dell'astronomia bhartiya tradizionale sono basate su una lista di a list of 28 asterismi trovati nell'Atharvaveda (AVŚ 19.7) e anche nelle Shatapatha Brahmana. Il primo testo astronomico che le elenca è il Vedanga Jyotisha. Le case sono una parte importante dell'astrologia indiana.

Case arabe

L'astrologia araba utilizzava un sistema di 28 case lunari chiamato Manāzil al-qamar. In questo sistema si riteneva che la luna si muovesse attraverso 28 distinte manazil (singolare: manzil = casa) durante il normale anno solare, ciascuna delle quali durava, perciò, circa 13 giorni. Una o più manazil erano poi raggruppate in una nawaa e l'insieme delle anwaa (forma plurale di nawaa) componeva l'anno. In altre parole, lo schema era il seguente: un anno era diviso in anwaa, ciascuna delle quali era fatta di una o più manazil, che erano associate a una stella o costellazione dominante.

sabato 11 aprile 2020

Bestie di Satana

Risultati immagini per Bestie di Satana



Le Bestie di Satana erano un gruppo di assassini seriali della provincia di Varese, responsabili di induzione al suicidio e vari omicidi di matrice satanista, che riempirono le pagine di cronaca nera e colpirono profondamente l'opinione pubblica italiana. La notizia arrivò anche all'estero e i crimini della setta vennero definiti dalla BBC tra i più scioccanti della storia d'Italia dal secondo dopoguerra.
La magistratura, con sentenza della Corte di cassazione pronunciata nel 2007, ha ritenuto i membri della setta responsabili degli omicidi di Mariangela Pezzotta, Chiara Marino, Fabio Tollis e del relativo occultamento di cadavere, così come del suicidio indotto di Andrea Bontade e di altri giovani che avevano rapporti con l'organizzazione.
La scoperta della setta ha portato poi gli investigatori dell'Arma a fare dei collegamenti con casi irrisolti, omicidi ed assassinii misteriosi nella zona delle "bestie". C'è chi ha parlato di diciotto tra omicidi e casi di suicidio sospetti, tra i quali quelli di Andrea Bontade e Christian Frigerio. Tuttavia ad oggi non è stata aperta nessuna nuova inchiesta, e gli imputati sono ritenuti responsabili dei soli crimini sopracitati.

Storia

L'organizzazione della setta

Le “bestie di Satana” si ispiravano vagamente al cosiddetto satanismo acido; in realtà la vocazione satanista era alquanto confusa, ma ciò non impediva lo sfoggio di simboli esoterici quali pentacoli, croci rovesciate e rappresentazioni del numero della bestia nell'Apocalisse di Giovanni, il 666. Nata nella seconda metà degli anni novanta la setta era più che altro dedita all'uso e all'abuso di sostanze stupefacenti, come ammesso anche dagli stessi membri nel corso dei processi. Alcuni membri della setta erano noti nel circondario come spacciatori di droghe. I luoghi abituali di ritrovo della setta erano il parco Sempione e la fiera di Sinigallia a Milano. Il clima di esaltazione dovuto alle droghe e la connotazione simil-satanica del luogo facevano sì che le pratiche degli aderenti alla setta fossero delle “prove di coraggio” che venivano eseguite a cuor leggero a causa dello stordimento (come durante i riti d'affiliazione) oppure, in un ambito che era più o meno consapevolmente nichilista, le sedute consistevano nell'infliggere dolore fisico.
Dalla testimonianza di Andrea Volpe emerge ad esempio che una volta al giovane Fabio Tollis vennero spenti mozziconi di sigaretta sul corpo, mentre un altro membro, Eros Monterosso, lo mordeva sul collo. In un'altra occasione Paolo Leoni, detto "Ozzy" (appellativo ispirato al cantante Ozzy Osbourne), capo carismatico della setta, venne fermato dalla polizia ed accompagnato a casa dopo essere stato sorpreso a camminare sui binari della metropolitana, completamente ubriaco e sotto l'effetto di stupefacenti mentre gridava frasi sconnesse. Nel corso di un'intervista rilasciata in carcere, il giovane minimizzò l'episodio, asserendo che si trattasse di un tentativo di suicidio a seguito della perdita, a pochi mesi di distanza l'una dall'altro, del padre e della sorella. I riti di affiliazione si svolgevano appunto tramite il superamento di prove di coraggio, suggellate nel momento della riuscita da un vero e proprio patto di sangue, una volta compiuto si sarebbe potuto uscire dalla setta soltanto da morti.
Si è molto discusso intorno al fatto se le "Bestie" avessero dei capi, e quali fossero. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, membri di più vecchia data erano Nicola Sapone e Paolo Leoni, conosciutisi casualmente durante una visita di leva. Nicola Sapone, idraulico e incensurato, di origine calabrese ma da anni residente a Dairago, aveva condotto fino ad allora una vita normale, mentre Leoni, commesso in un ipermercato di Corsico, era figlio di un ex detenuto per omicidio noto nella zona come satanista. Gli altri membri del gruppo si unirono in un secondo tempo.
L'enigmatica figura di Andrea Volpe di Busto Arsizio, disoccupato e tossicodipendente, descritto come un giovane squilibrato ma con un forte carisma personale, fu introdotta nel gruppo da Sapone. Nonostante Volpe fosse tra gli esecutori materiali in tutti e tre i delitti accertati, non fu mai considerabile come capo probabilmente a causa del suo stato di tossicodipendenza - che lo costrinse a diversi ricoveri in ospedale ed in alcune comunità per disintossicarsi - anche se non si deve sottovalutare la sua influenza nel prendere le decisioni. Tutti i rei confessi sono concordi sul fatto che proprio dopo l'entrata di Volpe si cominciò a progettare gli omicidi rituali.

La scoperta della setta: lo "chalet degli orrori"

I crimini della setta vennero improvvisamente scoperti all'inizio del 2004, quando il 24 gennaio dello stesso anno Andrea Volpe ricevette un chiaro ordine di Nicola Sapone. Quest'ultimo gli commissionò l'assassinio di Mariangela Pezzotta (ex ragazza di Volpe) in quanto conosceva troppi dettagli sulla scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino, due ex membri della setta, dei quali si erano perse le tracce nel gennaio 1998. Con il pretesto di una videocassetta da farsi restituire, Volpe invitò a cena la Pezzotta nella baita di Golasecca. Mentre Elisabetta Ballarin, la sua nuova fidanzata, era in cucina a preparare due dosi di speedball (cocaina ed eroina), egli, dopo una violenta discussione con la sua ex compagna, esplose con una pistola Smith&Wesson due colpi al volto della malcapitata, che però non morì sul colpo.
Volpe e la Ballarin, in condizioni alterate a causa delle droghe assunte quella sera, chiamarono in aiuto Sapone, il quale accorse prontamente e, a detta di Volpe, gli rinfacciò di "non essere nemmeno capace di uccidere una persona". Egli stesso finì l'agonizzante ex ragazza di Volpe a colpi di badile nella serra antistante lo chalet, e subito dopo tornò a casa propria a Dairago, presso Legnano, comportandosi come niente fosse ed ostentando stupore alla notizia degli avvenimenti successivi. Prima di andarsene, ordinò di lavare via ogni traccia di sangue, di seppellire la Pezzotta nel giardino e di gettare nel fiume la sua automobile. Sapone dirà poi di non essere stato lui ad aver commesso quel delitto, ma di essere stato chiamato da Volpe a omicidio già commesso.
Diventa fatto di contorno, a questo punto, la deposizione dell'astronomo Salvatore Furia. Secondo il pentito la data in cui uccidere la Pezzotta venne scelta in base alle fasi lunari: perché tutto andasse per il verso giusto occorreva che fossero giorni di luna nuova. Furia ha confermato che effettivamente in quei giorni la luna in cielo era una falce quasi invisibile. Alle posizioni degli astri i satanisti sembravano dare molto credito, come ha confermato un testimone, il maresciallo Quaranta: «Consideravano maggio un mese non adatto a riti satanici poiché la tradizione cristiana fa risalire a quel periodo la nascita della Madonna».
Una volta seppellita la Pezzotta, la Ballarin salì sull'auto della vittima, decisa a sbarazzarsi del mezzo facendolo scivolare nel Ticino, che scorre a poca distanza, e Volpe la seguì sulla sua auto. La ragazza, però, a causa delle condizioni psicofisiche alterate per l'assunzione di cocaina ed eroina, non riuscì a condurre nel fiume la macchina e andò ad incastrarsi su un muretto. Volpe scese dalla sua auto, si accorse delle condizioni della Ballarin ormai prossima al collasso, e si recò verso un parcheggio poco distante, invocando soccorso e dando in escandescenze.
Ad una pattuglia dei carabinieri accorsa sul posto inizialmente dichiarò che lui e la fidanzata erano stati aggrediti da alcuni balordi, mentre si trovavano appartati in auto, ma i carabinieri realizzarono velocemente che in realtà la coppia aveva avuto un incidente d'auto causato dall'assunzione di stupefacenti ed alcol e fece trasportare entrambi i giovani in ospedale. Qui Elisabetta, ancora sotto l'effetto della droga, cominciò a mugugnare e ripetere frasi, apparentemente sconnesse, riguardanti la morte di una certa "Mariangela". A questo punto i carabinieri, assieme alla procura, fanno partire le indagini, affidate al nucleo investigativo del Comando provinciale di Varese.
Il giorno successivo segue il ritrovamento del corpo di Mariangela (sfigurato e ancora caldo), rinvenuto dagli investigatori in quella serra dello chalet di Volpe, dove era stata sepolta che ancora respirava (seppur flebilmente), come dichiarato da Volpe durante gli interrogatori. Dopo il ritrovamento della Pezzotta ed una estesa attività informativa, i carabinieri iniziano una ricostruzione a ritroso dei crimini dei quali comincia ad essere sospettato Volpe e il suo gruppo, del quale al tempo non si conosceva ancora nulla. Dalla confessione di Volpe emerge che egli fu costretto ad agire sotto ricatto da Sapone, che lo aveva minacciato «se non lo fai tu lo facciamo noi», lasciandogli capire che anche lui e la Ballarin sarebbero stati uccisi qualora non si fossero liberati della vittima.






Le indagini

Inizialmente Volpe sostenne davanti agli investigatori di aver sparato a Mariangela durante una lite accesa tra ex fidanzati degenerata a causa della droga e la pista satanica non venne inizialmente presa in considerazione, anche se cominciavano a nutrirsi dei sospetti. Con l'entrata in campo di Michele Tollis, autotrasportatore di origini pugliesi e padre del defunto Fabio (amico di vecchia data di Volpe), le indagini presero una svolta. Da anni Tollis cercava di capire dove fosse finito suo figlio, e cominciò a frequentare il suo ambiente per farsi un'idea. Portò il caso alla trasmissione di Rai 3 Chi l'ha visto? ed intervenne in numerose puntate nel corso degli anni. Sin dal principio, non si fidò degli affiliati alle “bestie di Satana”, i quali sostenevano che Fabio fosse scappato con Chiara per ragioni sentimentali.
Quando Michele Tollis seppe dell'arresto di Volpe, ai suoi occhi risultò immediato il collegamento con la scomparsa del figlio, facendosi avanti; e infatti le sue indicazioni saranno preziose nel corso delle indagini. Sottoposto allo stress psicologico degli interrogatori, e per mero calcolo in funzione di evitare l'ergastolo, Volpe decise di collaborare e confessò gli omicidi di:
  • Mariangela Pezzotta, per il quale era già trattenuto;
  • Chiara Marino, amica di Fabio Tollis;
  • Fabio Tollis stesso;
  • Andrea Bontade.

 

Il primo tentativo di omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino

Stando alla ricostruzione degli inquirenti così come è andata in onda su La linea d'ombra, la diciannovenne Chiara Marino, vicina di casa di Paolo Leoni e sua amica fin dall'infanzia, era perdutamente innamorata di lui ed era l'unica ragazza stabilmente affiliata al gruppo, mentre altre giovani si allontanarono in quanto turbate dai rituali, dalle violenze e dalle minacce subite. Una ex fidanzata di Leoni, amica della stessa Marino, dichiarò che in diverse occasioni il Leoni l'aveva aggredita e percossa, ferendola al collo ed aveva descritto il giovane come una persona esaltata e pericolosa e del tutto inaffidabile.
Non per questo alla Marino veniva risparmiata la prassi della setta, anzi, per tale ragione era forse ancor più crudele; particolarmente dal momento in cui il "medium" della setta, Mario Maccione, dichiarò agli altri membri che la Marino «incarnava la Madonna», generando ulteriori ritorsioni contro di lei. Ciò provocò nella ragazza un trauma psicologico non indifferente e la sua intenzione era di uscire dalla setta, rafforzata anche dalla vicinanza di un collega di lavoro, completamente estraneo alle "Bestie", col quale aveva allacciato da poco una relazione sentimentale. Gli altri ne erano al corrente e decisero che se la ragazza doveva lasciare il gruppo doveva farlo da morta, come previsto dal patto di sangue.
I membri della setta sapevano inoltre che la giovane aveva nella propria disponibilità una somma di denaro abbastanza cospicua, pari a circa 110 milioni di lire (circa 55.000 euro), avuti come risarcimento in seguito ad un incidente stradale in cui era rimasta coinvolta, e verosimilmente puntavano ad impadronirsene. Nel primo tentativo Sapone e gli altri la stordirono con una dose di tranquillanti, la portarono in un posto frequentato da tossicodipendenti per drogarla e simulare una morte per overdose di eroina. L'arrivo di una volante li fece desistere dai loro piani e scappare.
Nel frattempo il sedicenne Fabio Tollis si rese conto della piega che stava prendendo la setta e manifestò l'intenzione di andarsene, cosicché il gruppo decise di eliminare anche lui. Tollis, il membro più giovane della setta, era cantante e bassista di un gruppo chiamato Infliction; si unì alle "bestie" soprattutto in virtù dell'interesse per l'heavy metal ed aveva più volte lasciato intendere di non prendere sul serio i rituali satanici, giungendo anche ad imitare per gioco gli stati di presunta trance in cui cadeva Maccione. La notte di San Silvestro del 1997 i componenti della setta fecero in modo che Tollis e la Marino si ritrovassero da soli in un'auto messa a disposizione da Pietro Guerrieri detto "Wedra", tatuatore del gruppo. I membri del gruppo posizionarono un petardo nel tubo di scappamento, ma la vettura non esplose e prese fuoco molto lentamente, in modo che i due poterono allontanarsi senza nemmeno avvedersi dello scampato pericolo e credendo di aver inavvertitamente provocato loro stessi l'incendio, lasciando a bordo un mozzicone di sigaretta acceso mentre facevano l'amore. Tollis era dunque conscio del destino della sua amica, ma non del proprio.

Il duplice omicidio di Fabio Tollis e Chiara Marino

Nel gennaio del 1998 la setta decise di progettare con più cura l'omicidio. Con la scusa di un nuovo rito da compiere, Sapone, Volpe e Maccione attirarono i due ragazzi in una trappola, conducendoli nottetempo nei boschi di Mezzana Superiore, dove li aspettava una fossa profonda quasi due metri, scavata giorni prima da Sapone e Volpe, unitamente a Pietro "Wedra" Guerrieri e Andrea Bontade. Quest'ultimo doveva farsi trovare sul posto per fare da "palo", ma non ne ebbe il coraggio e non si presentò sul luogo. Guerrieri, invece, non partecipò di persona al delitto, ma a partire da quel momento, rendendosi conto delle proprie responsabilità, piombò in un profondo stato di depressione, aggravato dall'uso sempre più pesante di stupefacenti.
Una volta giunti sul luogo, la Marino venne immediatamente uccisa a pugnalate da Sapone, mentre Volpe e Maccione si avventarono sul Tollis che, forte della sua prestanza fisica, tentò invano di difendere l'amica. Tollis venne sopraffatto a coltellate da Maccione (che in seguito dichiarerà di essere stato il migliore amico di Fabio), quindi colpito ripetutamente sul capo con una mazzetta da muratore, con una violenza tale da fratturare completamente le ossa del volto del ragazzo. Lo finì Sapone, infilandogli in bocca un riccio di castagno per soffocare le sue urla e con una coltellata alla gola talmente forte da spezzare la lama del pugnale, i cui frammenti verranno rinvenuti anni dopo tra le ossa del ragazzo. Nella concitazione del momento anche Maccione si ferì profondamente ad una mano mentre colpiva a morte l'amico Tollis. Nei giorni successivi, il giovane dichiarò di essersi procurato la ferita mentre cercava di sistemare il motore dell'auto di Sapone a seguito di un guasto. Al termine della mattanza, i due ragazzi vennero gettati nella fossa.
La perversione non si ferma qui: il reo confesso Volpe assieme agli altri umiliarono i cadaveri orinandoci sopra, Sapone improvvisò una danza sopra il luogo della sepoltura ed urlò: «Zombie, adesso siete soltanto degli zombie», quindi intinse una sigaretta nel sangue dei cadaveri e la fumò (dalla testimonianza di Michele a Chi l'ha visto?). Due settimane dopo Sapone e Bontade si recarono nuovamente nel bosco per far sparire le tracce dell'assassinio, rimuovendo il fogliame macchiato di sangue e versando ammoniaca sulla fossa, per evitare che qualche animale fiutasse l'odore dei cadaveri. I corpi di Tollis e della Marino, ormai mummificati, saranno ritrovati dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese sei anni dopo, il 18 maggio 2004, a seguito delle indagini relative all'omicidio di Mariangela Pezzotta.
Poco prima di allontanarsi con gli amici verso Somma Lombardo, Fabio Tollis fu costretto da Sapone a telefonare a casa per avvisare il padre che non sarebbe rientrato a dormire, ma avrebbe trascorso la notte in casa dell'amica Chiara Marino. Il padre del giovane si insospettì e si diresse verso il pub Midnight di Porta Romana, abitualmente frequentato dalla compagnia, arrivando però troppo tardi, quando il figlio era già partito con quelli che sarebbero divenuti i suoi carnefici. Michele Tollis in seguito dichiarerà che Leoni aveva tentato di tranquillizzarlo, asserendo che Fabio si era appartato per flirtare con la Marino, che sarebbe tornato presto e non era assolutamente il caso di preoccuparsi.
Nei giorni successivi i membri della setta collaborarono attivamente alle indagini, distribuendo volantini con le fotografie degli amici da loro stessi uccisi, lasciandosi intervistare dal programma televisivo Chi l'ha visto? e dichiarandosi molto preoccupati per la sorte degli amici, facendo anche appelli televisivi perché tornassero a casa. Qualche mese dopo alle ricerche iniziò a contribuire anche la rivista Metal Shock, che inserì in copertina una foto di Tollis con la sua band, pubblicò un'ignara incitazione a farsi sentire e un numero per eventuali avvistamenti.
Leoni giunse a suggerire che la Marino e Tollis potessero essere fuggiti insieme in Spagna, dove la ragazza aveva stretto diverse amicizie nel corso di una vacanza. La madre della ragazza, durante una puntata della trasmissione Chi l'ha visto? accusò esplicitamente Leoni di essere responsabile della sparizione della figlia, parlando anche delle pratiche sataniche del giovane e della reputazione del padre dello stesso. La donna mostrò inoltre diversi oggetti rinvenuti in camera di Chiara: teschi di capra e crani di plastica, candele nere, un drappo nero ed altro materiale da destinare ai rituali satanici. In seguito, la donna dichiarerà di esser stata minacciata dai famigliari di Leoni, il cui padre, da poco defunto, era noto in zona come satanista nonché per i trascorsi in manicomio ed una condanna per omicidio di un'ex amante.

Il suicidio indotto di Andrea Bontade

La vittima seguente fu Andrea Bontade, colpevole di codardia per non essersi presentato la sera dell'omicidio di Tollis e della Marino, la cui fossa nel bosco aveva contribuito a scavare. Più volte gli altri affiliati cercarono di stordirlo con un cocktail a base di droghe pesanti con il preciso scopo di indurlo al suicidio. Poi una sera gli intimarono: «Se non lo fai tu lo facciamo noi». Il 21 settembre 1998 Bontade, al termine di una serata trascorsa al Midnight con gli altri membri della setta, durante la quale aveva bevuto parecchi alcolici ed assunto stupefacenti, prende la sua auto e si schianta contro un muro alla velocità di 180 km/h. Si potrebbe pensare ad un incidente causato dallo stordimento per droga, ma mancano sull'asfalto i segni di frenata e sterzata. Bontade muore sul colpo.

Reazioni dei media

La vicenda ha suscitato enorme scalpore in tutta Italia e ha dato inizio a una lunga serie di dibattiti sulla devianza giovanile e sul legame tra heavy metal (di cui le Bestie di Satana erano grandi appassionati), satanismo e violenza. Nel febbraio 2005, un'università cattolica romana collegata al Vaticano programmò un corso di due mesi sulla possessione diabolica e l'esorcismo per sacerdoti e seminaristi. Don Aldo Buonaiuto, sacerdote responsabile del "Numero Verde Antisette" dell'Associazione Giovanni XXIII, manifestò forti allarmismi riguardo alla musica metal dicendo: «Se la musica diventa uno strumento di atti nefandi e morte deve essere fermata». Anche l'esorcista Gabriele Amorth espresse la sua opinione: «Sicuramente c'è Satana che agisce in queste occasioni. Prima le tre ragazze di Chiavenna, poi Erica e Omar, e adesso la banda giovanile di Somma Lombardo. Tutti casi che ho studiato bene. Quei ragazzi erano dediti al Demonio, leggevano libri satanici. E che ferocia inaudita nei loro atti!».
Secondo alcuni media italiani gli Slayer, famoso gruppo metal statunitense, avrebbero pilotato i membri della setta a compiere tali azioni (la band subì accuse simili anche nella propria nazione, per quanto riguarda il caso analogo di Elyse Marie Pahler). I giovani passavano nottate intere ad ascoltare la loro musica al massimo del volume, sia mentre celebravano i rituali, sia vagando in auto nei pressi di Cardano al Campo (ove frequentavano spesso un locale di musica rock) e nei boschi della Malpensa.
Si dice che gli omicidi furono influenzati principalmente dal brano Kill Again, tratto dall'album Hell Awaits. Un'altra canzone, Richard Hung Himself (da Undisputed Attitude), avrebbe istigato un ragazzo affiliato alla setta, un tale Davide R., ad impiccarsi con il filo da bucato nel bosco dietro casa sua (tuttavia altre ipotesi ritengono che il suicidio sia stato dovuto alle continue minacce di morte ricevute da Volpe). Venuto a conoscenza dell'accaduto, Jeff Hanneman, chitarrista degli Slayer, rigettò le accuse: «Chi ha cercato nella musica le ragioni di un delitto non ha capito nulla ed ha dimostrato una volta per tutte la propria ignoranza. Tutto ciò è tremendamente stupido, perché se qualcuno arriva a compiere un gesto così estremo è mosso da ragioni che vanno ben oltre l'ascolto degli Slayer. Se una persona non ci sta con la testa può essere spinta ad uccidere da un disco ascoltato, ma anche da un film visto in televisione, dalla rottura con la fidanzata... da tutto!».
Marco Dimitri, leader dell'associazione "Bambini di Satana", disse: «Penso sia un fenomeno più legato ai drammi personali che al satanismo. Le indagini hanno fatto emergere realtà più drammatiche come, ad esempio, la droga. Alcuni erano da tempo in cura psichiatrica. Non vi è nulla di culturale, solo un dramma nel dramma.» Secondo Maria Greca Zoncu, GUP di Busto Arsizio, le Bestie di Satana «non erano un'associazione per delinquere ispirata al satanismo, ma solo un'aggregazione di personalità deboli, immature, ineducate, sostanzialmente svantaggiate, che hanno costruito un maldestro edificio nel quale albergare la loro assoluta povertà morale». Lo stesso Mario Maccione, che iniziò a suonare la chitarra a 15 anni, dichiarò: «Se avessi pensato solo a suonare non sarei finito in questa storia. La musica non c'entra niente».

Vittime

Le vittime certe delle "Bestie di Satana" sono state:
  • Fabio Tollis, 17 gennaio 1998 - presso Somma Lombardo
  • Chiara Marino, 17 gennaio 1998 - presso Somma Lombardo
  • Andrea Bontade, 21 settembre 1998 - suicidio indotto, presso Somma Lombardo
  • Mariangela Pezzotta, 24 gennaio 2004 - presso Golasecca

Condanne

Per gli omicidi di Chiara Marino, Fabio Tollis e Mariangela Pezzotta, il 31 gennaio 2006 la Corte d'assise di Busto Arsizio condannò Nicola Sapone a due ergastoli e all'isolamento diurno per tre anni; Paolo Leoni e Marco Zampollo a 26 anni, Elisabetta Ballarin (nonostante non facesse parte del gruppo, non fosse a conoscenza degli altri omicidi e fosse stata solo testimone, sotto effetto di stupefacenti, dell'omicidio di Mariangela) a 24 anni e tre mesi ed Eros Monterosso a 24 anni.
Nel giugno 2006, la Corte d'Assise d'Appello di Milano ridusse la pena per Andrea Volpe (già condannato in primo grado a 30 anni per gli omicidi commessi alla guida della setta) a 20 anni di carcere, e a 12 anni e 8 mesi la pena di Pietro Guerrieri, in precedenza condannato a 16 anni.
Il 15 maggio 2007 la Corte d'Assise d'Appello di Milano condannò Nicola Sapone ad un doppio ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi; Paolo Leoni all'ergastolo e isolamento diurno per 9 mesi; Elisabetta Ballarin a 23 anni di carcere; Eros Monterosso a 27 anni e 3 mesi e Marco Zampollo a 29 anni e 3 mesi. Andrea Volpe a 20 anni per aver collaborato con la giustizia alla risoluzione del caso.
Il 25 ottobre 2007 la Corte di Cassazione confermò le condanne con sentenza definitiva.
Il 9 novembre 2007 la Corte d'Assise e d'Appello di Brescia condannò a 19 anni e mezzo Mario Maccione, all'epoca dei fatti contestati minorenne, inasprendo la precedente sentenza a 16 anni di reclusione.

Elisabetta Ballarin

Dopo sette anni dall'arresto, a Elisabetta Ballarin è stata concessa la semilibertà per motivi di studio: la ragazza può uscire dal carcere per frequentare le lezioni universitarie al di fuori del carcere di Verziano. Dopo una laurea triennale in Didattica dell'arte presso l'Accademia di Santa Giulia di Brescia, ha intrapreso il biennio specialistico in grafica e comunicazione ed alla ragazza è stata consegnata una borsa di studio nel febbraio 2013. Lo stesso anno ha lavorato come guida turistica nel Comune di Monte Isola. Successivamente Elisabetta Ballarin ha chiesto la grazia al Presidente della Repubblica, sottoscritta anche dal sindaco di Brescia Adriano Paroli. Il 12 maggio 2017, usufruendo dell'affidamento in prova, ottiene l'autorizzazione a non soggiornare più in carcere. Fino a questa data, nessuno degli altri condannati ha usufruito di un singolo permesso premio.


Encomio agli investigatori dell'Arma di Varese

L'8 giugno 2005 sono stati premiati i carabinieri del nucleo investigativo del Comando Provinciale di Varese che seguirono e portarono a termine le indagini. I militari hanno ricevuto un encomio dal comandante dei Carabinieri, nell'ambito della festa dell'Arma a Varese. A consegnare il riconoscimento sono stati i pubblici ministeri che condussero l'inchiesta e che rappresentano la pubblica accusa nel processo di primo grado contro la banda di satanisti: Antonio Pizzi e Tiziano Masini.
I carabinieri premiati sono il tenente Enzo Molinari, i marescialli Attilio Quaranta, Giuseppe Notaro e Paolo Marcolli. Ricevette l'encomio anche il comandante dei carabinieri di Somma Lombardo, il luogotenente Michelangelo Segreto.

venerdì 10 aprile 2020

Seduta spiritica

Risultati immagini per Seduta spiritica



La seduta spiritica, detta anche seduta medianica, è una delle pratiche più famose usate nello spiritismo. È una riunione di persone che hanno in comune il desiderio di entrare in contatto con entità spirituali, allo scopo di rivolgere loro domande specifiche. Presume in concreto una manifestazione degli spiriti e implica uno scambio di pensieri con i mortali.
Finalizzata al contatto e al colloquio con gli spiriti grazie all'intervento di un medium (letteralmente "tramite"), la seduta spiritica solitamente si svolge al chiuso seguendo particolari rituali, accorgimenti complessi e tecniche di evocazione.

Medium

Medium è una parola latina che significa mezzo, tramite. Tale termine indica quelle persone o quegli individui che affermano di far da tramite alle comunicazioni degli spiriti.
Il mezzo, grazie al quale il medium sostiene di mettersi in comunicazione con il mondo degli spiriti, sarebbe uno stato alterato della sua coscienza che viene chiamato "trance medianica". In tali circostanze di mutamento psicologico, il medium predisporrebbe la sua mente e condizionerebbe il suo corpo fisico a recepire le sollecitazioni dei presunti spiriti e consentirebbe, in tal modo, l'esplicazione dei fenomeni paranormali di natura psichica o fisica, a seconda delle sue caratteristiche precipue e particolari.

L'ambiente il numero dei partecipanti alla seduta

L'ambiente più adatto è solitamente rappresentato da una stanza tranquilla, con pochi rumori esterni che impedirebbero la concentrazione, oppure all'aria aperta.
Gli spiritisti affermano che le presunte comunicazioni di livello più elevato si otterrebbero sempre nelle sedute con pochi partecipanti.

Le tecniche

Seduta spiritica con il tavolino

I partecipanti alla seduta, riuniti attorno al tavolo, si pongono in silenzio e concentrazione, tentando di stabilire uno stato di tensione mentale ed emotiva che permetterebbe al medium di utilizzare l'energia del gruppo per richiamare a sé le forze necessarie ad un "contatto" con l'aldilà. I presenti formano una catena, tenendosi per mano o con altre modalità, e, dopo qualche tempo, il tavolino, secondo gli spiritisti, dovrebbe fremere, scricchiolare o addirittura alzarsi leggermente da una parte. Quel momento rappresenterebbe l'inizio della comunicazione con l'entità: il dialogo si svolgerebbe attraverso i classici colpi che andranno richiesti allo spirito come risposta alle domande formulate dai partecipanti secondo un codice predeterminato. Con la tecnica della trance invece il medium, una volta aggiunto il grado desiderato di concentrazione, ritiene di "dare voce" a defunti o altre entità spirituali che lancerebbero messaggi di vario genere parlando per conto dell'entità evocata.

Seduta spiritica con la tavola ouija

Un tipico sistema di interrogazione è quello della tavola ouija. Questo strumento consiste in una piccola tavola con le lettere dell'alfabeto e con i primi dieci numeri (da 0 a 9 o da 1 a 0). Sulla tavola o quadrante si colloca un piccolo pezzo di legno triangolare, che poggia su tre sfere di cristallo in modo che possa scorrere facilmente. Il medium e i partecipanti pongono il dito indice sul triangolo mobile e questo indicherebbe in successione le lettere e le cifre scritte formando parole, date, cifre e frasi di senso compiuto. Secondo gli scettici in realtà il fenomeno è dovuto ai movimenti ideomotori dei presenti che non sono in grado di mantenere il dito perfettamente fermo, le frasi composte sono il frutto delle aspettative inconsce di chi la muove: è sufficiente capovolgere le lettere e mischiarle perché la planchette inizi a comporre frasi completamente prive di senso.
La tavola OuiJa è anche più semplicemente sostituita da lettere e numeri ritagliati e disposti a cerchio su di un tavolo, usando poi come planchette una moneta o un bicchiere.

La fine della seduta

Al termine delle comunicazioni occorrerebbe ringraziare lo spirito intervenuto e lasciarlo libero di andarsene perché, secondo gli spiritisti, l'entità non accomiatata potrebbe restare per un certo tempo prigioniera nel luogo di evocazione e provocare strani fenomeni, come oggetti che si muoverebbero da soli o rumori arcani.

I possibili fenomeni fisici della seduta medianica

Le sedute spiritiche non hanno nessun tipo di riconoscimento scientifico, e così anche i presunti fenomeni spesso a loro legati, come:
  • levitazione di oggetti
  • apporto e asporto di oggetti (dentro e fuori da un locale opportunamente chiuso)
  • rumori e voci non ben identificabili, dal terreno;
  • improvvise folate di vento freddo.

Credenze

Fra le credenze legate a queste pratiche:
  • i presenti devono restare uniti tenendosi per mano intorno al tavolo qualsiasi cosa accada;
  • se anche uno solo dei presenti (pure se un terzo prende il suo posto) abbandona il tavolo e interrompe la catena, lo spirito resta intrappolato e non può fare ritorno al luogo di provenienza. Nei giorni successivi alla seduta, si verificano casi di poltergeist in cui l'entità tenta di ottenere una seconda seduta spiritica per rimettere le cose a posto, ovvero vendicarsi;
  • la disposizione a cerchio e tenersi per mano proteggono i presenti, in primis il medium, così come l'uso di simboli e tatuaggi;
  • la sua energia e medianità fluiscono per mano a tutti presenti. Se i medium sono più di uno, le medianità si sommano. La medianità si trasmette per contatto fisico, e dopo alcune sedute anche i presenti potrebbero avere manifestazioni paranormali;
  • è interessato dal fenomeno anche chi è presente, non restando al tavolo.
  • a seconda delle convinzioni personali, le entità possono essere persone defunte, oppure angeli, demoni, larve astrali, ecc. e parlano da una dimensione esterna alla nostra. Nella pratica esoterica non vi sono garanzie che le entità invocate siano effettivamente i propri cari, nemmeno se forniscono informazioni personali che soltanto loro potevano conoscere in vita, ovvero se predicono eventi futuri, manifestando un'attenzione e amore particolari verso i presenti.
Il medium chiama uno spirito-guida che svolge il ruolo di intermediario dal lato del mondo spirituale, governando la seduta per tenere lontane entità negative che tentano di manifestarsi. Se il medium chiede un'evocazione, l'entità si manifesta all'esterno, restando separato dalla coscienza dei presenti; se la invoca, entra nel corpo del medium, che può restare inabitato e cosciente, ovvero entrare in trance completamente posseduto dallo spirito, col risultato di parlare lingue sconosciute, con ricordi e un tono di voce che non sono i suoi.
Le entità vivono in una dimensione trascendente senza spazio, da cui segue che:
  • se possono manifestarsi, possono farlo ovunque nella Terra siano chiamati e al limite in sedute spiritiche in più luoghi differenti contemporaneamente;
  • a tutti è noto e sempre visibile il passato e futuro di ognuno di noi.
Ad opinione di alcuni domina su tutto la presenza di una divinità con la sua legge che vieta alle entità di interferire col libero arbitrio dell'uomo, fornendo informazioni che pure hanno e potrebbero essere utili tanto al progresso materiale o spirituale del singolo (per arricchirsi, evitare dolori o la morte), che della collettività dando la soluzione a problemi irrisolti della scienza.
Per alcuni è una sola dimensione trascendente dove non esiste neanche il tempo, per altri esiste un piano eterico intermedio tra quello fisico e quello puramente spirituale.
La comunità scientifica ritiene che tutti questi fenomeni abbiano spiegazioni naturali, come l'"autosuggestione" collettiva, o la pura e semplice frode, che è stata talvolta dimostrata anche da parte di medium famosi.

L'interpretazione di Steiner

Secondo Rudolf Steiner nelle sedute spiritiche viene spesso fatta confusione sull'idea si parlare realmente con la persona morta, mentre si parla con la proiezione dell'akasha.
«L'immagine dell'akasha è così viva che continua ad agire secondo il carattere originario dell'uomo, tanto da poter essere confusa con la persona stessa. I medium credono di parlare col morto che sopravvive in spirito, ma si tratta soltanto della sua immagine astrale dell'akasha. Lo spirito di Cesare si sarà già reincarnato sulla Terra, e la sua immagine astrale continuerà ancora a rispondere nelle sedute spiritiche. Non si tratterà però dell'individualità di Cesare, ma soltanto della sua durevole impronta lasciata nella cronaca dell'akasha. Gli errori di molte sedute spiritiche derivano da questo fatto. Dobbiamo distinguere fra il residuo dell'uomo nella sua immagine dell'akasha e la sua individualità che continua nell'evoluzione.»
(Rudolf Steiner)

Casi celebri

Il caso Moro

Durante il sequestro di Aldo Moro, Romano Prodi, Mario Baldassarri e Alberto Clò ebbero un ruolo mai del tutto chiarito nel reperimento delle indicazioni su un possibile luogo di detenzione dello statista. Secondo quanto riferito dai tre economisti (al tempo vicini politicamente alla Democrazia Cristiana) durante una presunta seduta spiritica effettuata il 2 aprile 1978 il "piattino" avrebbe formato le parole Viterbo, Bolsena e Gradoli, quest'ultima ("Gradoli") coincideva con il nome della strada in cui si trovava un covo impiegato dal brigatista Mario Moretti, che aveva guidato l'operazione in via Fani (ma in cui Moro non era stato tenuto prigioniero).

Il messaggio di Houdini

Il famoso prestigiatore Harry Houdini partecipò a diverse sedute spiritiche per cercare di entrare in contatto con la madre morta. Avendo scoperto alcuni trucchi, grazie alla sua conoscenza delle tecniche di illusionismo, decise di mettere alla prova sistematicamente i medium della sua epoca, sconfessandoli pubblicamente. La sua sfida ai medium continuò anche dopo la morte, perché lasciò alla moglie una frase segreta di dieci parole che i medium avrebbero dovuto ripetere come prova d'essere entrati in contatto con lui. Sebbene numerosi medium affermassero di aver parlato con Houdini, nessuno di loro trovò la frase segreta.

giovedì 9 aprile 2020

Albero della conoscenza del Bene e del Male

Risultati immagini per Albero della conoscenza del Bene e del Male


Nelle tradizioni di discendenza biblica, l'albero della conoscenza del bene e del male (in ebraico: עץ הדעת טוב ורע, etz ha-daʿat tov va-raʿ), o semplicemente l'albero della conoscenza, è l'albero dell'Eden, menzionato nella Genesi insieme all'albero della vita, da cui scaturì il peccato originale a seguito dell'infrazione del divieto, posto da Dio, ad Adamo ed Eva di mangiarne i frutti.
Alcune correnti religiose vedono in questo albero una vera e propria pianta legnosa; altri invece vedono in questo stesso albero un simbolo la cui interpretazione dipende dal significato che viene attribuito al concetto di peccato originale.

Riferimenti biblici e coranici


«Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.»
(Genesi 2,9)



«E Dio impose all'uomo anche questo comando: «Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai certamente dovrai morire».»
(Genesi 2,16)





Secondo il libro della Genesi, l'albero della conoscenza del bene e del male era posto nel centro del giardino di Eden. Il divieto di consumo riguardava solo l'albero della conoscenza del bene e del male. Probabilmente, prima del peccato (consumatosi col mangiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male) Adamo mangiava di tutti i frutti compreso quello dell'albero della vita, come se fosse un antidoto o semplicemente per celebrare la vita o il diritto di vivere. La disubbidienza avvenne così:

« Disse il serpente alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.»
(Genesi 3,1-7)


Adamo ed Eva mangiarono del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male e andarono incontro alla punizione: la morte. Per riacquistare il diritto di vivere potevano mangiare del frutto dell'albero della vita;

«ma Dio disse: «Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre».»
(Genesi 3,22)


Dio fece l'uomo a sua immagine e somiglianza. E avendo colto del frutto dell'albero proibito l'uomo avrebbe potuto contendere con Dio stesso (secondo l'interpretazione del Serpente), ma viene prontamente cacciato, affinché non sia esonerato dalla punizione della morte: mangiare dell'albero della vita.
È certo che la storia dell'albero della conoscenza del bene e del male si trovi descritta anche nel Corano, libro sacro dell'Islam, in cui compaiono Adamo ed Eva, in una sura in cui Maometto dice chiaramente di stare lontani da quell'albero:
«E dicemmo: «O Adamo, abita il Paradiso, tu e la tua sposa. Saziatevene ovunque a vostro piacere, ma non avvicinatevi a quest'albero ché in tal caso sareste tra gli empi».»[2:35 (Hamza Roberto Piccardo)]

Esegesi ebraica

Ricorda Rashi:
«Per quale ragione la Scrittura non indica chiaramente il nome dell'albero? Perché Qadosh BarukhHu non desidera umiliare nessuna delle Sue creature; altrimenti gli uomini coprirebbero di vergogna quest'albero, dicendo: "Questo è l'albero a causa del quale il mondo è stato colpito!" Ciò è affermato nel Midrash Tanhuma»
(Genesi Rabbah XIX 7)
Secondo l'esegesi ebraica del Talmud e dei Midrashim vi sono differenti opinioni: secondo rabbi Meir è l'uva, secondo rabbi Nechemia è il fico, secondo rabbi Yehudah è il grano mentre altri commentatori affermano sia il cedro.

Entità e particolarità del peccato

I maestri della tradizione ebraica insegnano come la trasgressione di Adamo ed Eva consiste nel tentativo e nella volontà di trarre la conoscenza, elemento spirituale, dal frutto, elemento materiale. Inoltre il primo peccato commesso da Adamo ed Eva fu l'origine e la radice di tutti i peccati esistenti.
Un midrash insegna che originariamente l'albero della conoscenza del bene e del male era legato a quello della vita, posti entrambi nel Giardino dell'Eden: con il peccato Adamo ne ruppe il legame. Un altro insegnamento afferma che Adamo, fino a quel momento sapiente di una saggezza celeste, volle vedere cosa si trovava nell'altro lato intendendo con ciò il mondo dell'impurità: la conoscenza carpita così da Adamo ed Eva non era infatti la conoscenza della Torah ma una conoscenza connaturata al peccato.
Eva diede da bere il succo del succitato frutto anche agli animali infatti da quel momento in poi valse la morte anche per loro.
L'ebraismo, in considerazione dell'origine divina della sapienza, della conoscenza e dell'intelligenza, non manca nel valutare Giobbe esempio di rettitudine ed integrità: egli rivolge al Signore la domanda Dove si trova la sapienza? (28,12)

«Un frutto bello a vedersi...»

Nachmanide spiega che, mangiando del frutto proibito, Adamo e la donna «avrebbe voluto e desiderato una cosa o il suo contrario».
"Delizia" riguarda gli "occhi", il "desiderio" invece l'intelligenza.
I testi ebraici della Torah spiegano che l'albero della conoscenza del bene e del male possedeva anche il tronco saporito e dello stesso gusto del frutto; anche il rabbino Arizal ricorda infatti che in principio Dio avrebbe concesso all'umanità che ogni albero possedesse questa qualità fino al rifiuto della Terra che ciò non volle per i malvagi che poi sarebbero esistiti in seguito. Così l'unico albero a mantenere questa peculiarità particolare fu quello dal frutto negato da Dio ad Adamo ed Eva.
Dio proibì al padre ed alla madre dell'umanità di mangiare il frutto, ma Adamo aggiunse una proibizione dicendo ad Eva di non toccarlo; il serpente approfittò dell'indecisione di Eva spingendola contro l'albero che quindi toccò cosicché, quando lei non ne vide le conseguenze prospettate, decise di mangiarne il frutto. I commenti esegetici ebraici insegnano che il serpente credette che, una volta che anche Adamo avesse trasgredito l'ordine divino mangiando il frutto e poi fosse morto, avrebbe potuto sposare Eva.
La Torah insegna che il serpente venne punito anche con la lebbra per aver commesso maldicenza verso Dio: in questo animale ne è segno il cambio della pelle.

Conoscenza del bene e del male e gli angeli corrispondenti

A proposito dell'albero della conoscenza del bene e del male il libro cabalistico dello Zohar afferma che l'angelo Metatron rappresenta il bene mentre l'angelo Samael il male, quest'ultimo angelo spesso associato al significato del serpente.

Interpretazioni tradizionali ebraiche circa la natura del frutto

Secondo un Midrash, riguardo al libro del Pentateuco Genesi, non venne rivelato il luogo da cui sorse il frutto da Dio proibito, per non dolersene.

Fico

La velocità della scena in Genesi 3,6-7 fa supporre che la coppia, sorpresa dall'immediato senso di vergogna per le proprie nudità, prese la prima cosa a portata di mano per coprirsi, le foglie - in realtà delle cinture (Midrash Bereshit Rabbah) - dell'albero della conoscenza del bene e del male. Il libro della Genesi 3,7 dice che le foglie utilizzate erano foglie di fico, in ebraico תאנה (təe'na).

Uva

A proposito del Tiqqun, la tradizione mistica ebraica insegna che, se Adamo ed Eva avessero atteso tre ore ed avessero utilizzato il frutto suddetto per compiere la santificazione del giorno santo dello Shabbat con la cerimonia del Kiddush, non vi sarebbe stata alcuna punizione perché in questo caso inseriti nell'ambito del divino e della santità non sottoposti al male del peccato: secondo un'opinione il frutto è infatti l'uva da cui si ricava il vino con cui gli Ebrei celebrano appunto il Kiddush nel venerdì sera, sera con cui inizia il giorno dello Shabbat, e durante il primo pranzo del giorno del sabato.
L'imposizione di tale divieto valeva infatti solo fino ad un certo momento con la concessione che poi l'uva venisse appunto utilizzata per il Kiddush.
Anche l'Arizal afferma che, quando Eva offrì il succo d'uva dell'albero della conoscenza del bene e del male ad Adamo ed egli ne ingerì la parte con la feccia, attraverso quest'atto nel peccato i due compromisero maggiormente la propria integrità nella disobbedienza a Dio. La tradizione ebraica spiega che Adamo ed Eva non avrebbero ricevuto alcuna punizione se avessero atteso tre ore ed avessero utilizzato il frutto per santificare il giorno, primo Sabato della Creazione.
Secondo il Talmud Noè avrebbe dovuto rettificare il succo d'uva bevuto anche da Adamo: egli però, anziché renderlo santo, commise lo stesso errore ubriacandosi; secondo alcuni la vite venne sradicata dal Gan Eden come Adamo ed Eva, secondo un'altra opinione essa si trovava in Terra di Israele ma Noè la portò fuori da essa piantandola e godendone il succo del frutto nato il giorno stesso.

Grano

Il Sefer haZohar esprime anche l'opinione di Shemaya il santo secondo il quale il grano - anche ...lechem min haAretz, ...לחם, in ebraico: "...frutto dalla T/terra" - fu la pianta perfetta per la quale Adamo cadde in peccato.

Cedro

Come sopra citato, nel Talmud di Babilonia è presente un'opinione secondo cui fu proprio il cedro.
Vi è anche una storia che racconta come, per la festa di Sukkot, un discepolo espresse dubbi sulla conformità di un Etrog, il frutto del cedro necessario alla preparazione con il Lulav; con clemenza il Maestro lo confortò dicendo paradossalmente: "vedi come sono belli i segni dei denti di Eva?".

Un'opinione ulteriore: la mela

Nella cultura dell'Europa occidentale, soprattutto a partire dal Medioevo, l'albero della conoscenza del bene e del male viene considerato un melo. Tuttavia questa identificazione nasce probabilmente da una lettura allegorica del testo biblico: in latino la stessa parola, malum, può riferirsi sia al frutto del melo, sia al "male", e per questo motivo i commentatori avrebbero favorito l'identificazione, passata poi anche nelle arti figurative, tra il simbolico frutto dell'albero e la mela.
In realtà la mela, in alcune culture anteriori al cristianesimo, era l'attributo di Venere, la dea dell'amore (nella sua accezione erotica). È possibile che l'iconografia di due giovani che si scambiano una mela (in cui, inizialmente, era abbastanza indifferente chi si pensava stesse dando e chi ricevendo il frutto) sia poi passata in ambito cristiano, dando origine alla identificazione tra il frutto proibito e la mela stessa.
Nella tradizione ebraica, invece, non si riscontra l'identificazione del frutto dell'albero con la mela. A proposito del valore simbolico dei colori rosso, bianco e verde (collegati alle sefirot di Ghevurah, Chessed e Tiferet), si discute di un "campo delle mele sante", appunto con riferimento ai tre colori citati ed alla benedizione per la rugiada, presente anche nella preghiera ebraica dell'Amidah.

mercoledì 8 aprile 2020

Astrologia maya

Risultati immagini per Astrologia maya



«I grandi uomini di Atene non si sarebbero sentiti fuori luogo in un raduno di sacerdoti e governanti maya»
(J.E.S. Thompson , The rise and fall of Maya Civilization University of Oklahoma Press. Norman 1954)



I Maya appaiono come un popolo estremamente affascinato dai corpi celesti, dalla misurazione del tempo e dai fenomeni astronomici. Dei differenti tipi di astrologia precolombiana adottati da popoli come Maya e Aztechi sono pervenuti ai giorni nostri pochi documenti autentici a causa delle devastazioni perpetrate dai primi conquistatori spagnoli e delle distruzioni documentarie successive tra cui l'incendio di documentazioni raccolte nello Yucatan avvenuto ad opera dei missionari impegnati a diffondere la religione cattolica.
Ciò che sappiamo dall'interpretazione di sculture, geroglifici, codici ed opere architettoniche è che l'astrologia maya era costituita da un insieme di osservazioni di tipo astronomico e geodetico su cui venivano innestati riferimenti mitologici, religiosi, genealogici e politici.

I quattro codici americani

I quattro manoscritti originali utilizzati per interpretare le conoscenze e credenze maya sono il Codice di Dresda, il Codice di Parigi, il Codice di Madrid e il Codice Grolier. Altre fonti utilizzate sono la Relación di Diego de Landa e i dizionari compilati dai primi missionari.

Il codice Dresda

Il Codice Dresda (Codex Dresdensis) è un antico manoscritto ideografico Maya del XI-XII secolo, probabilmente redatto a partire da testi originali precedenti (VII-IIX secolo) ed è considerato il più completo tra i quattro codici Americani giunti ai nostri giorni. Secondo alcuni studiosi è il primo libro scritto nelle Americhe di cui si abbia un reperto. È composto da 72 pagine in cui si trovano redatti con straordinaria accuratezza tavole astronomiche, almanacchi, tavole astrologiche e testi di contenuto religioso in cui vengono descritti riti e pratiche divinatorie. Contiene tavole con le quali vengono calcolate con discreta precisione le eclissi di sole (anche quelle non osservabili dal centroamerica) e la rivoluzione sinodica di Venere. Il codice Dresda era probabilmente un testo privato riservato alla consultazione da parte di sacerdoti, indovini e pronosticatori che vi trovavano descrizioni e istruzioni. Le raffigurazioni e geroglifici con riferimenti astronomici su statue ed edifici, invece, potevano essere letti da tutti e venivano utilizzati soprattutto per divinizzare re e governanti.

Venere

Il codice di Dresda contiene importanti informazioni sullo studio del pianeta Venere da parte dei Maya. Sei pagine del codice sono dedicate all'accurato studio della posizione e dei cicli del pianeta, frutto di centinaia di anni di osservazione. Dopo la Luna Venere è l'oggetto naturale più luminoso nel cielo notturno e raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell'alba quando è visibile verso est e poco dopo il tramonto quando compare basso sull'orizzonte verso ovest. È talora visibile anche di giorno se la sua distanza dal sole è massima. Venere era importante per la civiltà maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte sui suoi movimenti, e si basava sulle posizioni di Venere per valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre, che venivano cominciate quando Venere tornava visibile nel cielo, oppure l'incoronazione di governanti.
Kukulkán, il serpente piumato, compiva un viaggio nel mondo inferiore simboleggiato dalla scomparsa e ricomparsa di Venere nel cielo. Venere è visibile per due cicli di circa nove mesi intervallati da due cicli di 8 e 50 giorni durante i quali scompare dal cielo. Il ciclo apparente di Venere si compie dunque in quasi 20 mesi come viene registrato nel codice Dresda.
È necessario rilevare che il calendario venusiano maya riporta delle macroscopiche imprecisioni anche di trenta giorni che dovevano essere note anche ai suoi compilatori, e che per certi versi possono far assimilare il calendario venusiano ad una metodica di previsione delle eclissi lunari. Il motivo per cui queste vistose imprecisioni venissero comunque canonizzate all'interno di un calendario, che serviva anche per prevedere la ricomparsa di Venere, rimane un mistero insoluto. Probabilmente i Maya piegavano a necessità astrologiche e rituali alcune semplici rilevazioni astronomiche probabilmente per permettere un accordo con le computazioni presenti in calendari precedenti come lo tzolkin. È probabile che i Maya studiassero i movimenti anche di altri pianeti come Marte, Mercurio e Giove.

Il codice di Madrid

Il codice Tro-Cortesianus di Madrid è più tardo rispetto al dresdensis (probabilmente del XV secolo), contiene 112 pagine ed è lungo più di sette metri. Fu redatto da otto scriba differenti ed è di contenuto più ampio rispetto al codice di Dresda. Vengono descritte procedure e tecniche della divinazione, riti religiosi e cerimonie legate alla festa dell'anno nuovo. È conservato a Madrid nel Museo de América.

Il codice di Parigi

Il Codice di Parigi della Biblioteca Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda Il Codice Peresianus della Biblioteca Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda

Siti archeologici di interesse astronomico

  • El Caracol (la chiocciola) è un complesso monumentale edificato nel suo nucleo principale (basamento rettangolare) attorno al 900 d.C. È un edificio dalla insolita struttura a pianta circolare sormontato da una volta a cupola. La struttura cilindrica superiore poggia su un basamento rettangolare costituito da due piattaforme, una inferiore ed una superiore, ed ospita al suo interno una scala a chiocciola che conduce in un ambiente con sette aperture da cui si ipotizza che i sacerdoti osservassero e studiassero corpi celesti (Venere in particolare) e soprattutto fenomeni astronomici come i solstizi utilizzati per predire i primi giorni della primavera e dell'autunno. Le sette aperture comprendono quattro porte orientate secondo i punti cardinali e tre finestre: la più grande delle tre è rivolta ad ovest, le altre due guardano verso sud-ovest e sud.
    La disposizione e l'orientamento dell'edificio sembrano avere un'impronta astronomica, in particolare le facce delle piattaforme rettangolari sembrano guardare all'orizzonte in corrispondenza di eventi astronomici osservabili dalla Terra che coinvolgono il sole e il pianeta Venere. Presenta alcune influenze di epoca tolteca soprattutto nelle decorazioni. Il monumento è correlato al culto di Kukulkan.
  • La Piramide di Kukulkan è un'imponente struttura piramidale, la più grande del sito archeologico di Chichén Itzá, che sembra riprodurre o simboleggiare un calendario maya: presenta nove terrazze sovrapposte divise in due da quattro scalinate centrali per un totale di 18 zone scoperte (18 sono i mesi del calendario Haab). La somma dei gradini delle quattro scalinate e della piattaforma più elevata è 365. Agli equinozi di primavera e d'autunno, al calare e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un'ombra a forma di serpente piumato (Kukulkan) lungo il lato ovest della scalinata nord ai piedi della quale si trova una scultura che raffigura la testa di Kukulkan
  • Il Tempio delle sette bambole (anche detto Tempio del Sole, ca. 700 d.C.) è l'edificio principale del sito archeologico di Dzibilchaltun nello Yucatan. Prende il nome dalle sette piccole statuine che furono ritrovate all'interno del tempio quando fu portato alla luce nel 1950. L'edificio ha due larghe finestre contrapposte sulla parete est ed ovest attraverso le quali, nell'equinozio di primavera, all'alba, i raggi solari attraversano completamente la struttura.

Ciclicità degli eventi astronomici e dell'attualità

K'inich Janaab' Pakal (23 marzo 603 - 28 agosto 683) è stato uno dei più influenti e celebri "ajaw" maya di Palenque nel tardo periodo classico. Viene anche denominato in altri modi tra cui Pacal (scudo in lingua maya), Pacal il Grande, "Scudo solare" e 8 Ahau. È seppellito nel Tempio delle iscrizioni all'interno di una cripta dove è presente una celebre lapide che illustra la morte del re Pacal come discesa negli inferi. Nel solstizio d'inverno, il giorno dell'anno con la notte più lunga e in cui il sole appare al nadir ossia il punto più basso all'orizzonte, a Palenque il sole tramonta sotto il Tempio delle iscrizioni a simboleggiare la discesa del re nel mondo inferiore a cui segue l'inizio di un nuovo periodo astronomico, in cui il sole rimane per più tempo nella volta celeste, e politico, con la trasmissione dei poteri al successore del re. Il solstizio di inverno viene dunque visto come un momento di morte e di rinascita e di continuità nella successione dei governanti attraverso la via ereditaria.
L'ultima data compresa nel Lungo computo cade il 21 o, secondo altri studiosi, il 23 dicembre 2012 ossia in prossimità del solstizio d'inverno.

Il calcolo del tempo

L'unità fondamentale per i Maya era il giorno (kin) inteso come manifestazione del ciclo solare che sorge e tramonta. I primi riferimenti alla numerazione dei giorni attraverso l'uso delle dita si ritrovano nei geroglifici maya presenti sulle steli 12 e 13 (ca. 275 a.C.) del Monte Alban, un importante sito archeologico (ca. 300 a.C.) nei pressi di Oxaca, e costituiscono uno dei documenti più antichi che attestano l'interesse per il computo del tempo nel Nuovo Mondo.
Le incisioni su pietra rappresentanti il kin sono tra le più frequenti iscrizioni dei Maya giunte ai nostri giorni. Ogni glifo del kin che significa contemporaneamente giorno, sole e tempo, indica i quattro punti cardinali e la decorazione floreale, simboleggiante la procreazione, indica verosimilmente le posizioni estreme del sole all'orizzonte ossia i solstizi d'inverno e d'estate. In questo senso i Maya operano una fusione tra tempo e spazio; invero nella lingua maya i significati di spazio e tempo spesso si sovrappongono. In alcune sculture, gli dei associati a giorni o periodi dell'anno vengono raffigurati come chini sotto il carico dei giorni, raffigurati come materiale da trasportare oppure stanchi e a riposo, come nelle raffigurazioni a Copan e a Quiriguà.

Il dio della pioggia.
Il pantheon dei Maya è popolato da numerose divinità sia benevole che avverse. Itzamna viene identificato come il dio creatore, che siede su un trono nel cielo. Troviamo inoltre quattro divinità capricciose corrispondenti ai punti cardinali (Bacabs), gli dei e le dee del Sole (Kinich Aham), della Luna (Ixchel), della pioggia (Chac, in foto) , della morte e dell'oltretomba (Ahpuch), della stella polare (Xaman ehk); ogni divinità reggeva uno dei tredici cieli superiori oppure uno dei nove cieli inferiori (mondi sotterranei) in cui i maya intendevano dividere la volta celeste. Le divinità che reggevano i mondi sotterranei erano chiamate Bolontiku. Il dio del mais era Ah Mun

I Maya probabilmente scandivano alcune attività della vita quotidiana a seconda della ricorrenza di giorni particolari che venivano ritenuti fausti o infausti. Queste supposizioni vengono avanzate sulla base di alcuni scritti di epoca coloniale (probabilmente redatti con l'ausilio di documenti antichi locali) contenenti profezie e nei quali venivano indicati giorni sfavorevoli alle vendette o all'attraversamento della foresta, favorevoli alle api o all'accensione fuochi rituali, oppure giorni fausti e infausti in generale. L'attribuzione di capacità predittive ad elementi derivati dall'osservazione naturale è comune a diverse civiltà.

I calendari maya

I Maya erano soliti utilizzare congiuntamente due calendari: uno di tipo rituale, più antico, chiamato Tzolkin della durata di 260 giorni e uno di tipo civile detto Haab di 365 giorni.
Il computo dei giorni adottava originariamente un sistema vigesimale a carattere posizionale scaturito dall'utilizzo delle dita delle mani e dei piedi, come attestato dalle steli del Monte Alban, quindi sulla base di un elemento naturale anatomico che dunque produceva inevitabilmente cicli di 20 giorni e non sull'osservazione delle fasi lunari, come avviene in altri calendari antichi -e ovviamente moderni- con cicli di 30 giorni. Oltre al valore cronologico il calendario, sia nelle sue originarie forme rudimentali che nelle elaborazioni successive, aveva valore prognostico. Ad ogni giorno del ciclo corrispondeva una divinità, benevola o avversa, da cui il giorno prendeva il nome: Cimi è la divinità della Morte, Kan del mais: vi erano poi divinità antropomorfe come Chiccan (il serpente) e Chuen (la scimmia). Per i Maya ogni giorno e dunque ogni numero (la nascita dei numeri viene fatta risalire nei Maya proprio alla necessità di contare i giorni) corrisponde ad una divinità.
In epoche successive i calendari ebbero una struttura più complessa, con la comparsa di scansioni temporali più ampie che sostituirono o raggrupparono i periodi di breve durata. Il ciclo completo tzolkin, che compare come unico calendario nelle iscrizioni del Periodo Medio della civiltà maya (ca. 600 a.C.) fu utilizzato principalmente a scopo divinatorio ed era composto da 260 giorni. Non è chiaro come sia stato ottenuto questo numero, probabilmente fu utilizzato un riferimento a bioritmi di contenuto concettuale universale come la nascita, di evidente significato pratico, in quanto la gestazione dura all'incirca 38 settimane ossia 266 giorni. Alcuni cicli agricoli mesoamericani hanno un periodo di circa nove mesi; Venere compare nitida e brillante alla sera o al mattino in due cicli di nove mesi ognuno. Un altro calendario è lo Haab, probabilmente posteriore al tzolkin. Si ritrova in forma scritta associato al tzolkin solo nelle iscrizioni datate 200 anni dopo quelle in cui lo tzolkin compare da solo. È diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno più un mese breve di 5 giorni per un totale di 365 giorni. L'allineamento non perfetto con l'anno astronomico di 365,24 giorni determina, nei decenni, uno sfasamento graduale rispetto alle stagioni. Non esistono prove che testimonino che i Maya avessero anni bisestili tuttavia è da ritenere che prevedessero l'arrivo delle stagioni tenendo conto di questo errore poiché il calendario Haab aveva un utilizzo pratico diretto in agricoltura. I 18 mesi dello Haab avevano nomi riferiti all'acqua, a condizioni del terreno e in generale alla simbologia rurale. I due calendari venivano usati contemporaneamente tanto che molte iscrizioni riportano una doppia data, secondo lo Tzolkin e lo Haab.

Il Grande computo e le origini del mondo

Un'ulteriore organizzazione temporale, che segue di oltre 800 anni l'introduzione dello tzolkin, descriveva un ciclo ulteriore complessivo di 5000 anni. L'utilità del Grande Computo era probabilmente quella di illustrare a ritroso nel tempo l'origine della civiltà maya fino alla nascita delle divinità, in un'operazione in cui mito e storia tendono a sovrapporsi. Nel periodo classico della civiltà maya, la dimostrazione cronologica della storia remota assunse un'importanza fondamentale sia come ricerca delle origini sia come tentativo di datare tutto ciò che era accaduto e che, nel misto di passato e futuro che caratterizza la nozione di tempo dei Maya, avrebbe dovuto ripresentarsi.
I governanti maya erano soliti far rappresentare in un'unica rappresentazione artistica la nascita di divinità del passato e riferimenti alle dinastie del periodo attuale in cui vivevano; questa fusione di scale temporali mitiche e reali stabiliva la discendenza divina dei regnanti e l'inevitabilità del loro potere. I calendaristi maya che si occupavano di eseguire calcoli e computi matematici e astronomici erano sacerdoti, membri della nobiltà o comunque personalità verso cui la comunità indigena dedicava grande rispetto ed attenzione; svolgevano anche la funzione di consiglieri dei governanti, scrivevano libri, si occupavano della somministrazione di sacramenti, calcolo di festività ed emanazione di profezie e pronostici.

 
Wordpress Theme by wpthemescreator .
Converted To Blogger Template by Anshul .